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Full text of "Cronica"

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HARVARD COLLEGE 
LIBRARY 



THE GIFT OF 
EDWIN FRANCIS GAY 

OF CAMBRIDGE 
November 1, 1919 



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CRONICA 



GIOVANNI VIia-ANI 



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CRONICA 

DI 

GIOVANNI 

VILLANI 

1 MIGLIO» LEZIONE HIDOTTl 



COLL AIUTO 



DE- TESTI À PEKNA 



TOMO in. 




FIRENZE 

P211 IL MAGEBItl 
1833 



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f 



^■"taX 332, (o. 1.2, 



KARVAHD COLIESE LIBBARV 

TUE GlfT OF 

* EDWtN FRANCIS 6^Y 

HC7. 1, 1519 



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LIBRO OTTAVO 



QiU comincia V ottavo libro. CoTita come nella 

città di Firenze Jìi fatto il secondo popolo, e piU 

, grandi mutazioni che per cagione di quello ju- 

rono poi in I^ren'ze, seguendo dell' altre 

novitadi universali chejurono in 

que' tempi . 



CAPITOLO PRIMO 



Ne^li 



gli anni di Cristo 1 293 in calen dì Febbraio , 
essendo la città di Firenze in grande e possente 
stato e felice in tutte cose, e' cittadini di quella 
grassi e ricchi, e per soperchio tranquillo, il quale 
naturalmente genera superbia e novità, sì erano 
i cittadini tra loro invidiosi e insuperbiti, e molti 
micidii e fedite e oltraggi iacea l'uno cittadino 
air altro, e massimamente i nobili detti grandi 
e possenti, centra i popolani e impotenti, cosi in 
contado come in città, faceano forze e violenze 
nelle persone e ne' beni altrui, occupando. Per 
la qual -cosa certi buoni uomini artefici e m^-ca- - 
tanti di Firenze che voleano bene vivere, si pen- 
sarono di' mettere rimedio e ripard iAXÀ detta pe- 
slilenzia, e di ciò fu de' caporali intra gli altri 
uno valente uomo, antico e nobile' popolano, e 
ricco e possente, ch'avea nome Giano della Bella, 
del poi>olo di san Martino, con seguito e consigliò 
d*' alti-i^savi e possenti popolani. E facceodosi in 



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G GIOVANNI VILLANI 

Firenze (i) ordine d'arbitrato in correggere gli 
statuti e le nostre leggi , siccome per gli nostri or- 
dini consueto era di fare per antico, sì ordinarono 
certe leggi e statuti molto forti e gravi contro 
«'grandi e possenti, che facessono forze o violen- 
ze contro a' popolani, raddoppiando le pene co- 
muni diversamente, e che fosse tenuto l' uno 
consorto de' grandi per l'altro, e si potessono pro- 
Tare i malificii per due testimoni di pubblica voce 
e fama, e che si ritrovassono le ragioni del co- 
mune : e qtielle leggi chiamarono gli ordinamenti 
della giustizia . E acciocché fossono conservati e 
messi ad esecuzione, sì ordinarono) che oltre al 
novero de' sei priori ì quali governavano la città, 
fosse uno gonlàloniere di giustizia di sesto in 
sesto, mutando di due in due mesi come si fanno 
ì priori , e sonando le campane a martello, e con- 
gregandosi il popolo a dare il gonfalone della 
giustizia nella chiesa di san Fiero Scheraggio, che 
prima non a' usava .E ordinarono che niuno 
de' priori potesse essere di casa de' nobili detti 
grandi, che prima ve n' avea sovente de' buoni 
uomini mercatanti, tutto fossono de' potenti. £ 
la'nsegna del detto popolo e gonfalone fu ordinato 
il. campo bianco e la croce vermiglia; e furono 
eletti mille cittadini partiti per sesti con certi 
banderai por contrade, cou cinquanta pedoni per 
bandiera, ì quali dovessono essere armati, e cia- 
sfiunQ con soppsberga e scudo della 'nsegna della 
ci^oce, e trarre ad ogni remore e richesta del goa- 
làloniere a casa o »l palazzo de' priori, e per fare 
esenzione. contro a' grandi: e poi crebbe il nu-;: 
n^ero de' pedoni eletti in duemila ^ e poi ia quiit-< 



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Libro ottj^vo 7 

tromila . £ simile ordine di gente d' arme per 
lo popolo e colla detta insegna, s' ordinò in con- 
tado e distretto di Firenze, che si chiamarano le 
teghe del popolo . E '1 primo de' detti gonfalo- 
nieri fu uno Baldo de' Ruffoli di porte de] Duo- 
mo; e al suo tempo uscì fuori il gonfalone con 
arme a disfare ì heni d' uno casato detti Galli dì 
porle sante Marie, per uno micidio che uno di 
loro avea fatto nel reame di Francia nella per- 
sona d'nno popolano. Questa novità di popolo e 
mutazione di stato fu molto grande, alla città di 
Firenze, e ebbe poi molte e diverse sequele in 
male e in bene del nostro comune ,come innanzi 
per gli tempi faremo menzione . E questa novità 
ti cominciamento di popolo, non sarebbe venuta 
/atta a' pc^olani per la potenzia de' grandi , se 
non fosse che in que' tempi i grandi di Firenze 
-non furono tra loro in tante brighe e discordie , 
fwich' e' guelfi tornarono in Firenze, com' erano 
allora eh' egli avea. grande guerra tra gli Adimari 
e' Tosinghi, e tra i Rossi e' Tornaquìnci, e' tra i 
Bardie' Mozzi^ e tra i Gherardini e' Manieri , e 
tra i Cavalcanti e'Bondelmonti,e tra certi de'Bon- 
delmonti e'Gìandoaati, e tra'Visdominie'Falco- 
nieri, e tra i Bostàchi e' Fòrabosohi, e tra' Fora^ 
boschi' e' Malispini, e tra' Frescobaldi insieme, e 
tra la casa de' Donati insieme, e più altri osati^ 



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GIOVAHHl VILLANI 



GAP. II. 

Come il popola di Firenze feciono pace co' Pi- 
sani, e molte altre rtotabili cose. 

L'anuo s^^uente ixg% (juagli che reggeaoo il 
popolo di Firenze per fortificare loro stato di po- 
polo e (2) affiebolire il podere de'graadi e de'pos- 
senti , i quali molte volte accrescono e vivono 
delle guerre, richesti da' Pisani di pace, i quali 
per le guerre erano molto afiieboliti e abbassati , 
il popolo di Firenze non guardando a ciò , alla 
detta pace assentirono, mandandone i Pisani il 
conte Guido da Mootefeltro loro capitano, e di- 
sfaccendo il castello del Pontadera, e avendo i 
Fi(H%ntini libera franchigia inPisa,sanzap{^are 
^nìmte di loro mercatanzie: e alla detta pace fii- 
rono i Lucchesi e' Sanesi, e tutte le terre della 
lega di parte guelfa di Toscana. E noia, che in- 
fino a questo tempo, e più addietro, era tanto il 
tranquillo stato di Firenze, che di notte non à. 
serravano le porte alla città, né avea gabelle in 
Firenze; e per bist^no di moneta, per non £u'e 
libbra, si venderono le mura vecchie, e' terreni 
d'entFo e di fìiori a chi v' era (3) accostato. E per 
l' ordine del popolo molte giuridizioni si racqui- 
staroDO per lo comune, che Poggibonizzi si recò 
tutto all' obbedienza del comune, che avea giu- 
ridizione per se, e Certaldo, e Gambassi, e Gati- 
gnano; e tolsesi a' Conti la giurìdizione di Viesca 
e delTerraio, e Ganghereta, e Moncione, e Barbi- 
schioj'e'l castello di Lari, e casa Guicciardi ; e ìii 



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LIBRO OTTAVO 9 

Mugello molte possessioni le quali aveaoo occupa- 
te ì Conti e gli Ubaldini, e altri gentili ucraini; 
e racquistossi lo spedale di san Sebio_,ch'era del 
comune, occiqtBto per grandi uomini. £ sopra 
queste cose fu caporale uno valente e leale po- 
polano d' oltrarno clùamato Caruccio del Yerre . 
Sicché nel cominpiamento del popolo si fece 
molto dì bene comUne, e a ciascuno a cui fosse p» 
addietro occupata possessione per gli potenti , di 
latto fu renduta . In questo tempo che '1 popolo di 
Firenze «ra fiero' e in caldo e signoria, essendo 
fatto in Firenze uno eccesso e malificìo, e quello 
cotale che'l fece si fuggi e stava nella terra di Pra- 
to, per lo comune di Firenze fu mandato a quello 
comune, che rimandasse lo shandito. Eglino per 
mantenere loro libertà noi voUono fare : per là 
quale cosa il comune di Prato fu condannato per 
lo comune di Firenze in diecimila libbre , e ren- 
dessono il malfattore, mandandovi uno messo so- 
lamente con una lettera. I Pratesi disubbidienti, 
si bandì 1' oste per guastare Prato; e già mossa la 
camera dell'arme del comune, e le masnade a 
cavallo e a pie, i Pratesi recarono i danari, e me- 
narono il malfattore, e pagarono la condanna- 
gione: e così di fatto Iacea le cose l'acceso po- 
polo di Firenze . 



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IO CIOTAirni TILllNf 

GAP. III. 

D'uno grande fuoco che ju in Firenze nella 
contrada di Torcicoda, 

Nel detto anno del lagS s'apprese uno grande 
fuoco in Firenze nella contrada detta Torcicoda, 
tra san Piero maggiore e san Simone, e arsonrì 
più di trenta case con grande dammaggio, ma 
non TI morì persona . £ net detto tempo si fe- 
ciono intorno a san Giovanni i pilastri de' gheroni 
di marmi bianchi e neri per l'arte dì Galimata, 
che prima erano di macigni, e levarsi tutti i mo- 
numenti e sepolture e arche di marmo ch'«rano 
intorno a san Giovanni, per più bellezza della 
chiesa . 

GAP. IV. 

Come si cominciò la guerra intra'l re di Francia 
e quello d'Inghilterra . 

Nei detto anno 1393, avendo avuta battaglia e 
ruberia ìu mare tra'Guasconi che erano uomini 
del re d'Inghilterra , e' Normandi che sono sotto 
il re di Francia, della quale i Pformandi ehbono 
il peggiore, e vegnendusi a dolere dell' ingiuria e 
damraaggio ricevuto da'Guasconi al loro re di 
Francia, lo re fece richiedere il re Adoardo d'In- 
ghilterra (il quale per sorte tenea la Guascogna 
dovendone fare omaggio al re di Francia) che 
dovesse far fare l'ammenda alle sue genti, e venire 
personalmente a fare omaggio della detta Guasco- 



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LIIRO OTTAVO I^ 

gn> al rte di Francia, e se ciò non facease a certo 
termine a lui dato, il re dì Francia col suo consi- 
glio de' dodici (4) peri il privava del ducato di 
(ruascf^na . Per la qual cosa il re Àdoardo il quale 
era di grande cuore e prodezza, e per suo senno 
e valore fatte di grandi cose oltremare e dì qua, 
isdegnò di non volere fare personalmente il detto 
omaggio, ma mandò in Francia messer Àmondo 
suo fratello che facesse per lui , e soddisfacesse il 
dammaggio ricevuto per la gente del re di Fran- 
cia. Ma per r<H'goglio ecuvidigia de' Franceschi, 
il re Filippo di Francia noi volle accettare, per 
avere cagione dì torre al re d'Inghilterra la Guasco- 
gna, lungamente (5) conceputa e disìderata. Per 
la qua! cosa si cominciò dura e aspra gu^ra 
tra 'Franceschi e gl'Inghilesi in terra e in mare , 
onde molta gente morirono , e furono presi e 
diserti dall'una parte e dall'altra, come innanzi 
per gli tempi faremo menzione. E '1 seguente 
anno il re Filippo di Francia mandò in Guascogna 
messer Carlo di Valos suo fratello con grande 
cavalleria, e prese Bordello e molte terre e castella 
sopra il re d'Inghilterra, e in mare mise grande 
uavilio in corso sopra gl'Inghilesi . 

GAP. V. 

Come fu eletto e fiAto papa Celestino quinto, e 
come rifiuti) il papato . 

-. Megli anni di Cristo 1394 del mese di Luglio, 
essendo stata vacata la Chiesa di Roma dopo la 
ift^rte di papa Niccola d'Ascoli più di due anni. 



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13 GtOTlltRI TILI.1.RI 

per discordia de' cardinali ch'erano partiti^ e 
ciascuna setta volea papa uno di loro, essendo i 
cardinali inPerugìa,e costretti aspramente daTe- 
rugini perchè eleggessono papa, come piacque a 
Dio, furono in concordia di non chiamare niuno 
di loro coll^io,e elessono uno santo uomojch'avea 
nome frate Piero dal Morrone d'Abruzzi . Questi 
era romito e d'aspra vitae penitenzia^eper lasciare 
la vanità del mondo, ordinati più santi monisteri 
di suo ordine,si se n'andò a fare peoitenzia nella 
montagna del Morrone, la quale è sopra Sermona'. 
Questi eletto e fatto venire e coronato papa, per 
riformare la Chiesa fece di Settembre vegnente 
dodici cardinali, grande parte oltramontani, a 
petizione e per consiglio del re Carlo re di Cicilia 
e di Puglia: e ciò fatto n'andò colla corte a Napoli, 
il quale dal re Carlo fu ricevuto graziosamente e 
con grande onore : ma perchè égli era semplice e 
non litterato, e delle pompe del mondo non sì 
travagliava volentieri , i cardinali il pr^iavano 
poco, e parea loro che a utile e stato della Chiesa 
avere fatta mala elezione. II detto santo padre ar- 
T^gendosi di ciò, e non sentendosi sofHciente al 
governamento della Chiesa, come quegli che più 
amava di servire a Dìo e l'utile di sua anima che 
l'onore mondano, cercava ogni vìa come potesse 
rinunziare il papato. Intra gli altri cardinali della 
corte era uno messer Benedetto Guatanì d'Alagna 
molto savio di scrittura, e delle cose de) mondo 
molto praticoe sagace,it quale avevagrande volon- 
tà di pervenire alla dignità papale, e quello con 
ordine avea cercato e procacciato col re-Cai^ e' 
co* cardinali, e già aveva da loro la promessa, la 



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' LIBRO OTTAVO !? 

quale poi gli venne fatta. Questi si mise dinanzi 
al santo padre, sentendo eh' egli avea voglia di 
rinunziare il papato, ch'ali facesse una nuova 
decretale, che per utilità della sua anima ciascuno 
papa potesse il papato rinunziare, raostraodogli 
l'esemplo di santo Clemente , che quando santo 
Pietro venne a morte , lasciò eh' appresso lui fosse 
papa; e quegli per utile di sua anima non volle 
essere, e fu in luogo dì lui in prima santo Lino, 
e poi santo Cleto papa : e così come il consigliò 
il detto cardinale, fece papa Celestino il detto 
decreto;e ciò &tto,il dì di santaLucia di Dicembre 
vegnente, fatto concestoro di tutti i cardinali, 
in loro presenza si \x9LSSfi. la corona e il manto 
papale, e rinunziò il papato, e partissi della corte, 
e tornossi ad essere eremita, e a fare sua peniten- 
zia . E così regnò nel papato cinque mesi e nove 
di papa Celestino . Ma poi il suo successore messer 
Benedetto Guatani detto di sopra ( il quale fu 
poi papa Bonifazio ) si dice, e fu vero, il fece 
prendere alla montagna di santo Àngiolo in Pu- 
glia di sopra a Bastia, ove s era ridotto a fare pe- 
nitenzia, e clii dice ne voleva ire in Schiavonia,e 
privatamente nella rocca di Fummone in Cam- 
pagna il fece tenere in cortese pregione, acciocché 
lui vivendo non si potesse apporre alla sua le- 
zione, perocché molti cristiani teneano Celestino 
per diritto e vero papa, non ostante la sua re- 
nunziazione, opponendo che sì fatta dignità, come 
il papato, per ninno decreto non si potea rinun- 
ziare, e perchè santo Clemente rifiutasse la prima 
volta il papato, i fedeli il pure teneano per padre, 
e convenne poi che pur fosse papa dopo santo 



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l4 eiOVAIflfl TILLAMI 

Cleto. Ma ritenuto preso Celestino^ come avedla 
detto, ÌD Fumraone, nel detto lìiogo poco vivette; 
e quivi morto, fu soppellito in una piccola chiesa 
di fuori di Fummone dell' ordine de' suoi frati 
poveramente, e messo sotteira più di dieci brac- 
cia, accioccliè'I suo corpo non sì ritrovasse. Ma 
alla sua vita, e dopo la sua morte,fece Iddio molti 
miracoli per lui, onde molta gente aveano in 
lui grande devozione : e poi a certo tempo ap- 
presso, dalla Chiesa di Roma, e da papa Giovanni 
vìgesimosecondo fu canonizzato, e chiamato santo 
Piero di Morrone, come innanzi al detto tempo fa- 
remo menzione . 

GAP. VI. 

Come fu eletto e fatto papa Bonifazio ottavo . 

Nel detto anno 1 394, messer Benedetto Gua- 
taiii cardinale, avendo per suo senno e s^acitk 
adoperato che papa Celestino avea rifiutato il 
papato, come addietro nel passato capitolo avemo 
fatta menzione, seguì la sua impresa , e tanto 
adoperò co' cardinali e col procaccio del re Carlo, 
il quale avea l' amistà di molti cardinali , spe-^ 
lialmente de' dodici nuovi eletti per Celestino, e 
stando in questa cerca, una sera di notte iscooo- 
sciuto con poca compagnia andò al re Carlo , e 
dìsBeglì: Re, il tuo papa Celestino t'ha tHiluta 
e potuto servire nella tua guerra di Cicilia^ ma 
non ha saputo ; ma se tu adoperi co' tuoi amici 
cardinali che io sia eletto papa, io saprò, e vor- 
ro, e potrò; promettendogli per sua fede e sara- 
mento di mettervi tutto il podere della Chiesa . 



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Limo OTTIVO 13 

Allora lo re Gelandosi di lui, gli promise e ordinò 
co' suoi dodici cardinali che gli dessero le loro 
boci: ed essendo all' elezione messer Matteo Rosso 
e messer Iacopo della Colonna, ch'erano capo 
delle setlie de' cardinali, s'accorsono di ciò , e 
incontanente gli diedono le loro, ma prima mes- 
ser Matteo Rosso Orsini ; e per questo modo fu 
eletto papa nella città di Napoli, la vilia della 
natività di Cristo del detto anno; e incontanente 
che fu eletto si volle partire di Napoli colla corte, 
e venne a Roma, e là si fece coronare con grande 
solennità e onore in mezzo Gennaio . E) ciò fatto, 
la prima provvisione che fece , sentendo che gran- 
de guerra era cominciata tra '1 re Filippo di 
Francia e '1 re Adoardo d' Inghilterra per la qui- 
stione di Guasct^na, sì mandò oltre ì monti due 
legati cardinali, perchè gli pacifìcussono insieme; 
ma poco v' adoperarono, eh' e' detti signori ri- 
masono in maggiore guerra che di prima . Questo 
papa Boni&zio fu della città d' Alagna , assai 
gentile uomo di sua terra, figliuolo di messer Li* 
fredi Guatani, e di sua nazione ghibellino , e 
mentre fu cardinale protettore di loro, spezial- 
mente de' Todini; ma poi che fu fatto papa molto 
si fece guelfo, e molto fece per lo re Carlo nella 
guerra di Cicilia , con tutto che per molti savii si 
disse, eh' egli fu partitore della parte guelfa, sotto 
r ombra di mostrarsi molto guelfo, come innanzi 
ne' suoi processi manifestamente si potrà com- 
prendere, per chi fia buono intenditore. Molto 
fu magnanimo e signorile, e volle molto onore,' 
e seppe bene mantenne e avanzare le ragioni 
della Chiesa, e per lo suo savere e podere molto 



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jG GIOTANMI TILLÀm 

fu ridottato e temuto; pecuDÌoso fu molto per ag- 
grandire la Chiesa e' suoi parenti ^ non faccendo 
coscienza di guadagno, che tutto dicea gli era 
licito quello eh' era della Chiesa. E come fu ùitto 
papa annullò tutte le grazie de' vacanti fatte per 
papa Celestino, chi non avesse la possessione; e 
fece fare il nipote al re Carlo conte di Ca^ta, 
e due figliuoli del detto suo nipote, l' uno conte 
di Fondi e I' altro conte dì Palazzo. Comperò il 
castello delle milìzie di Roma, che fu il palazzo 
d' Ottaviano imperadore , e quello crescere e 
reedìGcare con grande spendio, e altre forti e helle 
castella in Campagna e in Maremma . E sempre 
la sua stanza fu il verno in Roma, e la state e la 
primavera in Rieti e Orbìvieto, ma poi il più in 
Àlagna per aggrandire la sua cittade. Lasceremo 
alquanto di dire del detto papa, seguendo di 
tempo in tèmpo delle novità dell' altre parti del 
mondo, e massimamente di quelle di Firenze , 
onde molto ne cresce materia . 

GAP. VII. 

Quando si cominciò a gridare la nuova chiesa 
di santa Croce di Firenze . 

Negli anni di Cristo 1394 il di di santa Croce 
dì Maggio, sì fondò la grande chiesa nuova de'fratì 
minori di Firenze detta santa Croce, e alla con- 
segrazìone della prima pietra che si mise ne' fon- 
damenti, vi furono mrfti vescovi e prelati e 
cherici e religiosi, e la podsstà e'I capitano e'prio- 
ri, e tutta la buona gente dì Firenze uomini 



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LÌ5I10 OTTAVO in 

e donue con grande fesla e soleooitadc. E co- 
minciarsi i fondamenti prima dalla parte di dietro 
ove SODO le cappelle, perocché prima v' era la 
chiesa vecchia, e rimase all'uficio de'frati infiiio 
che furono murate le cappelle nuove . 

GAP. Vili. 

Come fu cacciato di Firenze il grande popolare 
Giano della Bella 

Nel detto anno 1 394 del mese di Gennaio , 
essendo dinuovo entrato in signoria della podeste- 
ria di Firenze messer Giovanni da Lucino da 
Como, avendo dinanzi uno processo d'una accusa 
contra a messer Corso de'Donati^ nobile e possente 
cittadino de'piiì di Firenze, per cagione che '1 det- 
to messer Corso doveva avere morto uno popolano, 
^migliare dì messer Simone Galastrone suo cou- 
sorto, a una mischia e fedite, le quali aveanoi 
avute insieme, e quello famigliare era stato morto; 
' onde messer Corso Donati era andato dinanzi eoa 
sicurtà della detta podestà, a'prieghi :d' amici 
e signori, onde il popolo di Firenze atteudea che 
laMetta podestà il condannasse: e già eca tratto 
fuori il gonfalone della giustizia per fare resecu- 
zione, e egli Tassolvette; per la qual coaa in sul 
palagio della podestà letta la detta prosciogU- 
gìone, e ccmdannato messer Simone Galastrone 
delle fedite, il popolo minuto gridò: muoia la 
podestà, e uscendo a corsa di palagio, .gt-idando > 
^V arme all' arme-, e S'iva il popolo, gran parte: 
del popolo fu in ara», e spezialmente U popolo 
T. III. 2 



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l8 GIOVAWNI VILLANI 

minuto, e trassono a casa Giaao della Bella loro 
caporale, e egli, si dice, gli mandò col suo fratello 
al palagio de' priori a seguire il gonfaloniere della 
giustizia ; ma ciò non feciono , anzi vennero pure 
al palagio della podestà, il quale popolo a furore 
con arme e balestra assalirò il detto palagio , e 
misono fuoco nelle porte e arsonle, e entrarono 
dentro,e presono e rubarono la detta podestà e sua 
famiglia vituperosamente. Ma messer Corso per 
tema di sua persona si fuggi di palagio di tetto in 
tetto, ch'allora non era così murato; la quale furia 
a'priori ch'erano assai vicini al palagio della 
podestà dispiacque, ma per lo isfrenato popolo noi 
poterono riparare. Ma racquetato il remore, al- 
quanti di appresso i grandi uomini che non dor- 
mivano in pensare d'abbattere Giano della Bel- 
la, imperciocché egli era stato de' caporali e co- 
minciatori degli ordini della giustizia, e oltre a 
ciò per abbassare i grandi, volle torre a' capitani 
dì parte guelfa il suggello e '1 mobiledella parte, 
ch'era assai, e recarlo in comune^ non perdi' egli 
non fosse guelfo e di nazione guelfo, ma per ab- 
bassare la potenzia de' grandi , i quali grandi 
' vedendosi cosi trattare s'accostarono in setta col 
consiglio del collegio de'giudici e de'notari,i quali 
si teneano gravati da lui, comeaddietro facemmo 
menzione, e con altri popolani grassi, amici e 
parenti de' grandi, che non amavano che Giano, 
della Bella fosse in conuine maggìco'e di loro, 
ordinarono dì fare uno gagliardo uficip de'pnórì, 
e venne loro latto, e trassesi fuori prima che'l. 
tempo usato. £ ciò fatto, come furono all'uficio^ 
si ordinarono col capitano del popolo, e fecìcHnO 



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LIBRO OTTAVO f^ 

formare una notificagìone e inquisizione contro al 
detto Giano della Bella e altri suoi consorti e 
seguaci, e di quegli che furono caporali a mettere 
fuoco nel palagio, of^onendo com' eglino aveano 
messa la terra a romore, e turbato il pacifico 
stato , e assalito la podestà contro agli ordini della 
giustizia ; per la qual cosa il popolo minuto molto 
ai conturbò, e andavano a casa Giano della Bella, 
e profiereangli d'essere con lui in arme a difen- 
derlo, o combattere la terra . £ il suo fratello tras- 
se in Orto san Michele uno gonfalone dell' arme 
del popolo: ma Giano ch'era uno savio uomo, se 
non eh' era alquanto presuntuoso , veggendosi 
tradito e ingannato da coloro medesimi eh' nano 
stati con lui a fare il popolo, e veggendo che la 
loro forza con quella de' grandi era molto pos- 
sente , e già raunati a casa i priori armati , non si 
volle mettere alla ventura della battaglia cit- 
tadinesca , e per non guastare la terra , e per tema 
di sua persona non volle ire dinanzi, ma cessossi, 
e partì di Firenze a dì 5 di Marzo, sperando 
che '1 popolo il rimetterebbe ancorain istato; onde 
per la detta accusa ovvero notificagione, fu per 
contumace condannato nella persona e isbandito, 
e in esilio morì in Francia ( eh' aveva a fare di 
là , ed era compagno de'Pazzi) e tutti i suoi beai' 
disfatti , e certi altri popolani accusati con lui ; 
onde di lui fii grande danno alla nostra cittade, e< 
massimamente al popolo , perocch' egli era il più 
leale e diritto popolano e amatore del bene co- 
mune che uomo di Firenze , e quegli che mettea 
in comune e non ne traeva . Era presuntuoso e 
volea {«sue vendette fare,e fecene alcuna contra 



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aO GlOTAHNl TILLANI 

gli Abati suoi Ticini , col braccio del comune , e 
forse per gli detti peccati fu per le sue medesime 
l^gì fatte, a torto e sauza colpa da' non giusti 
giudicato . E nota che questo è grande esemplo a 
que' cittadini cbe sono a venire , di- guardarsi di 
non volere essere signori di loro cittadini né trop- 
pò presuntuosi, ma stare contenti alla comune 
cittadinanza, che quegli medesimi che l'aveauo 
aiutato a farlo grande, per invìdia il tradiranno e 
penseranno d'abbatterej e se u' è veduta isperìenza 
vera ìu Firenze per antico e per novello, che 
chiunque s' è fatto caporale di popolo o d'univer- 
sità è stato abbattuto ; perocché Iq ingrato popolo 
mai non rende altri meriti . Di questa novitade 
ebbe grande turbazione e mutazione il popolo e 
la cittade di Firenze, e d'allora innanzi gli ar- 
tefici e' popolani minuti poco podere ebbono in 
comune, ma rimase al governo de' popolani grassi 

GAP. IX. 

Quando si cominciò a Jbndare la chiesa maggiore 
di santa Reparata . 

Nel d^to anno i ag4,esseado la città di Firenze 
in assai tranquillo stato, essendo passate le fortu- 
ne del popolo per le novità di Giano della Bella, 
i cittadini s' accordarono di rinnovare la chiesa 
maggiore di Firenze, la quale era molto digrossa 
ibrma e piccola a comparazione di si fatta cit- 
tade, e ordinare di crescerla e di trarla addie- 
tro, e di farla tutta di marmi e con figure inta- 
gliate. £ fondessi con grande solennitade il di di 



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lIBRe OTTAVO ai 

santa Maria di Settembre ^ -per lo t^ato del papa 
cardinale e più vescovi , e fuvvi la podestà e '1 ca- 
pitano e' priori, e tutte 1' ordini delle signorie di 
Firenze, e consagrossi ad onore di Dio e di santa 
Maria, nominandola santa Maria del Fiore, con 
tutto che mai non le si mutò il primo nome per 
l'universo popolo, santa Reparata . £ ordìnossi per 
_ io comune alla fabbrica e lavorio della detta chie- 
sa, una gabella di danari quattro per libbra dì 
ciò che usciva dalla camera del comune, e soldi 
due per capo d'uomo; e il legato e' vescovi vi 
lasciarono grandi indulgenze e perdonanze, a chi 
vi facesse aiuto e limosina . 

GAP. X. 

Come messer Gianni di Celona venne in Toscana 
vicario d* imperio . 

Nel detto anno i a94,uno valente e gentile uomo 
della casa del conte di Borgogna, che si chiama- 
va messer Gianni di Celona, a sommossa della 
parte ghibellina dì Toscana e col loro favore , 
impetrò da Alberto d' Osterich re de' Romani 
d'essere vicario d'imperio in' Toscana; e ciò 
latto passò in Italia con cinquecento Borgognoni 
e Tedeschi a cavallo; e arrivò nella città d'Arez- 
zo, e in quella con gli Aretini e Rom:^uoli e ri- 
belli Hi Firenze, cominciò a fare guerra a'Fioren- 
tini e' Sanesi, e stette bene uno anno- Alla fine 
Qon piacendo a' ghibellini perch' era di lingua 
francesca, furono in sospetto di lui: -per la qua! 
cosa poi per procaccio di papa Bonì&zio , a petì- 



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33 GìOVà.VVI VILLA HI 

zioae del comune di Firenze e de' guelfi di To- 
scana, per accordo si parti con sua gente, e tor- 
nossi in Borgogna 1' anno i agS, ed ebbe dal co- 
mune di Firenz* trentamila fiorini d'oro, e simile 
per rata dall' altre terre guelfe di Toscana per 
mandarlo via. 

Nel detto anno 1 394 mori in Firenze uno va- 
lente cittadino il quale ebbe nome ser Brunetto 
Xiatini,il quale fu gran 61o8ofo, e fu sommo mae- 
stro in rettorìca, tanto in bene sapere dire come io 
bene dittare . E fu quegli che spuose la Rettorica 
di Tullio, e fece il buono e utile libro detto Teso- 
ro , e il Tesoretto , e la chiave del Tesoro , e più 
altri libri in filosofia , e de' vizi e di virtù , e fu 
dittatore del nostro comune. Fu mondano uomo, 
ma di lui avemo fatta menzione, perocch' ^li fu 
cominciatore e maestro in digrossare i Fiorenti- 
ni , e farli scorti in bene parlare, e in sapere gui- 
dare e reggere la nostra repubblica secondo la 
politica. 

GAP. XI. 

Come Ju canonizzato santo Luis re che fu di 

Francia . 

Nel detto anno 1 294 , papa Bonifazio co' suoi 
frati cardinali nella città d' Orbivieto canonizzò 
la memoria del buono Luis re di Francia, il quale 
morì per la crìstianitade sopra la città di Tunisi, 
trovando per vere testimonianze di lui sante opere 
alla sua vita e alla sua fine, e avendo Iddio mo- 
strati di lui aperti miracoli . 



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LIBRO OTTAVO 



GAP. XII. 



Conte i grandi di Firenze misono la città a 
romore per rompere il popolo . 
I 

A di € del mese di Luglio l'anno' 1395, i 
grandi e possenti della città di Firenze Tergen- 
dosi fu'te gravati di nuovi ordini della giustizia 
fatti per lo popolo , e masùmamente di quello 
ordine che dice , che 1' uno consorto sia tenuto 
per r altro , e che la prova della piuvica fama 
fosse per due testimoni ; e avendo in sul priorato 
di loro amici , sì procacciarono di rompere gli 
ordini del popolo . £ prima si si pacificarono in- 
sieme di grandi nimistà tra loro , spezialmente 
tra gli Adimari e' Tosinghi, e tra'Mozzi e'Bafdi; 
e ciò fatto, feciono a certo di ordinato rannata di 
gente , e richiesono i priori eh' e' detti capitoli 
fossono corretti , onde nella città di Firenze fu 
tutta gente a romore e all' arme , i grandi per se 
a cavalli coverti,e con loro seguito di contadini e 
d' altri masnadieri a pie in grande quantità ; e 
schierarsi parte di loro nella piazza di santo Gio- 
vanni ) ond' ebbe la 'nsegna reale messe^ Forese 
degli Àdimart ; parte di loro alla piazza a ponte, 
ond' ebbe la 'nsegna messer Vanni Mozzi; e parte 
in Mercato nuovo , ond' ebbe la 'nsegna messer 
Geri Spini, per volere corpere la t^rra. I popolani 
s' armarono tutti co' loro ordini e insane e ban- 
diere , e furono in grande numero , e asserra- 
gliarono le vie della città in più parti , percliè i 
cavalieri non potessono correre la terra , e rau- 



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^4 CIOVAHKI VILLANI 

narsi al palagio della podestà e a casa de' priori, 
che stavano allora nella casa de' Cerchi dietro a 
san Brocolo ; e trovossi il popolo sì possente , e 
ordinati di forza e d' arme e di gente , e diedono 
compagnia a'priori, perch'erano sospetti, de' mag- 
giori e de' più possenti e savi e popolani di Firen- 
ze , uno per sesto .Per la qual cosa i grandi non 
ebbono ninna forza né podere contra loro , ma il 
popolo avrebbe potuto vincere i grandi , ma per 
lo migliore e per non fare battaglia cittadinesca , 
avendo alcuno mezzo di frati di buona gente dal- 
l' una parte all' altra , ciascuna parte si disarmò , 
e la cittade sì racquetò , sanza altra novità, ri- 
tnagnendo il popolo in suo stato e signoria , salvo 
che dove la prova della piuvica fama era per due 
testimoni , si mise fossono per tre , e ciò feciono 
i priori coatra volontà de' popolani , ma poco ap- 
presso si rivocò e tornò al primo stato . Ma pur 
questa novitate fu la radice e cominciamento dello 
sconcio e male stato della città di Firenze che ne 
seguì appresso , che da ìndi innanzi i grandi mai 
non finarono di cercare modo d' abbattere il po- 
polo a loro podere ; e' caporali del popolo cer- 
carono <^ni via di fortificare il popolo e d' ab- 
bassare ì grandi , fortificando gli ordini della 
giustizia ; e feciono torre a' grandi le loro balestra 
grosse, e comperate per lo comune ; e molti casati 
che non erano tiranni e di non grande pod«'e , 
trassouo del numero de' grandi e misono nel po- 
polo , per iscemare il podere de grandi e crescere 
quello del popolo. E quando i detti priori uscirono 
dello uficio , fur loro picchiate le caviglie dietro e 
gifctati de' sassi , perch' erano stati consenzienti a 



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tlBKO OTTAVO 3$ 

favorare i grandi ; e per questo romore s novitadi 
ai mutò nuovo stato di pt^lo in Firenze , onde 
furono capo Mancini, e Magalotti, Altoviti, Peruz- 
zi , Acciaioli, e Cerretani , e più altri . 

GAP. XIII. 

Come lo re Carlo fece pace col re Giamo 

d'Araona. 

Negli anni dr Cristo i agS morì il re Anfus 
d'Araona, per la cui morte don Giamo suo fratel- 
lo , il quale s'avea &tto coronare e tenea l' isola 
di Cicilia, cercò sua pace colla Chiesa e col re 
Carlo, e per mano dì papa Bonifazio si fece in 
questo modo ; che 1 detto don Giamo togliesse 
per moglie la figliuola del re Carlo, e rifiutasse la 
signoria di Cicilia , e lasciasse gli stadicbi che '1 
re Carlo avea lasciati in Àraona,ciò erano Ruberto 
e Ramondo e Giovanni suoi figliuoli con altri ba- 
roni e cavalieri provenzali ; e '1 papa col re Carlo 
promise di fare rinunziare Carlo di Valos, fratello 
del re di Francia , il privilegio che papa Martino 
quarto gli avea fatto del reame d' Araona; e per- 
chè a ciò consentisse, gli die il re Carlo la contea 
d'Angiò e la figliuola per moglie. E per ciò fornire 
andò il re Carlo in Francia in persona , e lui 
tornando coli' accordo fatto e co' suoi figliuoli , i 
quali avea diliberi di pregìone, sì passò per la città 
dì Firenze, nella quale era già venuto da Napoli 
per fàrglisi incontro Carlo Martello suo figliuolo re 
d'Ungheria, e con sua compagnia duecento cava- 
lieri a s|Tonì d' oro , Franceschi, e Provenza}], e 



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a6 GTOTARMI TtLL&RI 

del Regno , tutti giovani , vestiti col re J' una (6) 
partita dì scarlatto e verde bruno, e tutti con selle 
d'una (7) assisa a palafreno rilevate d'ariento e 
d' oro,coir arme a quartieri a gigli ad oro , e ac- 
cerchiata rosso e d' argento , cioè l' arme d' Un- 
gheria , che parea la più nobile e ricca compagnia 
che anche avesse uno giovane re con seco . E in 
Firenze stette più di venti di , attendendo il re suo 
padre e' fratelli, e da'Fiorentini gli iu fatto grande 
onore , ed ^U mostrò grand e amore a'Fiorentini, 
ond' ebbe molto la grazia di tutti. E venuto il re 
Carlo, e Ruberto, e Ramondo, e Giovanni suoi fi- 
gliuoli in Firenze col marchese di Monferrato (che 
dovea »yeK per moglie la figliuola del re) fatti 
in Firenze più cavalieri , e ricevuto molto onore 
e presenti da'Fiorentini , il re con tutti i figliuoli 
si tornò a corte di papa e poi a Napoli . E ciò 
fatto, e messo a seguizione per Io papa e per lo 
re Carlo tutto il contratto della pace, don Giamo 
si partì di Cicilia e andossene in Àraona , e del 
reame si fece coronare; ma dì cui si fosse la colpa, 
o del papa o di don Giamo , il re Carlo sì trovò 
ingannato , che dove Io re Carlo si credette riavere 
l' isola di Cicilia a quoto, partitosene don Giamoj 
Federigo seguente suo fratello vi rimase signore , 
e a' Ciciliani se ne fece coronare contra volontà 
della Chiesa dal vescovo di Cefalonia, onde il papa 
mostrò grande turbazìone contro al re d'Araona 
e Federigo suo fratello , e fecelo citare a corte, il 
quale re Giamo vi venne 1' anno appresso, come 
innanzi faremo menzione . 



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tlEAO OTTAVO 

GAP. XIV. 



Come la parte guelfa Jurono per farza caccitUi 



di Gen 



renava . 



Nel detto aanosìcomiacìògrandeguerra tra'dt- 
ladini di Genova tra la parte gnelfit ond' erano 
capo i Gtimaldi , e la parte ghibellina ood' eran 
capo gli Olii e SpÌDoli; e ciò parve che si scoprisse 
per invidia tra loro , e per la signorìa della terni : 
che la state medesima aveano fatta la più grande 
e la pili ricca armata in mare sopra i Veneziani che 
mai &cesse comune^che più di centosessanta galee 
furono y sanza gli altri legni grossi e sottili , che 
furono più di cento , e ciascuna parte e casato ar* 
mando a gara l' uno dell' altro si sfbrzaro ; e al- 
lora fu Genova e '1 suo podere nel maggiore colmo 
eh' ella fosse mai , che poi sempre veonono calan- 
do. E parve che in quello stuolo si cominciasse 
la discordia , che non passarono più innanzi che 
Messina , eh' aveano ordinato d' andare infino a 
Vinegia: e tornati a Genova cominciarono tra loro 
battaglia cittadinesca , la quale duri da cinquanta 
di y saettandosi e combattendosi di ;dì e di notte^ 
onde molti ne morirò d' una parte e d' altra , e 
in più parti della città misono fuocjo , e arse la' 
Riva quasi tutta , e la chiesa maggiore di santo 
Lorenzo , e più case e palazzi. Alla fine quegli di 
casa d'Oria, e gli Spinoli^ e loro seguaci, sotto trat- 
tato di triegua si fornirono di molta gente nuova 
di Lombardia e della Riviera , e trovarsi sì forti , 
che per forza ne cacciarono i Grimaldi e' loro 
seguaci guelfi : e ciò fu di Gennaio nel 1 39$ . 



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38 OtOTARHI TILLÀHl 

GAP. XV. 

De fatti de' Tartari di Persia. 

Nel detto anno essendo ìinperadorede' Tartari 
di Persia e del Turigi Baldo cane, fratello che fa 
di Argon cane , onde addietro in alcuna parte 
jacemmo menzione , e se Argon amò i cristiani, 
questo Baìdo fu cristianissimo e nimico de' sara- 
cinì ; per la qual cosa i saracinì di suo paese con 
certi signori de' Tartari , feciono con ìspendìo e 
gran promesse, che Gassano suo nipote e figliuolo 
che fii d'Ai^on, si ruhellò da lui,e venne in campo 
con grande oste di Tartari e saracini contro a lui 
per combattere . Baido veggendòsi da gran parte 
de' suoi tradito , si mise a fuggire , il quale da 
Gassano fu seguitole sconfitto, e morto. £ '1 detto 
Gissano fatto signore colla forza de'saracini, come 
detto avemo , incontanente mutò condizione , e 
come prima area amati ì saracini e odiati i cri- 
atiani , così appresso fu nimico de' saracinì e amico 
de' cristiani , e distriisse tutti coloro che l' aveano 
consigliato di &re male a'crìstiani, e appresso fece 
molto di bene per la cristianità per racquìstare 
la terra santa, come innanzi al tempo faremo men- 
zione. 

GAP. XVI. 

Come Maghinardo da Sasinana sconfisse i Bolo- 
gnesi, e prese la città d'Imola. 

N^li anni di Cristo 1 396 in calen d'Aprile, 
Haghinurdoda Susinana, onde addietro facemmo 



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LIBAO OTTAVO ->9 

^menzione, avendo guerra co'BoIognesi per cagloac 
della presa di Forlì e d' altre terre di Romagna , 
onde i Bolognesi aveano la signorìa , e fatta lega 
col marchese Àzzo da Ferrara, il quale simigliante 
avea guerra co'Bolognesi , coli' aiuto di sua gente 
e de' ghibellini di Romagna , vegnendo con oste 
sopra la città d' Imola ov' erano i Bolognesi con 
loro forza, combattendo con loro gli sconfisse con 
grande danno de'presi e de'morti , e prese la detta 
città d'Imola con molti Bolognesi che y' erano 
dentro. 

GAP. xvn. 

Come il popolo di Itrenzefice fare la terra 

di Castèllo Sangiovanni e Castelfranco 

in P^aldarTU} . 

Nel detto anno essendo il comune e popolo di 
f^renze in assai buono e felice stato,con tutto che 
i grandi avessono incominciato a contradiare il 
popolo, amie detto aremo, il popolo per meglio 
fortificarsi in coDtado,« scemare ù fco^a de'nobili 
e de' potanti del contado , e spezialmente quella 
de'Pazzì di Valdarno e degli libertini eh' ei;ano 
ghibellini , si ordinò che nel nostro Valdarno di 
sopra si facessono dae ^ndi, terre e caateUa;' 
r uno era tn Fegghine e Hontevarcfai, e puosesì 
nome castello Sai^ìovanni , V altro in casa Uberti 
allo 'ncontro passato l'Amo , e puosongH noma 
Castelfranco, e francarono tutti gli abitanti de'deb- 
tì castelli per dieci anni d'igni (8).&zi(aie espcso 
di comune, onde molti fedeli de'Paoià e Ufaertini, 
B %^U d» Ri<»4oU, e de' Conti , ad aitai nabili , 



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3o GIOVAHni TILLANI 

per esser franchi si fecioDo terrazzani de' detti 
castelli ; per la qtial cosa in poco tempo crebbono 
e multiplicaro assai ^ e fecionsi buone e grosse 
terre . 

GAP. xvni. 

.Come lo re Giamo d' Araona venne a Roma , e 

papa Bonifazio gli privilegiò V isola 

di Sardigna. 

Nel detto anno alla ricfaesta di papa Bonifazio 
il re Giamo d'Àraona venne a Roma al detto 
papa , e menò seco la reina Gostanza sua madre 
e figlinola che fu del re Manfredi ', emesser Rug- 
geri di Loria suo ammiraglio , a' quali il papa 
fece grande onore e ricomunicoUi ; e 1 detto re 
Giamo si scusò della 'mpresa che don Federigo 
4UO fratello area fatta delta signorìa di Gicilìa , 
come non era (9) essuta di sua saputa né di suo 
éonaentimento , furando, in mano del papa in 
presenza del re Garlo, che a richiesta del re Carlo 
e' sarebbe personalmente con soa gente é forza 
contro a don Federigo suo fratello , ad aiutare 
racquislàré l' isola di Cicilia ; e simile promessa 
« sarameùto fece fare a messer Ruggeri di Loria 
auo ammiraglio . Per la qual cosa il papa fece il 
detto ,re Giamo ammiraglio e gonfaloniere della 
Chiesa io mare , quando si facesse il passaggio 
d' oltremare , e privil^iollo del reame dell' isola 
di Sardigna , conquistandolo sopra i Pisani o chi 
t' aTBSse signorìa j - e fece il detto papa òhe '1 re 
Garlb perdonò ogni offesa ricevuta da messer Rùg- 
getidi IioriSf e feCelo soó ammiraglio} la qual' 



;vGoo<^Ic 



1.1850 OTTAVO Zi 

cosa sappiendo dou Federigo , gU tolse tutte sue 
rendite e onori eh' avea in Cicilia , e al nipote , 
opponendogli tradigìone , fece tagliare la testa . ■ 

GAP. XIX. 

Come il conte di fiandra e quello di Bari si m- 
bellarono al re di Francia . 

Nel detto anno il conte Guido di Fiandra « il 
conte di Bari genero del re d'Inghilterra ^ì rubel- 
larono dal re di Francia per oltraggi ricevuti dal 
re e da sua gente, e allegarsi col re Adoardo d'In* 
gfailterra. £ intra l' altre principali cagioni della 
ruhellazione del conte di Fiandra, si fu perch'egli 
area maritata la figliuola al figliuolo del re d' In-^ 
ghilterra , sauza cousentimeato del re ; onde, non 
piacendo al re , mandò per lo conte e per. la con' 
tessa di Fiandra , e poi per la figliuola ; e quando 
furono a Farigi,lo re fece ritenere la detta donna 
in cortese pregione , perchè non fosse moglie del 
suo nimico , e poco tempo appresso ella mort-, a 
dissesi che.fu fatta morire di veleno. Il conte ve- 
dendo ritenuta sua figlia, e egli dal re in l^gere 
guardia lasciato , si partì privatamente di Parigi 
e fuggissi ÌQ Fiandra,- e -dicendosi a' figliuoli e 
alla ^ua gente del torto che gli facea il re di sast 
figlia , fece le sue terre rubellare al re ; e in Lilla 
mise a gjuardia Ruberto 9uq primo figliuolo , e a. 
Doai Gifiglieirao ' secondo fidinolo , e a Coltrai 
messer Cianai di Namurro quQ figliuolo, e il con* 
te rimale alla guardia ;di.Bruggia , e '1 Amìa. di 
Brabante.aio iiipote «Ikt gniffdiìt di^anto. Per la 



;vGooi^Ic 



33 GI0V4HHI VILLARJ 

qaal cosa il re di Francia con grande oste andò 
in Fiandra colla maggior parte di sua baronia , e 
COD più di diecimila cavalieri e popolo innume- 
rabile y e puosest a oste a Lilla , nella quale era 
messer Ruberto di Fiandra e '1 siri di Falcamon- 
te d' Alamagua con più soldati tedeschi , i quali 
difeodeano la teira francamente. In questa stan- 
za il conte d'Artese sconfisse i Fiamminghi a For- 
nes , e lo re d' Inghilterra arrivò in Fiandra , co- 
me si tratterà nel seguente capitolo ; per la qual 
coaa^ e ancora perchè la villa di Lilla non era be- 
ne provveduta né fornita dì vittuaglia , s' arren- 
déo la terra al re di Francia , andandone sano e 
calvo messer Ruberto di Fiandra con tutti i sol- 
dati tedeschi. £ avuta il re di Francia Lilla, pre- 
se la sua gente Bettona e più altre ville di Fian- 
dra , e fece poi lo re di Francia cavalcare le terre 
del conte di Bari , e ardere e guastare . 

CÀP. XX. 

Come il corae d' jértese scorasse i FìamnUnghi 

a Fornes , e come il re d'Inghilterra 

passo in landra . 

Nel seguente anno 1397, essendo cresciuta la 
guerra al re di Francia per lo re d' Inghilterra , e 
per la rubellazione del conte di Fiandra e di quel- 
lo di Bari, come detto avemo di sopra, sì feciono 
lega ancora contro a luì col re Àttaulfo d'Alama- 
gna , e mandt^li il re d' Inghilterra trentamila 
narchi di sterUai,ac(ùocchè venisse con suóisfbrzo 
in Fiandra , per assalire: il reame di Francia ; e 



:vGpOl^lc 



IIBRO OTTAVO 33 

' COSÌ promise e giurò^e lo re d'Iaghilterra promise 
di venirvi in persona j e reunero alquanti cavalieri 
tedeschi in Fiandra al soldo de'Fiamminghi , i 
quali volendo co'Fiamminghi insiema assalire la 
contea d' Artese , il conte d' Attese con grande ca- 
vallerìa di Franceschi tornato di Guascogna in 
Artese per la dettai guerra cominciata per gli 
Fiamminghi , essendo al conte d' Artese già rea- 
duta la rilla di Berghe alla marina , si fece loro 
incontro a Fornes in Fiandra , e quivi comhat- 
terono insieme , onde i Fiamminghi e' Tedeschi 
furono sconfitti , e morivvi il <^nte Guiglielmo di 
Giulierì , e Arrigo conte di Belmonte, e '1 siri di 
Gaura , e più altri baroni e cavalieri tedeschi e 
fiamminghi , con più di tremila tra a pie e a 
cavallo vi furono morti e presi . E dopo la detta 
sconfitta il conte d' Artese prese Fornes , e fecìono 
le comandamenta tutte le terre della marina e la 
valle di Cassella. In questo il re Adoardo d'Inghil- 
terra con grande navilio, e con mille e più buoni 
cavalieriecon gente d'armeapiè assai, arrivò in 
Fiandra al porto della Stuna^iccome avea promes- 
so per la lega fatta col re d'AIamagna e col conte 
di Fìandra^e prese la villa di Bruggia^ la quale fu 
abbandonata da'Franceschi,perchè non v'avea for- 
tezza né di muro né di fossile poi n'andò a Ganto, 
perocché Bruggia non era forte,e gli grandi borgesi 
di Bruggia eran tutti della parte del re, onde non 
si fidava di stare in Bruggia . A Ganto era il conte 
di Fiandra per attendere il re d'AIamagna , il 
quale per più moneta (si disse) eh' ebbe dal re di 
Francia^non venne, come avea promesso e giurato; 
e chi disse che il detto re d'AIamagna rimase , per 
T.III. 3 



;vGooi^Ic 



34 CIOVAHNl VILLANI 

guerra , che il re di Francia per suoi danari e 
promessa di parentado gli fece muovere al duca 
d'Osterich ; e a questo diamo più fede . Onde il 
re Adoardo veggendosi ingannato e tradito , ovvero 
fallito dal re d'Àlamagna , e sentendo il grande 
podere del re di Francia , e com' era già mosso 
con tutta sua baronia, avuta Lilla, per venire 
contro a lui a Gante , e già era a Coltrai in Fian- 
dra; per la qual cosa il re d'Inghilterra non s'af- 
fidò di dimorare in Fiandra , perocché venuto il 
re di Francia con sua oste , il convenia essere 
sorpreso o assediato in Brucia o in Ganto y a 
venire a battaglia con lui ; e dappoiché non era 
venuto il re d'Àlamagna con sua gente , non avea 
podere d' uscire a campo contro al re di Francia, 
e però si partì di Fiandra in grande fretta , e 
tornossi con sua gente in Inghilterra , e lasciò il 
conte di Fiandra in Ganto ib male stato e da 
tutti abbandonato . Lo re di Francia perchè s'ap- 
pressava il verno , e avea novelle come il re Carlo 
di Puglia venia in Francia in servigio del re d'In- 
ghilterra, e per commessione del papa,per mettere 
accordo intra lui e 'l re Adoardo , suoi congiunti , 
parenti,e amici,si si tornò inFrancia con tutta sua 
roste^ lasciando grande guernigione digente d'arme 
a cavallo e a pie nelle dette terre , e fece iàre a 
Lilla e a Coltrai forti castelli . E tornato in Fran- 
eia , il re Carlo ordinò dal re di Francia al re 
Adoardo d'Inghilterra e '1 conte di Fiandra triduo 
per due anni , rimanendo al re di Francia per 
patti Bruggia, e Lilla, e Coltrai , e altre ville , le 
quali terre di Fiandra erano già all' obbedienza 
Q guadagnate per lo re di Francia ; e per dispeu- 



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tlBRO OTTAVO 35 

sagione del papa il re d'Inghilterra prese per mo- 
glie La serocchia del re di Francia , e accordelli 
di pace insieme . 

GAP. XXI. 

Come papa Bonifazio privo dd cardinalato mes- 
ser Iacopo e messer Piero della Colonna . 

Negli anni dì Cristo 1 397, a dì 1 3 del mese dì 
Maggio , tenendosi papa Bonifazio molto gravato 
da' signori Golonnesi di Roma , perchè in più cose 
Taveano contastato per isdegno di loro mag- 
gioranza , ma più si tenea il papa gravato , perchè 
messer Iacopo e messer Piero della Colonna car- 
dinali gli erano stati contradì alla sua lezione , 
mai non si pensò se non di mettergli al niente . 
E in questo avvenne , che Sciarra della Colonna 
loro nipote, vegnendo al mutare della corte di Ala- 
gna alle some degli arnesi e tesoro della Chiesa^le 
rubò e presele menolle in sua terra.Per la qual ca- 
gione aggiugnendovi la mala volontade conceputa 
per addietro , il detto papa contro a loro fece pro- 
cesso in questo modo ; eh' e' detti messer Iacopo e 
messer Piero della Colonna diaconi cardinali, del 
cardinalato e di molti altri benefìciich'aveanodal* 
la Chiesa , gli dispuose e privò^e -per simile modo 
condannò e privò tutti qu^li della casa de'Golou- 
nesi, cherìci e laici , d'ogni beneficio ecclesiastioo 
e secolare , e scomunicolli che mai non potessono 
avere beneficio ; e fece disfare le -case e' palazzi 
loro di Roma, onde parve moltO' male a' loro 
amici romani j ma non poterono oohtradire per 



:.vGooi^lc 



36 aiOVÀNHI TILLAKI 

)a forsa tlel papa e degli Ordini loro contrari ; per 
la qual cosa si rubellarono al tutto dal papa e 
cominciarono guerra , perocch' eglino erano molto 
possenti , e aveano gran seguito in Roma , e era 
foro la fqrté città di Pilestrìno , e <[ueUa di Nepi , 
p la Colonna , e più altre castella . Per la *|ual cosa 
il papa diede la indulgenza di colpa e pene chi 
preodesse la croce contro a loro , e fece fare oste 
sopra la città di Nepi , e il comune di Firenze vi 
mandò in servigio del papa seicento tr^ balestrieri 
e paTCsari crociati , colle sopransegne del comune 
di Firenxe ; e tanto stette l' ciste all' assedio , che 
la città s' arrendè al papa a patti , ma molta gente 
tì morì e ammalò per corruzione d' aria ph' ebb$ 
nella detta oste , 

GAP. XXII, 

Come Mherto d'Osterich sconfisse e uccise 4t-^ 

ttmljo re d'Alamagna, e com'egli Ju 

^leftQ re de'HoTfiam . 

N^li anni di Cristo 1398 del niese di Giugno 
avendo i preucipi d'Àlamagqa privato Àttaulfo 
della lezione dello 'mperio per cagione della sua 
dislealtà , e perchè s' «ra legato col re di Francia 
per sua moneta , e tradito il re d'Inghilterra e il 
conte di Fiandra , come addietro aven^q fà(ta 
menzione , e ancora per procaccio d'Alberto dc^io 
d'Osterich figliuolo che fu del re Ridolfo^per ay^re 
la lezione con ordine e trattato del r^ Àdpardo , 
e con molta sua moneta data al det^i A-.U>erto per 
lare vendetta del tradimenti pt^mine^so per lo 



;vGboi^Ic 



tlBRÓ OTTAVO 3^ 

((étto Àttaolfò re d'Àlamagna; e ciò fatto» il detttf 
dt^io Alberto con su& poteozìa dì gcQté d' arm«| 
Venne contro al detto Attaulfo , e in campo coni> 
battè con lui , e sconfisselo , e rimase il deUo At- 
taulfo morto nella detta battaglia cod molta di 
sua gente ; e aruta Alberto la detta vittoria sì fece 
eleggere re de'Romanì, e poi confermare a papa 
Bonifazio ■ 

GAP. XXIII. 

Come i Cótonnesi vennero alla imsericórdia del 
papa, e poi si fuhetlarono un'altra volta. 

rfel detto aniio del mese dì Settembre > èssen'- 
do U'attato d' accordo da papa Bonifh^ a' Co- 
lonnesi , i detti Golonnedi cherici e laici vennero 
a Bieti OV* era la torte , è gittàrsi a pie del detto 
papa aliti misericordia , il quale penlonò \cfNt, e 
kssolvettegli della scomunicazione^ e volle gli 
rendessono la città dì Pileatrìno ; e Coù fecionO) 
promettendo loro di rìatìtuìrgli in loro stato e di*- 
gnità,laqual cosa non attenne loro, ma fece 
disfare la detta città di Pilestrìno del poggio « 
fortezze ov' era> e feceae rifare una terra al piano> 
alla quale puose nomeCivita Papale;e tutto questo 
trattato falso e frodolente fece il papa per coni- 
siglio del conte da Montefeltro^allora frate minore> 
ove gli disse la mala parola : lunga promessa 
cali' attender corto . I detti Golonnesi trovandosi' 
ingannati di ciò eh' era loro promesso , e disfatta 
sotto il detto inganno la nobile fortezza di Pile- 
utrino , innanzi die compiesse 1' anno si rubel- 
larono dal papa e dulia Chiesa , e '1 papa gli sco- 



;vGoo<^Ic 



38 GIOVAHNI TiLLÀIil 

mnoicò da capo con aspri processi ; e per tema di 
noa essere presi o morti , per la persecuzione del 
detto papa , si partirooo di terra di Roma , e 
ìsparsonBi chi di loro in Ciciliane chi in Francia^ 
e iu altre partì, nascondendosi di luogo in luogo 
per non essere conosciuti , e di non dare di loro 
posta ferma » spezialmente messer Iacopo e mes- 
ser Piero eli' erano stati cardinali ; e cosi stettono 
in esilio mentre vivette il detto papa . 

CAP. XXIV. 

Come i Genovesi sconjissono i p^iniziani in mare . 

Nel detto anno a dì 8 di Settembre , essendo 
grande gueri-a m mare traiGeoovesie'Vinizianif 
ciascuno fece armata , i Genovesi dì centodieci 
galee, é' Viniziani di centorentì galee; e' detti 
Genoren , ond'era capitano e ammiraglio messer 
Lamba d'Orm passarono la Cicilia e mìsonsi nel 
golfo , con intendimento di andare ìnfino alla città 
di Vinegìa , se in altro luogo non trovassono ì 
Viniziani ; ma come furono in SchiaTODÌa,troTa- 
rono r armata de' detti Viniziani all' isola della 
Scoicela , av' ebbe tra' due stuoli aspra e dura bai- 
-taglia; alla fine furono sconfitti i Viniziani, e 
molti ne furono morti e presi , e settanta corpi di 
loro galee ne furono menate co'pregioniin'Genova. 



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LldRO OTtÀTO 39 

GAP. XXV. 

t)t' grandi tremuoti che Jiirono in certe città 
d'Italia. 

Nel detto anno furono molti tremuoti in Italia , 
spezialmente nella città di Rieti e in quella di 
Spoleto , e in Toscana nella città dì Pistoia , nelle 
quali cittadi caddono molte case , e palagli , e 
torri , e chiese , e fa segno del giudicio di Dio ^ 
del futuro perìcolo e aTTersitade che poco appresso 
ai cominciò in più parti d'Italia , e spezialmente 
nelle dette nominate cittadi , come innanzi per 
gli tempi faremo menzione . 

GAP. XXVI. 

Quando si coimncio il palazzo del popolo di 
Fìrenxe ove abètano i priori . 

Nel detto anno 1 398 si cominciò a fondare il 
palagio de' priorì per lo comune e popolo di Ft< 
renze, per le novità cemiBcìate trai popolo 
e' grandi , che spesso c^ la teira in gelosia e ia 
' commozione , alla riformazione dei priorato idi 
due in due mesìj per le sette già comincia^, e i 
priori che reggeaoo il popolo e tutta la repubblica, 
non parea loro essere sicuri ore abitavano in- 
nanzi , eh' era nella casa de' Cerchi bianchi 
dietro alla chiesa di san Brocolo . £ colà dove 
puosono il detto palazzo , furono anticamente le 
case degli liberti, ribelli di Firenze e gbibellinì; 



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40 GIOYAHNl TILLAHI 

edique'loro casolari fecioDO piazza , acciocché 
mai non si rifàcessono . £ comperarono altre case 
di cittadini , come furono Foraboschi , e fonda- 
ronvi su il detto palazzo , e la torre de' priori , 
fondata in su una Unre eh' era alta più di cin- 
quanta braccia eh' era de' Foraboschi , e cbiama- 
vasi torre della Vacca. E perchè il detto palazzo 
non si ponesse in sul terreno de'detti Uherti, co- 
loro che l'ehhono a far fare il puosono (io) musso, 
che fu grande difDtlta a lasciare però di non farlo 
quadro, e più discostato dalla chiesa di san Piero 
Scheraggio . 

GAP. XXVH. 

Come jìi fatta pace tra 'l comune di Genova e 
quello di F'inegia . 

Negli anni di Cristo 1399 del mese di Maggio, 
pace fu tra 'Genovesi e' Vìniziani, e ciascuno rieb- 
be i suoi pregioni con que' patti che piacquero 
a'Genovesi. Intra gli altri vollono, che infra tre- 
dici anni ninno Viniziano non navicasse nel ma- 
re maggiore di là da Costantinopoli e nella Soria 
con galee armate , onde i Genovesi ebbono gran- 
de onore , e rimasono in grande potenza e felice 
stato , e più che comune o signore del mondo ri- 
dottati in mare . 



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' tltiao OTTàTO 4< 

GAP. xxvni. 

Come fii fatta pace tra 'l comune di Bologna 

e 'l marchese da Esti e Maghinardo da Su~ 

sinana per gU Morentini . 

Nel detto tempo e anno essendo stata lunga e 
~ grande guerra tia'l comune dì Bol<^a e' suoi u- 
sciti , e col marchese Azzo da Esti , il quale si- 
gnor^giava la città di Ferrara , e quella di Reg- 
gio, e quella di Modona , e eoo Maghinafdo da 
Susinana grande signOTe in Romagna , i quali &• 
rano a una lega contro a' Bolognesi , per procac- 
cio e industria de' Fiorentini,amici dell'una par- 
te e dell' altra , pai» fu fatta, e bascìaraì insieme 
i sindachi delle parti nella città di Fìrens^ ; e i 
Fiorentini furono promettitori e mallevadori alla 
detta pace per l' una parte e per l' altrsT'con so- 
lenni carte e promessiooi . 

GAP. XXIX. 

Come il re Giamo d' Jraona con Ruggeri di 

Loria e colVarm^a del re Carlo sconjìssono 

i Cicilìani a capo Orlando . 

' Nel detto anno avendo lo re Carlo £itta sua 
armata per andare sopra l'isola di Cicilia di qua- 
ranta galee , ond' era ammiraglio messn- Ruggeri 
di Loria , e richesto pò- papa Bonifazio e per lo 
re Carlo il re Giamo d' Araona , che (i i ) asse- 
guisse la promessa per lui £itta per gli patti della 



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4^ OIOTAVHI VILLANI 

pace ^ come addietro facemmo meazione, yenne 
di Catalogna eoa trenta galee armatele accozzatosi 
a Napoli coir armata del re Carlo, e con Buggeri 
di Loria loro ammiraglio, tutti insieme n'an- 
darono verao Cicilia . Don Federigo co' suoi Gi- 
ciliani sentendo l' apparecchiamento , fece suo 
isfbrzo , e armò sessanta galee , e col suo ammi- 
raglio messer Federigo Doria ai misono in mare; 
e a capo Orlando in Qcilia s' accozzare in mare 
le dette armate a dì 4 del mese dì Luglio, e dopo 
la grande e aspra battaglia l' armata de'Ciciliant 
fu sconfitta, e tra morti e presi più di seimila 
uomini, e ventidue corpi di galee; per la qual 
cosa ai mostrò palesemente, che'I detto re Giamo 
e Buggeri dì Loria furono fedeli e leali alla pro- 
messa fatta al papa e al re Carlo. Bene si disse , 
che se lo re Giamo avesse voluto, don Federigo 
suo fratello rimanea preso in quella battaglia , 
perocché la sua galea fu nelle sue mani, e era fi- 
nita la guerra di Cicilia; o che fosse di sua volontà 
o di sua gente catalana, il lasciarono fuggire e 
scampare . 

CAP. XXX. 

Come Ju fatta pace tra' Genovesi e' Pisani. 

Nel detto anno del mese d'Agosto fu fatti pace 
tra' Genovesi e' Pisani,. la ^le guerra era du- 
rata diciassette anni e più, onde ì Pisani molto 
erano abbassati e venuti a piccolo podere ; e «pia- 
si come gente ricreduta feciono a* Genovesi ogni 
patto che seppono domandare , dando loro parte 



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blBAO OTTAVO 4^ 

di Sardigna> e Ja terra di BoDÌfàsio in Corsica, 
e di' e' Pisani non dovessono navicare con galee 
armate infra quindici anni , e de* pregiorii che 
vennero in Genova de' Pisani , quando furono 
lasciati , non erano vìvi che appena U decimo . 

CAP. XXXI. 

Quando di nuovo si cominciarono le nuove mura 
della città di latenze . 

Nel detto anno a dì 39 di Novembre^ si comin- 
ciarono a fondare le nuove e terze mura della 
città di Firenze nel prato d' Ognissanti; e furooo ' 
a bmedire e fondare la prima pietra il vescovo 
di Firenze , e quello di Fiesole , e quello di Pi- 
stuia f e tutti i prelati e religiosi^ e tutte le signo- 
rie e ordini di Firenze con ìnnumerabile popolo. 
E murarsi allora dalla torre sopra la gora inlluo 
alla porta del Prato, la quale porta era prima co- 
minciata iusino l'anno 1 334> coli' altre parte ma- 
stre dì qua dall'Arno , insieme , come addietro 
^cemmo menzione; ma per molte avverse novitì 
che furono appre8So,stette buono tempo che non vi 
si murò più ìnnanzi^che quelle mura della fronte 
del Prato . 

CAP. XXXU. 

Come il re di Inonda ebbe a queto tutta Fian^ 
dra, e in pregiane il conte e^figUuoU. 

Nel detto anno 1 399, fallite le triegue dal re di 
Francia e '1 conte di Fiandra , lo re mandò in 



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44 GldTANiri tiLLÀRI 

Fiandra lo re Carlo di Valos suo fratello Cori 
grande oste e cavalleria, il quale giunto a Bruggia 
cominciò guerra al conte ch'era in Canto , e a 
tutte le terre della marina che teneano col conte, 
e con più battaglie in più parti vinte per la gente 
di messer Carlo coutra i^Fiaraminghi, s'arren- 
derono a messer Carlo , salvo Cauto, ove era il 
conte co' suoi figliuoli messer Ruberto e messer 
Guiglielmo, abbandonati dagli amici e da' signori^ 
e eziandio da' loro borgesi . Per la qtial cosa trat- 
tato ebbene con messer Carlo di fare onore al re 
di rendersi a lui , promettendo messer Carlo 
sopra se di guarentirgli e rìmettei^li in amore del 
re , e in loro stato e signoria . E compiuto il trat- 
tato renderono Canto , che è delle più forti terre 
del mondo , e le loro persone a messer Carlo ; il 
quale entrato in Canto , il conte Cuido e messer 
fiuberto e messer Guiglielmo suoi figliuoli tratU , 
e gli mandò presi a Parigi . La qual cosa per 
1' universo mondo fu tenuta grande dislealtà a si 
latto signore . £ ciò fatto per messer Carlo, e avuta 
tutta a queto la contea di Fiandra , lasciò messer 
Giacche , fratello del conte di san Polo al tutto 
signore in Fiandra per lo re con grande cavalleria, 
e messer Carlo si tornò in Francia . E il detto 
messer Giacche cominciò in Fiandra aspra signo- 
ria , e raddoppiare sopra il popolo assise , e gabel- 
le , e male tolte , onde il popolo forte si tenea 
gravato < Avvenne, che per la pasqua di Risorresso 
vegnente lo re di Francia andò a. suo diletto in 
Fiandra per provvedere il suo conquisto e fare fe- 
staje giunto in Bruggia gli fu fotto grande onore,e 
aimile a Ganto , e Ipro , e l' altre buwie Ui-re j e 



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LtBBO OTTATO 4^ 

tatti si vestirono di nuovo ad arte e mestieri 
d' una assisa, faccendo più diversi giuochi e feste^ 
e per lo re e sua baronia giostre ; e la tavola rifon- 
da si fece a Guidendalla, maniere del conte, onde 
d'Alamagna e d'Inghilterra vi vennonopiù baroni 
e cavalieri a giostrare . Ha questa festa fu fine di 
tutte quelle de 'Franceschi a'nostritenipi^hecome 
la fortuna si mostrò al redìFrancia e a'suoiallegra 
e felice, così poco tempo appresso volse sua ruota 
nel contrario, come innanzi al tempo faremo men- 
zione . £ r originale cagione, oltre al peccato per 
lo re e suo consigilio commesso nella presura e 
morte della innocente damigella di Fiandra , e 
poi il tradimento fatto contro al conte Guido 
e' suoi figliuoli presi, si fu che al partire che'l re 
fece di Fiandra, gli artefici e popolo minato gli 
domandarono grazia, che fossono alleggiati delle 
importabili gravezze, che messer Giacche di san 
Polo e' si^oi faceano loro, e oltre a ciò i grandi bor- 
gesi delle ville , che tutti gli mangiavano j non 
furono uditi d^l re,8e non come il popolo d' Israel 
dal re Roboamo, m^ maggiormente tormentati 
da'borgesi e dagli uficiali del re, onde appresso 
seguì il giudicio di Dio quasi improvviso, come 
al tempo intenderete . 

GAP. XXXIII. 

Come il re di Francia s' imparentò col re Al- 
berto d' Jlamagna . 

Nel detto anno 1 399,dopo il conquisto che'l re 
di Francia fece di Fiandra, Alberto d'Osterich 



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4$ GIOVARMI VILLANI 

re de' Romani fece parentado col re Filippo di 
Francia, e diede per moglie al figliuolo primo- 
genito la figliuola del detto re di Francia ; e cid 
fu per l' amistà cominciata, e servigio fatto al re 
dì Francia per lo re Alberto, contro Attaulfo re 
de' Romani , come addietro è fatta menzione . 

GAP. XXXIV. 

Come il preme di Taranto fa, soonfitto 
in Cicilia . 

Nel detto anno in caien di Dicembre , Filippo 
prenze dì Taranto e figliuolo del re Carlo secon- 
do , essendo passato in su 1' isola di Cicilia con 
seicento cavalieri e con quaranta galee armate,la 
maggiore parte Napoletani e gente del Regno, per 
guerreggiare l'isola , ed era all' assedio alla città 
di Trapali j e don Federigo d' Araona che tenea 
Cicilia era con sua gente , della quale era capita- 
no don Brasco d' Araona, e stavano in su '1 mon- 
te di Trapali , veggendo il male reggimento del 
detto prenze e dì sua gente , a loro posta scesono 
del detto monte , e con loro vantaggio presono la 
battaglia, nella quale il detto prenze fu aconfitto, 
e preso egli e gran parte di sua gente , 



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LIBKO OTTAVO 4?' 

GAP. XXXV. 

Come Cassano signore de' Tartari sconfisse il 

soldano de' saradni, e prese la terra 

santa in Sorta . 

Nel detto anno del mese di Gennaio, Gassano 
imperadore de' Tartari venne in Soria sopra il 
soldano de' saracinì, e menò seco duecentomila 
tra Tartari e cristiani a cavallo e a pie per con- 
dotta del re d' Erminia e di quello di Giorgia, 
cristianissimi e nimici de'saracini, per racqui- 
stare la terra santa. Il soldano sentendo loro ve- 
nuta, venne d' Egitto in Soria con più di cento- 
mila saracini a cavallo, sanza l' altra sua oste di 
Soria eh' era infinita ; e scontrarsi insieme i detti 
eserciti, e la battaglia fìi grande e terribile. Alla 
fine per senno e valenzia del detto Gassano , il 
quale si tenne a piede con grande parte della 
sua buona gente, infine eh' e' saracini ebbouo 
tanto saettato, eh' elli ebbono voti i loro turcassi 
di saette, e acciocch' e' saracini non potessono 
risaettare sopra i suoi le loro saette, ordinò che 
tutte quelle di sua gente fossono sanza cocca , e 
le corde de' suoi archi con ( i a) pallottiera, che 
poteano saettare le loro e quelle de saracini. £ 
ciò fatto,con ordine, a certo suo segno fatto mon- 
tarono a cavallo, e aspramente assalirono i sara- 
cini per modo, che assai tosto gli mise in iscon- 
fitta e in fuga ; ma molti saracini vi fiiroao morti 
e presi, e lasciarono tutto il loco campo e arnesi 
di grande ricchezza . E àò fatto,qua8Ì tutte le ter- 



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48 GIOVARHI TILLANI 

re di Soria e dì Genisalem si renderono al detto 
Cassano , e divotamente andè a visitare il santo 
sepolcro; e ciò fatto, non potendo guari dimorare 
in Soria , conTenendt^lì tornare in Persia al Tu- 
rigi y per guerra che gli era cominciata da altri 
sìgnc«i de'Tartarì , sì mandò suoi ambasciadori in 
ponente a papa Bonifazio ottavo , e al re di Fran- 
cia , e agli altri re cristiani , che manclassouo 
de' signori e gente cristiana , a ritenere le città e 
terre di Soria e della terra santa che egli avea 
conquistate ; la quale ambasciata fu intesa , ma 
male messa a seguizione , perchè per lo papa e 
per gli altri signori de* cristiani s' intendea più 
alle singulari guerre e quistioni tra loro , che al 
bene comune della cristianità ; che con poca 
gente e piccola spesa si racquistava e tenea per 
gli cristiani la terra santa conquistata per Gassano, 
la quale con grande vergogna, e non sanza merito 
di pena , per gli cristiani s' abbandonò . Onde 
partito di Soria il detto Gassano , poco tempo 
appresso i Saracini sì ripresone Genisalem e 
l'altre tare' di Soria. Il detto Gassano fu figliuolo 
d'Argon cane , onde addietro in alcuna parte fa- 
cemmo menzione . Questi fu pìccolo e sparuto dì 
sua persona , ma virtudioso fu molto , e savio, e 
prò di sua persona , e avveduto in guerra ; corte- 
sissimo e largo donatore , amico grandissimo 
de' cristiani , e egli e molti di sua buona gente , 
si fece per la fede dì Cristo battezzare . E la 
cagione perchè Cassano divenne cristiano non è da 
tacere , ma da farne notabile memoria in questo 
nostro trattato , a edificazione delta nostra fede , 
per lo bello miracolo ch'avvenne.Quaudo Gassano 



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LIBRO OTTAVO 49 

fif fatto imperadofe , si léce cercare per avere mo- 
glie per la più bella femmioa che si trovasse, npn 
guardandosi per tesoro o per altro ,« però maDdà 
aiioi ambasciadorì per tatto levaate; e trovandosi 
la più bella la figliuola del re d'ErmÌDÌa, è quella 
addimandata, il padre l'accettò^ in quanto pìaces-< 
3e alU pulcellà . Quella molto savia rispose,' cb'era; 
contenta al piacere del padre , salvo eh' ella voleai 
9Siere libera di potere adorare e coltivata il nostro 
signore Gesù Cristo, beDcbè '1 marito, fosse fa-> 
gano, e così fa promesso e accettato per giù 
ambasciadorì di Gassano.. Il re d'Erminia mandò 
la figliuola con irate Àiton sno fratello, e eoo altrìr 
frati e religiòflji , e con ricca compagnia di cava-i 
lim , e donne, e dam^elle ; e venula a Cassano ,1 
niolto g'IL piacque , e fu ih .sua grazia e amore , « 
aqsai tosto conccpette di lui , e al tempo debit* 
partorio, cooie piacque a lìio, la più lorda e orM 
rìbile creatura che mai fosse veduta , e quaà per 
poso non av«a forma umana. Cassano contristato' 
di ciò, tenne òohsiglio co'suoi saviìjper gli quali 
fu diliberato, ohe la danna avea commesso' dvoL- 
terio , e fu giudicata cW ella colla sua creatura) 
iòsse arsa . E apparecchiato, il fàooa in presenea. 
di Gassano, (a cui mt>Uo ne doleva) e dì!tulto<;ìì 
pt^lo. della .citt^.> iJadouoa chiose |;i^BÌa:'d^ 
^Jecesqa coufessìpttQ.fe cprau^óile., «ctonw £3- 
4eLsi. cristiana, e la. creatut^; batOetszarelo fare, 
cjtistiano . Fu couQvdiiItt la gitizìa,,.e .ctHue Ift 
cimatura fu battezzata -nel. nome del FadFe:,.«dek 
Figlio, e del.santo Spirito- in fx^e^bijKà delpadvd 
di tutto il popolcii, ')nQt)ìttaUe[ttfci il fa9(:iullQ 
divenne il più bello ;e, giv^tow ^\m mai fo^se. 
T. Jil. 4 



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5o GI0V4KIH VlbbÀKI 

veduto ■ Del detto miracolo Cassano fu molto al- 
loro e con gran festa la 'mperadricu e 'I figliuolo 
iUrooo diliberi da morte ; e Cassano e tutto il po- 
polo si battezzooDo e feciooo cristiani . E non 
Toglto cfae tu lettm'e timaraTÌglì, perchè seri viamo 
cfas Cassano fosse quasi con duecentomila Tartari 
a eavallo , che il vero fu così , e ciò sapemmo da 
uno nostro FÌM^ntino e Ticino di casa i Bastar! , ' 
nndrìto infìno da piccolo fanciullo in sua corte , 
e di qua per lui al papa e a' re de'cristia&i venne 
per ambasciadore con altri de'Tartari , cbe ciò 
testimoniò e a noi disse . E non è da maravigliare 
però> perocché quasi tutti i Tartari vanno a caval- 
lo e non a pie , e' loro cavalli sono piccoli j e mai 
non bisogna Um^ ferro in pie , né orzo nò altra 
biada f ma vivono d' erbaggio e di fieno , lascian- 
dogli pascere come pecore ; e ano de'Tartari ne 
mene seco dieci o venti o più de' detti cavalli , 
secondo cli'ò possente;e val'uno dietro all'altro 
sanza altra guida ; e sono con sottili briglie sanza 
&eno , e povera sella d' una bardella con pìccole 
scaglie (i3) incamutata • Armati sono dì cuoio 
cotto e d'archi e saette ; e vivonsi di carne cruda 
o poco cotta , e di pesce e di sangue di bestie , è 
burro e latte con poco pane , e le più volte sanza 
paneje quando hanno sete e non trovassono acqua; 
segnano l'uno de' Ioto cavalli ebeoosi ìlsangue^e 
spesso r uccidono e '1 si mangiano ; e giacciono e- 
dormono sanza tetto ^ se non il tappeto sopra la 
terra, e sempre stanno a campo , e molto sono ob- 
bedientì e fnleli al loro signore , e fieri e crudeli 
in arme , sicché al signore de'Tartari è più leg- 
giere di menare seco in oste duecento migliaia di 



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LIEBO OTTAVO 5l 

Tartari a cavallo , che uon sarebbe al re di Frao- 
eia diecimila . Àvemo si lungo detto de' costumi 
de'Tartarì , p«- trarre d' igaoraoxa coloro cbe di 
loro fatti noa sanno ; ma chi più ne vorrà sapere 
le^ il trattato di frate Aiton d'Erdainia , • '1 - 
libro del Milione di Vin^ia , come in altra parte 
di questo 1ì1hx> av«no detto . 

GAP. XXXVI. 

Come papa Bonifazio ottavo die perdono a tutU 

ì cristiam ch'andassono a Homa, Vanti» 

del giulAUeo i3oo. 

Negli anni di Cristo 1 3oo,seoo&do la nativitade 
di Cristo , con ciò fosse cosa ciie si dicesse per 
molti , che per addietro (^ni centennio d' anni 
della natività di Cristo , il papa ch'era in que' tem- 
pi, facea grande indulgenta , papa Boni&BÌo ot- 
tavo che allora era apostolico , nel detto anno a 
reverenxa della natività di Cristo , foce somma » 
grande indulgenza in questo modo; che qualunque' 
Bomano visitaise infra tutto il detto anno, con-, 
tinufiodo trenta dì, le chiese de' beati apostoli, 
santo Pietro • santo Paolo» e per quìn^ci di- 
r altra univer-sttle gente che non fosaono Romani, 
« tutti fece piena e intera perdononia di tutti i 
«ni peccati , essendo confesa» o si confessasse, dì: 
colpa e di pena . Eper consolazione de'crìstianì. 
pelUigrini , (^ni veneriti o di solenne di fi»ta, ai. 
mostrava in san Piero la Vo'oaica àxA sudario di 
Cristo . Per la qual cosa gran parta de'cristiani che 
alkm vneuo, feciooo U detto pdlegriua^gìo. 



;vGooi^Ic 



Sa CISVAHMl VILLAKI 

COSÌ femmine come uomini^ di lontani e diretti 
[Aesi, edi lungi e d'appresso.E fu la più mirabile ' 
cosa che mai si vedesse , che al continuo in tutto 
l'anno durante, aTM in Roma oltre al popolo 
romaaiD, duecentomila pellegrini , sanza quegli 
ch'erano per gli cammini andando e tornando, ei 
tutti erano forniti e contenti di vìttuaglia giusta- 
mente ^ cosi i cavalli come le persone, e con 
molta pazienza, e sanza roniori o zufiè : ed io il 
posso testimoniare , che vi fui presente e vidi. 
E- dell' oflferta' fatta per gli pellegrini molto tes(»-o> 
ne crebbe 'bXìa.' Chiesa , e' Romani per le loro der- 
rate furono tutti ricchi . £ trovandomi io in quel- 
lo benedetto pellegrinaggio nella santa città di 
Róma , vegg«ndo le grandi e antiche cose di quel- 
la , e leggendo le:storie e' grandi fatti de'^maBl,> 
scritti pey Viilgilio , e per Sallustio , e LuGaho>L 
e Tito MrJo,' e Valerio, e Paolo "Oixpsio, e altri 
itìaestri d'irtorìe, li ^ali cosi le, piccole icosflf 
come Je> grandi, delle geste e fatti de'Romatjìi 
scrissono , e eliandio degli stràni dell' .uiuver«oi 
mondo ,>per dare memoria e esemplo a quelli icfafl; 
sono>a venire, presi lo <itile e forma da lonoi^ tutto 
a- come discepolo non fttssi dé^na n: tqntà: oparar 
hre- MaiDQusideranda che lainostiiaicittic di.Fi-. 
reaxc-,'iigliiM9lB e fattura -di Rocòa,; era nel.isud 
montare e :a seguire grandi cosSi,; siccome iRoma; 
nelsoo'calare , mi^parveconiietteval^ di reoarètn 
questo volume .e- nuora) cropica. .tutti ,i £itt^i « 
oomincÌBineati delk.biUà.'di.FireQze,Jn q^ilic| 
m' è stititf. ^KìBstbiLe a< ifiodglier^ -. e . ritrovare^ s.&9n 
guire .per. innanzi ^fiteaaoiap te i futi del'Fiit'eotJHi^ 
o.^V>ai\re hcfAÌàìi^o^ dell' ubiyerAoun/bnfidé^ 



:vGoo<^Ic 



• EIBBO OTTAVO 53 

infinochefia piacere di Dio, alla cui speranzaper 
la sua grazia feci la detta impresa, più che per la 
mia povera scienza ; e così negli anni 1 3oo tornato 
da Roma, comiuciai a compilare ' questo libro , a 
reverenza di Dio e del beato Giovanni , e com- 
mendazione della nostra città di Firenze. 

GAP. XXXVII. 

Co me il conte Guido di Fiandra con due suoi 

Jigliuoli s' arrendeo al re di J^ancia , e 

comejurono ingannati e messi in 

pregiane . 

Nel detto anno del mese di Maggio, essendo ad 
oste sopra Fiandra messer Garlo di Yalos, fratello 
del re Filippo di Francia , il conte Guido di Fian* 
dra molto anziano e vecchio, fece trattato con lui 
di venire con due suoi maggiori figliuoli alla mi-» . 
Aericordia del re di Francia, rendendc^lì pacifica* 
niente il rimanente della terra di Fiandra ch'egli 
tenea. ZI detto messer Garlo promise, che se dà 
&cesde, di fargli furegrazia,e'renderela pacedal 
re, e ristituirlo io suo stato; il quale conte s'afiidd 
a lui, e gli rendè Bruggia e Ganto e 1' altre terre 
dJL Fiandra, e con Ruberto e Guigli^mo.suoì fi- 
gliuoli vennero col detto mesaer' Carle a . Parigi , 
e gittarsi alla misericordia , e a'piàdel re; il quale 
re per, malvagio consìglio, non assegneado cosa 
che a loro fosse pcomessa,' sansa nulla grasìa gif 
fece mettere in pregione: pw lo' quale tradimcBtp 
e. .dislealtà, grande male ne venne alla ca<sa'< dì 
Francia e a' Franceschi^ m briève tempo apfcrecoo^ 



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54 OIOTARNI TILLARI 

come ianaim la nostra at«ia de' fatti di Fiandra 
fini meniione . 

GiU». XXXVIU. 

Come si oomindò parte nera e bianca prima 
nella atta di Pistoia. 

In questi tempi essendo la città di Pistoia in 
felice e grande e buono stato secondo il suo essere, 
e intra gli altri cittadini t* area uno lignaggio di 
nobili e poMeati che si chiamavano i Cancellieri, 
non però di grande antichità , nati d' uno ser 
Cancelliere , il quale fu mercatante e guadagnò 
moneta assai , e di due mogli d>be più figliuoli , i 
quali per la iato ricchezza tatti furono cavalieri, 
e nomini di valore a dabbene , e di loto nacquero 
molti figliut^ì e nipoti , sicché in questo tempo 
CBBOO più di cento uomini d' arme , ricchi e pos- 
senti e di grande al&re , sicché non solamente i 
maggiori di Pistoia, ma de' più possenti legnaggi 
di Toscana. Nacqo? tra loro per la soperchia gras- 
sezza , e per soscidio del diavolo, sdegno e ùimi- 
ità, bra '1 lato di quelli eh' erano nati d' una don- 
na a quelli deU' altra ; e l' una parte si puose tio- 
Hte i Canoellieri neri, e r altra i bianchi; e crebbe 
tanto dis à. fedirono insieme , non però dì cosa 
(i4) inorma. £ fedito .uno di que'del lato de'Can< 
cellieri bianchi , quo' del lato de' Cancellieri neri 
per avn'e pace e concordia con loro , mandarono 
onegli cb' avea &tta 1' offesa alla misericordia di 
cialaro che l' asteano ricevuta, che ne prendes^oo 
V ammenda e wsdetta a loro volontà; i quaU del 



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LIBao OTTAVO B5 

lato de* Cancellieri bianchi ingrati e superbi, non 
avendo in loro pietà né carità, la mano dal IvaC- 
ciò tagliaro in su una mangiatoia a quegli eh' e- 
ra venuto alla misericordia . Per ìo quale comin- 
ciamento e peccato , non solamente si {dirise la 
Casa de' Gaucellìeri , ma più micìdii ne nacquero 
tra loro , e bitta la città di Pistoia se ne div'ise ^ 
che r uno tenea Coli' Una parte f e V altro coll'aU 
tra t e chiamafansì parte bianca e nera , dimen- 
ticata tra ìoro parte guelfa e ghibellina : « più 
battaglie cittadine f con molti pericoli e bùcidìi 
ne nacquero e furono in Pistoia ; e noo solamente 
in Pistoia , ma poi la città di Firenze e tutta Ita-' 
tia coDtaminaro le dette parti , come ÌBnanEi 
potremo intendere e sapere . I Fiore&tìai per te- 
ma che pn* le dett« parti d^ Pistoia non snrgesse 
ribellazione della terra a sconcio di parte guel6| 
s' inlramisono d' acccmteìai^Ii insieme , e presono 
la signoria della terra , e 1' una parte e 1' altra 
de' Cantìellieri trassono di Pistoia , e mandavono 
a' confini in Firenze ■ La parte de'nerì n ridusso* 
no a casa de' Frescobaldì oltrarno , e la parte 
de' bianchì si ridussono a casa i Cercfai sei Gar- 
bo , per parentadi eh' aveano tra loro . Ma oome 
l'uua pecora molata corrompe bitta la greggia^così 
questo malwletto seme usdto di Pistoia, -stMido ìo 
Firenae corroppono tutti i Fiorentini e partnFo,die 
prima tutte W schiatte e casate de' nobili , l' ma 
'parte tenea e faviffara 1' ana parte, efrli^^^i^ l'al- 
tre , e appresso tutti i popolari . Per la qual cosa 
e gara cominciata , non che i CanceUìeri per gli 
Fiorentini si racCflociassetH)' insieme , ma i Flb- 
Mntini per loro Aiibno dirlsì e partiti , moUìpU* 



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50 GIOTÀNKI TlLt.i.111 

caRdo di male in peggio , come seguirà àppteaaò 
M Bostro trattato . 

GAP. XXXIX. 

, Citme la città di flren^e si partì e si sconciò 

. per le dette parti Inanta e nera . 

Nel. detto tempo esaendo la Dostra città -di Fi- 
renze .nel maggiore stato e più felice , che mai 
fosse stata dappoi eh' ella fu redificata, o prima , 
fa di grandezza e potenza, e ai di numero di gen- 
tijche più di trentamila cittadini avea nella cilta- 
de^e piùdi settantamila distrittuali d'arme avea in 
contado^ e di nobiltà di buona cavalleria e di fraii^ 
co popolo e di ricchezze grandi , signoreggiando 
quasi tutta Toscana ; il peccato della ingratitudi- 
ne ^ col sussidio del nimico dell' umaDa genera- 
zione , della detta grasttezza fece partorire super- 
bia e corruzione , per la quale furono finite le fe- 
ste e r allegrezze de' Fiorentini , che infino a 
que' tempi stavano in molte delizie , e morbidez- 
xe ;, e tranquillo, e sempre in conviti, e ogni anno 
qtMsi per .tutta la città per lo calen di Maggio, sì 

. ^eano le brigate e le compagnie d' uomini e 41 

.donne, 4i st^azzi e balli. Avvenne ette per le 
invidie si comiuciaronó tra' cittadini le sette ; e 
una' principale e niaggiore s'incominciò oel sesto 
ddlo scandalo di porte san Piero, tra quegli della 
caaa àe' Cerchi e quegli de' Donati , l' una parte 

, per invidia; e 1' altra per salvatica iugratitudìne. 

■ J}ella casa, ds'C^rchi era capo messer Vieri de'Cer- 
i:bì« cegli e qa^li di sua casa erano di grande 



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LIBRO OTTJLViy 5^ 

affare , e possenti , e di grandi parentadi , e ric- 
cliissimi mercatanti , die la loro compagnia era 
delle maggiori del mondo ; uomini erano morbi* 
di e innocenti, salvaticbi e ingrati , siccome gen- 
ti venuti di piccolo tempo in grande stato e po- 
dere. Della casa de' Donati -era capo roesser Cor- 
so Donati f e egli e qu^Ii di sua casa erano gea- 
Aili uomini e guerrieri , e di non soperchia ric- 
chezza , ma per motto erano chiamati Malefami. 
Vicini erano in Firenze e in contado, e per la 
conversazione della loro invidia colla bizzarra 
salvatichezza, nacque il superbio'isd^no tra lo- 
ro, e maggiormente si raccese per lo mal seme 
venuto di Pistoia di parte bianca e nera , come 
nel lasciato capitolo facemmo menzione. £' detti 
Cerchi furono in Firenze capo della parte bianca, 
.e con loro tennero della casa degli Adimarì quasi 
.tutti , se non se il lato de' Cavicciuli; tutta la casa 
degli Abati , la quale era allora molto possente , 
e parte di loro erano guelfi e parte ghibellini; 
grande parte de' Tosinghì , spezialmente il lato 
del Bascbiera ; parte di casa i Bardi , e parte 
de' Bossi , e cesi d?' Frescobaldi, e parte de'Nerli 
e de' Mannelli , e tutti i Mozzi , che allora erano 
molto possenti di ricchezza e di stato ; tutti que- 
,glì della casa degli Scali ,e la maggiore, parte 
de' Gh^rardioi , tutti ì Malispinì , e gran parte 
de' BoLstichi e Giandonati , de' Pìgli , e de' Vec- 
chietti e Arrigucci , e quasi tutti i CavalcaDti , 
eh' erano una grande e possente casa , e tutti i 
Falconieri , eh' erano una possente casa di pc^lo. 
£ con loro s' accostarono vuoile case « schiatte di 
popolani e artefici ntinuti , e tutti i grandi e po< 



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58 QIOTAKKI TILLAKI 

polani ghibellini; e per lo s^ito grande eh' arc- 
ano i Cerchi, il reggimento della città era quasi 
tutto in loro podere . Della parte nera furono tutti 
quegli della casa de' Pazzi quasi principali ca'Do- 
aati , e tutti i Visdomiiii, e tutti i Manieri e' Ba- 
gnesi , e tutti i Torna'quinci , e gli Spini, e^ Bon- 
delmontij e' Gianfigliazzi , Agli \ e Brunellescfai, 
e Gaviccìuli , e l'altra parte de' Tosinghi, e tutto 
il rimanente ; e parte di tutte le case guelfe nv 
minate di sopra , che ipiegli che non furono 
co' bianchi , per contrario furono co' neri . £ cosi 
delle dette due parti tutta la città di Firenze e '1 
contado , ne fu partita e contaminata. Per la qual 
cagione , la parte guelfa per tema che le dette 
parti non tornassono in favore de' ghibellini , ai 
mandarono a corte a papa Bonifacio , che ci met- 
tesse rimedio . Per la qual cosa il detto papa man- 
àò per messer Vieri de' Cerchi, e come fu dinan- 
zi a lui , sì 'I pr^Ò che facesse pace con messer 
Corso Donati e colla sua parte , rimettendo in lui 
le differenze , e promettendogli di mettere lai 
e' suoi in grande e buono stato , e di fargli grazie 
spirituali come sapesse dcnuandare . Messer Vieri 
tatto fosse neir altre cose savio cavaliere, in que- 
sto fu poco sivio , e troppo duro e bizzarro , che 
della rìchesta del papa nulla volse fare , dicendo 
che ncHi avea guerra con niuno ; onde sì tornò in 
Firenze , e 1 papa rimase molto sdegnato contro 
a lui e contro a sua parte . Avvenne poco appresi- 
so, che andando a cavallo dell' una setta e dell'al- 
tra per la città armati e in riguardo , che con 
parte de' giovani de' Cerchi fxz Baldinaccio degli 
Adimari , e Baschiera de' Tosinghi , e Naldo 



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Lliao OTTAVO 59 

<le' Gherardioi , e Giovanni GiacoUi Halispini 
cu' loro seguaci più di trenta a cavallo ; e con gli 
giovani de' Donati , erano de' Pazzi , e Spini , e 
altri loro masnadieri ; la sera di calen di Maggio 
anno i3oo, veggendo uno ballo di donne che si 
&cea nella piazza dì santa Trinità , V una parte 
contra l' altra si cominciarono a sdegnare, e a pi- 
gnere l' uno contro all' altro i cavalli , onde si 
cominciò una grande zufià e (i5) mislea , ov' eb- 
be più fedite , e a Ricoverino di mesaer Ricovero 
de' Cerchi per disavventura fu tagliato il naso dal 
volto ; e per la detta zufia la sera tutta la città fu 
per gelosia sotto l' arme . Questo (a il comincia- 
mento dello scandalo e partimento della nostra 
città di Firenze e di parte guelfa, onde molti ma- 
li e pericoli ne seguirò appresso , come per gli 
tempi bremo menzione . £ perù avemo raccon- 
tato coù stesamente 1' origine di questo comin- 
ciamento delle maladette parti bianca e nera , 
per le grandi e male sequele che ne seguirò a par- 
te guelfa e a' ghibellini , e a tutta la città di Fi- 
renze f eziandio a tutta Italia : e come la morte 
di measer Bondelmonte il vecchio fu comincia- 
mento di parte guelià e ghibellina, così questo fu 
il cominciamento di grande rovina di parte guel- 
fa e della iwstra città. K uotst, che l' anno dinan- 
si a queste novitadi erano fatte le case del comn- 
ne, che cominciano a pie del ponte vecchio «opra 
l'Arno verso il castello Altafronte , e per ciò fare 
n fece il pilastro a pie del ponte , e convenne sì 
rimovesse la statua di Marte ; e dove guardava 
prima verso levante, fu rivoha vergo tramontana, 
onde per l' agurio d^li antichi fu detto : piaccia 



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6o , GIOVANNI VILLANI 

a Dio , che la nostra città non abbia grande 
mutazione . 

GAP. XL. 

Come il cardinale d' Acquasparta venne per 

legato del papa per racconciare Firenze^ 

e non lo poteo fare. 

Per le sopraddette novitadi e sette di parte 
bianca e nera, i capitani della parte guelfi e il 
loro consìglio, temendo che per le dette sette e 
brighe parte ghibellina non esaltasse in Firenze, 
che sotto titolo di buono reggimento già ne facea 
il sembiante, e molti ghibellini tenuti buoni 
uomini, erano cominciati a mettere in su gli 
ufici, e ancora qu^li che teneano parte nera, per 
ricoverare loro stato sì mandarono ambasciadori 
a corte a papa Bonifazio a pregarlo che per bene 
della cittade e di parte di Chiesa vi mettesse con- 
siglio. Per la qual cosa incontanente il papa fece 
legato a ciò seguire frate Matteo d' Acquasparta , 
5U0 cardinale portuense dell' ordine de' minori , 
è mandoUo a Firenze, il quale vi giunse del se- 
guente mese di Giugno del detto anno 1 3oo, e 
da' Fiorentini fu ricevuto a grande onore. E lui 
riposato in Firenze , richiese balia al comune 
di pacificare insieme i Fiorentini; e per levare 
vìa le dette parti bianca e nera volle riformare 
la tei'ra,'e raccomunare gli ufici, e quegli dell'una 
parte e dell' altra eh' erano degni d' esser priori, 
mettere in sacchetti a sesto a sesto, e trarglì di 
due in due mesi , come la ventura venisse; 



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LIBRO OTTAVO fìl 

che per le gelosiedelle parti e sette ìncomincì»te , 
non si facea Inìone de' priori per le capitudiui 
dell' arti, cl^e quasi la città non si commoves«e a 
sobugUo, .e, talora eoa grande apparecchiamento 
d' arme. Qui^li della parte bianca che guidavano 
la' signMÌa d^la terra, per tema di non perdere 
loro stato, é d' essere ingannati dal papa e daV 
legato pn* la detta riformatone, presono il peg- 
giore consiglio e non voUono ubbidire; per la qual' 
cosa il detto legato prese sd^no^ e tornossi a 
corte, e lasciò la città di Firenze scomunicata a 
interdetta . 

CAP. XLI. 

De' mali e de' pericoli che aeguirono alla 

nostra città appresso . 



Paitìto il legato di Firenze, la città rimase in . 
grande gelosia e in male stato . Avvenne, che del , 
mefle dì Dicembre sapiente, andando messer 
Corao Donati e suoi seguaci, e que' della casa 
de' Cerchi e. loro seguaci armati a una morta di' 
casa i Frescobaldi, sguardandosi insieme l'una 
parte e 1' altra, si vollono assalire, onde tutta la 
gmte di'eraalla morta. si levarono a romore; e 
cosìfuggendo e tornando ciascuno a casa sua, 
tutta U città fu ad arme., faccende 1' una parte e 
l' altra grande rdunata. a casa. loro; messer Gen- 
tile de' Cerchi, Guido GavalcanU, Baldinaccio e 
Corso degli Adimari, Baschiera della Tosa, e NaU 
do de' Gherardini con loro consortì e seguaci a 
cavallo e a pie, corsone a porte san Fiero a casa 
ì Donati, e non trovandogli a porte san Piero , 



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02 GlOVAltni TILLAHI 

corsono a san Fiero maggiore, ov'era messer Corso 
co' suoi consorti e rauData, da' quali furono ri- 
parati, e rincacciati e fediti eoa onta e vei^gna 
de' Cerchi e de'loro seguaci; e di ciò forono con- 
dannati l' una parte e l'altra dal comuoe. Poi 
poco appresso esseudo certi de' Cerchi in contado 
a Nepozsano e Pagliano, e in quelle loro contra- 
de e poderi, Toleiulo tornare a Firenze, que' della 
casa de' Donati raunata loro amistii a Remole , 
coutesooo il passo, e-ébbevi- fedite e assalti d'una 
parte e d' altra ; per la qual cosa l' una parte e 
l'altra furono accusati e condannati della-raunata 
e assalti; e quegli di casa i Donati la maggior 
parte per non potere pagare andarono dinanzi , e 
furono messi iu pregìone. Que' de' Cerclii volendo 
iure a loro esemplo, dicendo messer Torrigiano 
di Cerchio: per questo non ci vinceranno , come 
feciono i Tedaldinif che gli oonsunuwono per 
pagare le condannagioni ; ù fece andare gli suoi 
dinanzi, e sostenuti in pregione contra'l volere 
di messer Vieri de' Cerchi e degli altri savii della 
casa, che couosceano la complessione e morbi- 
dezza de'loro giovani; avvenne che uno maladetto 
Ber Neri d^li Abati soprastante di quella pre- 
gione, mangiando con loro, fece venire uno pre- 
sente d' uno migliaccio avvelenato , del quale 
mangiarono, onde poco appresso in due dì mo- 
rirono due de' Cerchi biaDchi,e due de'n^i, e Pi- 
gello Portiuari, e Ferraino de' Bronci, e di ciò 
non fu nulla vendetta . 



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LIBRO. OTTATO Gó 

GAP. XLII. 

Di quello medesimo .. 

Es^encto la cìtià di flrease ia lanto bollore e 
pericoli di sette e di DÌmistà , onde molto sovente 
la lora era a remore e ad arme, raesser Ijorao 
Donati, Spini) Pa^, e parte de' Toaingbi e Ga- 
vicciuli, e loro seguaci grandi e popolani di loro 
setta di parte nera co' capitani di parte guelfa » 
che allora erano al loro senno e volere, si rav- 
narono nella chiesa di santa Trinità , e iri feciono . 
consiglio e congiura di mandare amhasciadori a 
corte a papa Bonìfaxio, acciocché commovesse 
alcuno signore della oasa di Francia, che gli ri-> 
mettesse in istato, e abbattesse il popolo e parte 
bianca, e in ciò spendere ciò che potessono fare; 
e con raisono a seguizione ; (mde sappiendosi 
per la città per alcuna spirasione, il comune e 'i 
popolo si tarbò forte, e funoe fatta inquisizione 
per la signoria, onde mesaer Corso Donati cbe 
u' era capo, fu condannato nell'avere e nella per- 
sona, e gli altri capatili che furono a ciò, in più 
di ventimila libbre, e pagarle. £ ciò fatto furcato 
mandati a' confini Siuibaldo fratello di messe? 
Corso, e de' suoi, e mesaer Rosso,e messer Rossel- 
lino della TosB,e degli altri loro consorti; e mefi> 
ser Giacchinotto e messer Pazzino de' Pazzi e di 
loro giovani, e messer G^i Spini e de' suoi al 
castello della Pieve. £ pw levare ogni sospetto , 
il popolo mandò i caporali dell'altra parte a' con- 
fini a Sflrrezzano: ciò fu messer Gentile « messer 



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64 GI0TA.IIH1 TILtini 

Torrigiano e Carbone de' Cerchi, e di loro con- 
fiorti; Bascliiera della Tosa e de'suoi^ Baldinaccio 
degli Adìmari e de' suoi , Naldo de' Gherardiiii 
e de' suoi. Guido Cavalcanti e de' suoi, e Gio- 
vanni Giacotti Malespini ■ Ma questa parte vi 
stette mmo a' ctmfini', che lùrono revocati per 
. laiafermo luogo, e tohionne malato Guido Ca- 
valcanti, onde morto, e di luì fu grande dam- 
maggio, peroccliè era c^me filosofo, virtudioso 
uomo in jhÙ cosBj se non eh' era troppo tenero 
e sUtsoso . In questo modo 91 guidava U Bofitra 
cittì fortuneggiando . 

GAP. XLIIL 

Come papa Bonifazio mandò in Francia per 
messer Carlo di f^alos . ■ 

■ Tornato a corte dì papa il legato frate' Matteo 
d' Acquasparta, e iiìlumnato papa Bonifazio AA 
male sbat»' e dubitoso della città di Firenze, é 
poi p«^ le novità seguite dopo la partila del lef 
gatOjCome detto awmo, e per infestagidne é 
spQildie de' capitani di parte guelfa e de' detti 
confinati, ch'erano al castello della Pieve -jffféssd 
alla corte, e di messer Gerì Spini (eh' egli é' la - 
sua compagnia erano tttercatanti- di' papd' Bóni-^ 
faiaio, e del tutto gilidatori ) con loro ■precwtfcifr^ 
studio, e di messer Corso Donati che seguivtl '\9 
éorCe, sì prese per eoosiglio il detto papa Boiii-i 
fciBÌOj dì iìnandare per messer Carlo di ValoS 
fratello del redi Franati, per doppio interidi,mpiii 
lo; prioci|^almelitepe»: aiuto del re GbdIo per U 



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LIBRO I-OTTAVO C5 

gnerra di Cicilia , dando intendimento al re di 
Francia e al detto messer Carlo di farlo eleggere 
imperadore de'Romani, e di conferniarlo, o al- 
meno per autorità papale e di santa Chiesa di 
farlo luogotenente d'imperio per la Chiesa , per 
la ragione che ha la Chiesa vacante imperio ; e 
oltre a questo gli die' titolo di pacìario in Toscana , 
per recare colla sua forza la città dì Firenze al 
suo intendimento. E mandato in-Francia per le 
detto messer Carlo suo legato^ il detto messer 
Carlo con volontà del re suo fratello, venne, come 
innanzi diremo menzione,colla speranza d'essere 
imperad(»« per le promesse del papa, come detto 
avemo . 

CAP. XLiy. 

Come i guelfi Jiirono cacciati (f JgMio, e poi 

come ricoveraro la terra , e cacciarne i 

ghibellini . 

Nel detto anno di Maggio , la parte ghibellina 
d'Agobbit^ colla forza degli Aretini e de' ghibel- 
lini dellaMarca,per tradimento menato nella ter- 
ra,cacciarono i guelfi d'Agobbio e uccisonne assai; 
ma poi a dì ^4 di Giugno vegnente, ì guelfi usciti 
d'Agobbio colla forza de'Perugini entrarono in 
Agobbio, e ricoverarono loro stato, e cacciarne 
i ghibellini con grande danno e uccisione di \an . 



T. Ut. 



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66 CIOVAMKI TILLlHI 



Come la parte nera Juj-ono cacciatici Pistoia. 

Negli anni di Cristo !3oi del mese di Maggio, 
la parte bianca di Pistoia coU' aiuto e favore 
de'bianchi cbe governavano la città di Firenze , 
ne cacciarono la parte nera, è disfeciono le loro 
case, palazzi, e possessioni, intra l'altre una forte 
e ricca possessione di palazzi e torri ch'erano 
de' Cancellieri neri , che si chiamava Damiata. 

GAP. XLVI. 

Come gV InterminelU e loro seguaci furono cac- 
ciati di Lucca. 

Nel detto anno, e in quello tempo , essendo la 
città di Lucca molto (i6) insoUita per la muta- 
zione di Pistoia , e per le parti bianca e nera , la 
casa degl' InterminelU di Lucca co' loro seguaci 
Mordicastelli, eque' del Fendo, e altri di loro set- 
ta , i quali teneano parte bianca, e s' accostavano 
co' ghibellini pisani , credendo fare così in Lucca 
come i Cancellieri bianchi in Pistoia, sì uccisono; 
messer Obizzo degli Obizzi giudice . Per la qual 
cosa la città di Lijcca corse ad arme, e trovandosi 
la parte nera e' guelfi di Lucca più possenti , sì 
ne cacciarono di Lucca combattendo gl'Intermi- 
nelli e loro seguaci , e disfeciono le loro posses- 
sioni, e misonovfuoco nella contrada cbe si chia- 
mava il fondo di porta san Cervagio , e arsonvi 
\ ■ 



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LlBia OTTAVO 67 

più dì cento case . -E con si veane spandendo U 
raaladetU parte per Toscana . 

GAP. XLVII. 

Come i guelfi usciti di Genova per paoejurono- 
rimessi in Genova. 

Nel detto anno i Genovesi fèciono pace co'Gri- 
maldi e gli altri loro usciti guelfi e col re Carlo, 
e rìmisoogli in Genova , e riebbono il castello di 
Monaco che '1 teneano gli usciti, e colla forza del 
re Carlo faceauo grande guerra a' Genovesi . 

Nel detto anno fu guerra e battaglia tra ì Vero- 
nesi e '1 vescovo di Trento , onde ì Veronesi eb- 
bono il p^giore e furono sconfitti . E nel detto 
anno poco appresso > morì messer Alberto della 
Scala capitano e signore di Verona , e grande 
tiranno in Lombardia, e appresso di lui rimasono 
aignori messer Cane e gli altri figliuoli del detto 
messer Alberto , tutto fossono assai di piccola 
etade \ ma innanzi che morisse fece cavalieri sette 
tra' suoi figliuoli e nipoti , eh' avea U maggiore 
meno di dodici anni • 

CAP. XLVIII. 

Come apparve in cielo una stella cornata . 

Nel detto anno del mese di Settembre apparve 
in cielo una stella cornata con grandi raggi di fum* 
mo dietro, apparendo la sera dì verso il ponente, e 
durò ìufinoal Gennaio, della quale i sayì astrolagi 



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tSa GlorANNI VILLANI 

dissono grandi significaEÌoni di futuri pericoli e 
danni alla provincia d'Italia, e alla città di Firen- 
ze, e massimamente perchè la pianeta di Saturno 
equella di Marti in quello anno s'erano congiunte 
due volte insieme del mese di Gennaio e di Mag- 
gio nel segno del Leone, e la Luna scurata del 
detto mese di Gennaio simllemente nel segno del 
Leone , il quale s' attribuisce alla provincia d'Ita- 
lia . E bene asseguì la signìGcazione , come in- 
nanzi leggendo potrete comprendere ; ma sin- 
gnlarmente si disse , che la detta cometa signifi- 
cò r avvento di mesaer Carlo di Yalos, per la cui 
venuta molte rivolture ebbe la provincia d'Italia 
e ia nostra città di Firenze . 

GAP. XLIX. 

Come messer Carlo di F'alos di Francia venne 

a papa Bonifazio , e poi venne in Firenze e 

caccionne luparie bianca. 

Nel detto anno i3ot del mese di Settembre, 
giunse nella città d' Alagna in Campagna , ov'era 
papa Bonifazio colla sua corte, messer Carlo conte 
di Valos e fratello del re di Francia con più conti e 
baroni , e da cinquecento cavalieri irancescbi in 
sua compagnia , avendo fatta la via da Lucca ad 
Alagna sanza entrare in Firenze , perchè n' era 
sospetto; il quale messer Carlo, dal papa e da 'suoi 
cardinali fu ricevuto onorevolemente; e venne ad 
Alagna lo re Carlo e' suoi figliuoli a parlamen- 
tare con luì e a onorarlo ; e '1 papa il fece conte 
di Romagna . E trattato e messo in assetto col 



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LllSe OTTAVO 69 

pipa e col re Carlo il passaggio di Cicilia alla prì- 
niaTera Tenente , per la principale cagione per- 
ch'era mosso di Fraacia, il papa non dimenti- 
cato Io sd^oo preso contro alla parte bianca di 
Firenze, non volle cbe sc^gioraasse e vernasse io- 
vano, e per infestamento de'guelfl di Firenze, 
sì gli diede il titolo di paciaro in Toscana, e or- 
bila che tornasse alla città di Firenze. E così fè- 
- ce, colla sua gente e con molti altri Fiorentini e 
Toscani e Bomagnuoli , usciti e confinati di loro 
terra per parte guelfò e nera ■ £ venuto a Siena 
e poi a Staggia , que' cbe governavano la città di 
Firenze avendo sospetto di sua venuta , tennero 
più consìgli di lasciarlo entrare nella città q qo. 
£ mandandogli ambasciadori , e egli con belle e 
amichevoli parole rispondendo , come venia per 
loro bene e stato, e per mettergli in pace insieme; 
per la qual cosa quegli cbe reggeano la terra, tut- 
te foastHio a parte bianca , si vocavano e voleansi 
tenere guelfi , presono partito di lasciarlo venire. 
£ così il di d'Ognissanti i3oi, entrò messer Car- 
lo in Firenze, disarmata sua gente, faccendqgli i 
Fiorentini grande ontve , vegnendf^li incontro a 
processione, e con molti armeggiatori con bandie- 
re, e coverti i cavalli di zendadi. E luì riposato e 
soggiornato in Firenze alquanti dì , si richiese il 
comune di volere la signoria e guardia della dt- 
tade , e balia di potere pacificare i guelfi insieme. 
E ciò fii assentito per lo comune , e a dì 5 di 
Novembre nella chiesa di santa Maria Novella , 
essendosi raunati podestà, e capitano, e' priori , e 
tutti i consiglieri , e il vescovo , e tutta la buon% 
gente di Firenze ; e della sua domanda fatta , 



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<JO GIOTAItNI TILLAHI 

[H'oposta e dilibo^ta, e rimessa in Ini U4Ìgnoria e 
ta guardia della città. £ messer Carlo dopo U spo- 
sizione del suo (i^) aguzzetta , di sua bocca ac-> 
cettò e giurò , e come figliuolo di re promise dì 
eonserrare la città ìd paci&co e buono stato; e io 
scrittore a queste cose fui preaeote. Incontanente 
per lui e per sua gente fu fittto il contradìo , che 
per consiglio di messer Musciatto Franzesi^ quale 
infino d,i Francia era Tenuto per suo (i8)pedottOf 
siccom' era ordinato per gli guelfi neri , fece ar- 
mare sua gente , e innanzi che messer Carlo fossa 
tm-natò a casa, che albergava in casa i Frescobal» 
di oltrarno ;■ onde per la detta novitade di vedere 
i cittadini la sua gente a cavallo armala, la città 
lu tutta in gelosia e sospetto , e all' arme gran- 
di e pt^lani , ciascuno a casa de' suoi amici se-. 
condo suo podere , abbarrandosi la città in più 
parti . Ma a^ casa i pn<H^ pochi si raunarono , e 
quasi il popolo fu sanza capo , vedendosi traditi 
e ingannati i priori e colobo che r^geano il co- 
mone . In questo romore messer Corso de' Dona- 
ti , il quale era isbandito e nibello , com' era or- 
inato , il di medesimo venne in Firenze da Pe« 
retola , eoa alquanto seguito di certi suoi amici e 
masnadìa'i a pie, e sentendo la sua venuta i priori 
e' Cerchi suoi nemici , vegnendo a loro messere 
Schiatta de' Cancellieri, ch'era in Firenze, capita- 
no per lo ounune di trecento cavalieri soldati , e 
Tolea andare contro al detto messer Corso per 
prenderlo e per offenderlo; messer Vieri caporale 
de' Cwchi Bon acconsentì , dicendo : lasciatelo 
vemre, confidandosi nella vana speranza Ab\ pò- 
pedo, cbe'l punisse. Per la qual cosa il detto mes- 



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LtBKO OTTITO ^t 

ter Corso entrò ne' lioi|;hi della cittade, e tnwan- 
io 1« porte delle cerchie vecchie serrate , e non 
potendo entrare , 8Ì ae ne venne alla postierla da 
Pinti f eh' era di costa a san Piero maggiore , tra 
le sae case e quelle degli Uccellini, e qaella tra- 
vando serrata > cominciò a tagliare, e dentro per 
gli suoi amici fu fette il somigliante, sicché sann 
contasto fu messa in terra. E lui entrato dentro 
schierato in sa la piazza di san Piero maggiore , 
gli crebbe genti e seguito di suoi amici, gridando; 
viva messer Corso e 'l barone , ciò era messer 
Corso , che così il nomavano ; e egli- veggeodoà 
crescere fòrza e seguito , la prima cosa che 'fece , 
andò alle carcere del comune, eh' erano nelle- ca* 
ee de' Bastarì nella roga del palagio , e (juelle 
pn* fòrza aperse e diliberò i pregioni; e ciò fatto, 
il simile fece al palazzo della podestà, e poi a'prìo- 
tì, faecendoglì per paura lasciare la signorìa e tus 
-narsi a loro case. £ cim tutto -questo stracciamen- 
to cb cittade , messer Carlo di Valoe ni sua ^entc 
>non mise consiglio' Bè.rìpaTo> né attenne sarà*- 
mento o cosa promessa per luì . Per la qualeosa 
i tiranni e malfattori e isbanditì eh' enxtò nella 
Cittatle,' presa baldanfla, e essendo la ciUà scii^ e 
flansa signorìa . cominciarono a n^re i fendtchi 
« bott^be , e le case a chi era di parte bianca , e 
chi avea poco podere, con molti mieidii;, e'fediW 
£iccendo nelle persone dì-pià booni nomini dipar» 
te bianca . E durò questa -pestilnizia in città per 
cinque dì continui, «ou' grande mina delk terra* 
£ poi seguì in contado , andando le gualdane 
rubando e ardendo le case per piò di otto di, on- 
de in grande numero di bdle e ricche possesnoni 



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73 GIOT4HIII TlLbAMI 

fumao guaite e arse . £ cessata la detta ndua « 
ÌDMDdio , tnesser Carlo col suo consiglio rìiòrma- 
roDO^ la terra e la sigaorìa del priorato di popola- 
ni di .parte nera^ £ in quello medesiafo mese di 
Novembre , venne in Firenze il soiM-addetto lega- 
to del papa messer Matteo d' Acquasparta cardi- 
nale t per .pacificare i cittadini ìnneme , e fece 
'&re la pace tra que' della casa de* Cerchi e gli 
Adiitiarì e loro seguaci di parte bianca co' Donati 
e Pazzi e loro seguaci di parte nera , ordinando 
matrimoni tra loro: e volendo raccMnunare gli 
Dfici y qiH^li di parte nera o^ forza di mecser 
Carlo non lasciarono , onde il legato turbato sì 
tornò a corte , e lasciò interdetta la cittade . £ la 
detta pace poco durò, che avvenne il di di Pasqua 
di Natale presente , andando messer Niccola 
de' Cerchi bianchì al suo podere e molìna con 
suoi compagni acavallo , passando per la piazta 
di santa Croce , che vi si facea il predicare , Si- 
mile di messer Corso Donati , nipote per madre 
del detto me«ser Niccola , so^ìuto e confortato 
di mal fare , con suoi compagni e masnadieri se- 
guì a cavallo ìl.detto messer Njccola, e giugnendolo 
al ponte adA&ico l'assalì aHnhattK^dojper la qpal 
cosa il detto messer Niccola senza colpa o cagio- 
ne > né guardandosi di Simone , .dal detto suo 
nipote fu morto e atterrato da Cavallo ■ Afa conia 
piacque a Dio, la pena fu appanecchiata alla.colpa, 
che fedito il detto Simone dal detto messer Niccola 
per lo fianco., la notte presente morie, onde tutto 
Ibsse giustu! giadicio , fu tenuto grande danno » 
che '1 detto SiijDpne era il più compiuto, e rirtur 
dioso donzello di Firenze t. e da venire in ofag- 



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Liaao OTTAVO 73 

pare predio e stato , ed era tutta la ^tefvifa del 
wo paJdre mesfier Corso , il quale della sua alle- 
gra tornata e vittoria , ebbe in lu-ìeTe tempo do- 
Joroao principio di suo futuro abbassamento . la 
quesito .tempo poco appresso , non possendo la 
•ciUà di Firenze posare , essendo .pregna dentro 
del veleno della setta de' bianchi e aeri , conven- 
no che. partonsse decoroso fine ; onde avvenne 
che r Aprile vegnente con .ordine e con trattato 
fatto per gli neri ^ uno -barone di messer Carlo, 
eh' avea nome messer Piero Ferrante di Lingua- 
doca, cercò cospirazione co'detti della casa de'Cer- 
chì , e con Baldinaccìo degli Àdimari, e Bascfaiera 
de' Tosiughi, e Waldo Gberardini» e altri loro 
seguaci di parte bianca, di volergli con suo se- 
guito e di sua gente rimettere in istato e tradire 
messer Carlo, con grandi impromesse di pecunia: , 
onde letter,e e co'loro suggelli furono fiitte, ovvero 
falsificate, le quali per lo detto messer Piero Fer- 
rante, com' era ordinato, furono portate a messer 
Carlo. Per la qual cosa i detti caporali di parte 
l>ìanca,ciò furono tutti quagli della casa de 'Cerchi 
tiianchi di porte san Piero, Baldinaccio e Corso 
degli Àdimari, con quasi tutto il lato df' Belljn- 
cionì,.Naldo de'Gberardini col suo lato della casa, 
Bascbierad«'Tosing}ii col suo lato della detta casa, 
alquanti di casa i Cavalcanti, Giovanni Giacotto 
Malispiui e suoi consorti, questi furono i capo^ 
rali che furono citati, e non comparendo, p^i^ 
tema del malificio commesso, per tema di non, 
perdere le persone sotto il detto inganno, sì 
pcrtiro della città, accompagnati da' loro avver- 
sari ; e chi u' andò a Pisa, e chi ad Arezzo e Pi* 



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^4 GIOVARItl VILLANI 

etoia, accompagnandosi co' ghibellini e nìniid 
de' Fiorentini . Per la qual cosa fiir(»io condan- 
nati per messer' Carlo come ribelli, e disfatti i 
loro palazzi e beni in città e in contado, e coai 
di molti loro s^uaci grandi e pppobni . £- p«r 
ijuesto modo fu abbattuta e cacciata di Firenze 
l' ingrata e superba parte de' bianchi, con seguito 
di molti ghibellini di Firenze, per messer Carlo 
di Valos di Francia per la commissione di papa 
fioniiàzio, a dì 4 d'Aprile i3o3, onde alla nostra 
città di Firenze seguirono molte rovine e pericoli, 
come innanzi per gli tempi potremo leggendo 
comprend^'e . 

GAP. L. 

CoTne messer Carlo di f^alos passò in Cicilia 

per fare guerra per lo re Carlo j efifie 

ontosa pMce . 

Nel detto anno i3oa del mese d'Aprile, mes- 
ser Carlo di Vaio» fornitoin Firenze quello perchè 
era venuto , cioè sotto trattato di pace cacciata la 
parte bianca di Firenze, si parti e andonne a 
corte, e poi a Napoli ; e là trovato lo stuolo e ap- 
parecchiamento fatto pOT lo re Carlo, dii più di 
cento tra galee e uscieri e legni grossi sanza i sot- 
tilijper passare in Cicilia, si si ricolse in mare, e 
in sua compagnia Ruberto duca di Galavra figtiuo- 
to del re Carlo , con più di millecinquecento 
Cavalieri. E apportato in Cicilia, scese in terra 
per guerr^giare l'isola, ma don Federigo d'Arao- 
na signore di Cicilia, non possendo resistere né 



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LISRO OTTATO 75 

comparire alla forza di' messer Carlo io mare nà 
in terra, co'suoi Catalani si mise a fare (19) guerra 
guerriata a messer Carlo^ andandogli fuggendo in- 
nanil di luogo in luogo, e tal(»^ di dietro a ìm- 
p^irgli la vittuaglia, per modo, che in poco 
tempo sanza acquistare terra neuna di rinomo , 
se non Termole, messer Cario e sua gente furono 
per malattia di loro e de'cavalli, e per dìffiilta di 
vittnaglia, quasi straccati . Per la qual cosa per 
neceasitade convenne che sì partisse con suo poco 
oDCve. £ reggendo che altro non potea, meaaer 
Carlo sansa saputa del re Carlo tedino una dis- 
simulata pace con don Federigo , cioè eh' ^U 
prendesse per mt^lie la filinola del re Carlo detta 
Alienora , e che, quando la Chiesa e '1 re Carlo 
gli atassono acquistare altro reame, ch'egli lasce- 
rebbe a queto al re Carlo l' isola di Cicilia ; e se 
non, si ìz dovesse tenere per dote della m<^lie 
tutta sua vita, e appresso la sua morte i suoi fi- 
glìuoli lasciare l'isola al re Carlo o a sue redc, 
dando loro centomila once d' oro . La qual cosa 
fatta, e promessa e giurata pwle partì, e tornato 
messer Carlo coU'armata a Napoli , e mandatagli 
la figliuola del re Carlo, sì la sposò ; jua poi di 
promessa fatta nulla s' ass^aio: e cosi per. con- 
tradìo sì disse per motto: messer Carlo venne in 
Toscana per paciaro , e lascio il paese in giterrai 
e andò in dàlia per fare guerra, e resonno 
vergognosa pace. Il quale il Novembre vegnente 
n tornò in Francia^scemata e consumata soa geot« 
e con poco (more . 



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7^ 610TAHK1 TlLLAHl 

GAP. LI. ' 

Come si cominciò la (ao) compagna di Rommtia . 

. Nel detto anno i3oa, partito messer Carlo di 
Ckilìa e rimasa l'isola in pace, una grande genttt 
di soldati catalani, genovesi, e altri italiani stati 
in Cicilia alla detta guerra per l'una parte e per 
r altra , si partirono di Cicilia con Tenti galee e 
altri legni, onde feciono loro capitano ano frate 
Buggeri dell' (Mrdiae de' tempieri, uomo dissoluto, 
e di sangue, e crudele, e passarono in Romania 
per conquistare terra , e puosonsi nel reame di 
Salooie e quello dìstrussono, e guastarono la 
Grecia infino in Costantinopoli,e crescendo il loro 
podere d' (^ni colletta di gente latina , fuggitivi , 
dissoluti, e paterini, e d'c^ni setta scacciati, 
viveudo (31) iUibitamente fuori d'ogni legge, si 
chiamaro la compagna, stando e vivendo in 
corso e in guerra alla roba d' ogni uomo; e eia 
che acquistavano era comune, distruggendo e ru- 
bando ciò che trovavano , sanza ritenere città , 
castella , casale che prendessono, ma quelle ru- 
bate, ardendo e guastando. E così durò la detta 
dissoluta compagna più di dodici anni , uccidendo 
più loro 8Ìgaori,e rìmutandogli in poco tempo chi 
più avea seguito o podere. Alla fine tornaro sopra 
le terre del dispoto, cioè il reame di Macedonia, 
e quelle distrussono ; e poi ne vennero nel ducato 
d' Atena, e rubellarsi dal conte di Brenna ch'era 
duca d'Atena, e loro capitano e signore, e per 
quistioni da lui a loro si combatterono insieme , 



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LIBRO OTTATO 77 

e scoDfissono il detto duca loro signore , e a luì 
tagliarono la testa, e presono le terre sue, e di 
quelle della M orea ; e quelli signoraggi tra loro si 
partirono; e disabitarono e dìstrussono gli anti- 
chi fiì de' Franceschi, che que' signoraggi te- 
neano, e le loro donne e Ggliuole che a loro 
piacquero, ritennero, e le presono per mogli , e 
rìmasoDo abitanti e paesani della terra. E cosi le 
delizie de'Latini , acquistate anticamente per gli 
Franceschi,! quali erano i piùmorbidi e (a3)meglio 
stanti che in nullo paese del mondo, per così dis- 
soluta gente furono distrutte e guaste. Lasceremo 
de'£ktti di Romania e di Cicilia, e torneremo alle 
novità che sursooo in Firenze e in Toscana, per' 
la cacciata de* bianchi di Firenze . 

GAP. LII. 

Come i Fiorentirà e' Lucchesi fidano oste sopra 

la città di Pistoia, e come ebbonoper as- 

sedia il castello di Serravalle . 

Nel detto anno i3o3 del mese di Maggio, es-' 
sendo la città di Pistoia ribellata a' Fiorentini e 
a'Lucchesi per la cacciata de' bianchi di Firenze 
e degli Interminelli di Lucca, e parte di loro detti' 
usciti ridotti in Pistoia per fare guerra^ il comune 
di Firenze e quello di Lucca di concordia feciono 
oste alla città di Pistoia, e furonvi dì Firenze tra 
cavallate e soldati mille cavalieri e seimila pedo- 
ni , e di Lucca più di seicento cavalieri e bene' 
diecimila pedoni; e la città di Pistoia guastarono 
intorno intorno, standovi ad assedio per ventitré' 



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^8 CIOVAKNI VILLANI 

dì. Deatro a Pistoia era messer Tolosato degli 
Uberti loro capitano di guerra con trecento cava* 
lieri , e guardò e difese bene la cittade. Alla 6ne 
veggendo i Lucchesi che la stanza di Pistoia era 
speranza vana dì potere per forza o per assedio 
arere la città, s'accordare di ritrarsi addietro con 
loro oste, e di porsi all'assedio del castello di 
Serravalle , ch'era dé'Pistolesi ed era molto forte; 
e cosi fu fatto . E al detto assedio rimasono le due 
sestora delle cavallate di Firenze, rimutandosi a~ 
tempo a tempo con parte dì loro soldati e gente 
a pie assai, tenendo ì Fiorentini il loro campo di 
Terso Pistoia . E quello castello combattuto, e con 
più dificii grossi che gettavano dentro macerato , 
ma per tutto ciò non s'arrendea, perchè dentro 
v'avea più di quattrocento de' maggiori e de' mi- 
gliori cittadini di Pistoia, i quali difendeano il 
castello, e al continuo assalivano il campo vigoro- 
samente, alla fine per mala provvisione di vit- 
tuaglia a tanta gente , quanta avea dentro tra 
Pistoiesi e terrazzani e forestieri, ch'era più di 
milleduecento uomini, sanza le femmine e' fan- 
ciulli, fallì loro; per la qual cosa per necessità di 
vivanda s'arrenderono pregioni al comune di Luc- 
ca, a dì 6 di Settembre del detto anno; onde più 
di trecento Pistoiesi u' andarono legati pregioni 
alla città di Lucca , e gli altri terrazzani rimasono 
fedeli de 'Lucchesi, i quali Lucchesi vi feciono 
una nuova e forte rocca dalla parte loro di Valdi- 
uievole, e uno grosso muro dalla rocca vecchia di 
qua ov'è la pieve alla ^f^ova,per tenere meglio il 
detto castello a loro ubbidienza, recandogli al loro 
contado. 



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LIBKO OTT4YO 



GAP. LUI. 



Come i Fiorentini ebbono il castello di Piantre- 

vigne e più altre castella eh' aveano 

rubellate i bianchi . 

Nella stanza del detto assedio di Pistoia sì ru- 
^ bello a' Fiorentini il castello di Piantrevigne ia 
Valdarno, per Carlino de' Pazzi di Valdarno , e 
in quello col detto Carlino si rincliìusono de'mi- 
gliorì\nuoTÌ usciti bianchi e ghibellini di Fii;enze 
grandi ^ popolani, e faceano grande guerra nel 
Valdanio; la qual cosa fa cagione di levarsi l'oste 
da Pi^toia^ lasciando i Fiorentini il terzo della 
loro gente all' assedio di Serravalle in servigio 
de' Lucchesi , come detto avemo , e tutta 1' altra 
oste tornata in Firenze , sanza soggiorno n' anda- 
rono del mese di Giugno in Valdarno -e al detto 
castello di Piano , e a quello stettono e assedia- 
rono per ventinove dì . Alla fine per tradimento 
del sopraddetto Carlino, e per moneta che n'ebbe, 
i Fiorentini ebbouo il castello . Essendo il detto 
Carlino di fuori , fece a' suoi fedeli dare 1' entra- 
ta del castello, onde molti vi furono morti e pre- 
si, pure de'migliori usciti di Firenze. E ciò fatto, 
tornati a Firenze con questa vittoria f sanza sc^- 
giorno andarono popolo e cavalieri di Firenze in 
Mugello sopra i sonori Ubaldini, i quali co'bian- 
chì e co' ghibellini s* erano ribellati al comune 
di Firenze, e guastarono i loro beni di qua dall'Al- 
pe e di là . E tornati in Firenze, la state medesi- 
ma cavalcarono in Valdigrieve sopra il castello 



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80 eiOVAHNI TILLAHI 

di Montagliarì e dì Muntaguto, i quali areaoo ru- 
bellati que' della casa de' Gherardiui ^ eh' erano 
dì parte bianca, e quelle due castella s'arrendero- 
no a patti f salve le persone, al comune di Firen- 
ze , le quali il comune di Firenze fece disfare. E 
net detto anno- ebbono i Fiorentini gran vittoria 
in ogni loro oste e cavalcata che fecero , benav- 
venturosamente , perseguitando in ogni parte gli 
usciti bianchi e' ghibellini con loro distruzione. 

GAP. LIV. , 

Come V isola d' Ischia gitto /naraviglìosojitoco. 

Nel detto anno i303, t' isola d'Ischia, la quale 
è presso a Napoli , gittò grandissimo fuoco per la 
sua (aS) solfaneria, per modo, che gran parte 
dell' ìsola consumò, e guastò infino al girone d'I- 
schia; e molte genti e bestiame e la terra medesi- 
ma per quella pestilenza morirono e si guastarono. 
E molti per iscampare fuggirono all' ìsola dì Pro- 
cita e a quella dì Capri, e a terra ferma a Napoli , 
e a Baia , e a Pozzuolo , e in quelle contrade; e 
durò la detta pestilenza più di due mesi . Lasce- 
remo alquanto de' nostri fatti di Firenze e di 
que'd'Italia, e faremo incidenza e digressione per 
raccontare grandi e maravigliose novitadi , che a 
questo tempo avvennero nel reame di Francia, 
cioè nelle partì di Fiandra, le quali sono bene da 
notare e da iàrne ordinata memoria nel nostro 
trattato . 



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LlaaO OTTAVO OI 

GAP. LV. 

Come il popolo minuto di Sruggia si rubellò dal 
re di Francia, e uccisono i Franceschi . 

Come Doi lasciammo addietro nel capìtolo , 
che '1 re di Francia ebbe al tutto la signoria di 
Fiandra , e in sua pregione il conte e' due suoi 
figliuoli r anno i agg, e lasciato guernito di sua 
gente e di suoi bali! il paese, e che gli artefici 
minuti di Brucia, come sono tesserandoli, e fol- 
loni di drappi, e beccari , e calzolai , e altri, fo»- 
sono aditi a ragione , per la loro petizione data 
allo re, e addirizzati di loro pagamenti per gli loro 
lavorìi, e dell' assise della terra, le quali erano 
loro incomportabili; la detta gente della comune 
non fu udita né addirizzati; ma i balli del re, a 
preghiera de' grandi borgesi e per loro moneta , i 
caporali de'detti artefici e popolo minuto,i quali e- 
rano i principali Piero leRoy te83eraudoIo,e Giam- 
brida beccaio,coD pii^ di trenta de'maggìori diloro 
mestieri e arti, misono io pr^ìooe in Bniggia. 
E nota che'l detto Piero le Roy fu il capo e com- 
movitore della comune , e per sua franchezza fu 
soprannominato Fiero le Roy , e ìd Fiammingo 
Konicheroy , cioè Piero lo re . Questo Piero era 
tessitore di panni povero uomo, ed era piccolo di 
persona e sparuto, e cieco dell'uno occhio, e d'età 
di più dì sessant'anni; lingua francesca né latina 
non sapea, ma in sua lingua fiamminga parlava 
meglio, e pili ardito e stagliato che nullo di Fian- 
dra; e per lo suo parlare commosse tutto il paese 



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Ss GIOTANHI TILLi.NI 

alle grandi Èose che poi seguirò, e però è bene 
ragione di furè di lui memoria . £ per la presa di 
lui e de' suoi compagni il popolo minuto di Brug- 
gia corsono la terra e combatterono il borgo, cioè 
il castello ove stanno gli schiavini e rettori della 
terra, e uccisero de' borgesi, e per forza trassono 
di pr^ione i loro caporali . £ e io fatto , di questa 
querela si fece triegua e appello a Parigi dinanzi 
al re, e durò bene uno anuo la quistioue; e alla 
fine per moneta spesa per gli grandi borgesi di 
Fiandra intorno alla corte del re, il popolo minuto 
ebbono la sentenzia incontro; onde venuta la no- 
vella a Bruggia, que' della comuna si levarono da 
capo a rumore e ad arme ; ma per paura delle 
masnade e de' grandi boi^si sì partirono di Brug- 
gia, e andarne alla terra del Damo ivi presso a tre 
miglia, e quella corsono, e uccisouo il balio e' ser- 
genti che v' erano per lo re, e rubarono i grandi 
borgesi della terra, e ucciserne; e ciò fatto, come 
gente disperati e in furia, vennero alla terra 
d'Andiborgo e feciono il simigliante ; e poi ne 
vennero al maniere del conte che sì chiama Mala, 
presso a Brucia a tre miglia, che v'era dentro 
il balio di Bruggia e da sessanta sergenti del re, .e 
quella fortezza per forza presono,e sanza miserìcor- 
dia o redenzione, quanti Franceschi dentro avea 
misero a raorte.Igrandi borgesi diBruggia veggen- 
do così adoperare e crescere la forza al minuto po- 
polo, temettono di loro e della terra; incontanen- 
te mandarono in Francia per soccorso : per la qual 
cosa lo re incontanente vi mandò messer Giacomo 
di san Polo sovrano balio di tutta Fiandra, con 
millecinquecento cavalieri francescbi, e con ser- 



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' LIBRO OTTAVO 83 

genti assai j e giunti a Bruggia, preaono e furnirono 
i palagi dell' Àlk del comune e tutte le fortezze 
della terra, con guernigioni di loro genti d'arnie, 
stando la terra dì Bruggia in grande sospetto e 
guardia . £ crescendo la forza e l'ardire al minuto 
popolo, come piacque a Dio, per pulire il peccato 
delta superbia e avarizia de' grandi boi^esi e ab- 
battere l' oi^oglio de'Francescbi, quegli artefici 
e popolo minuto ch'erano rimasi in Bruggia , 
feciono tra loro giura e cospirazione di disperarsi 
per uccidere i Franceschi e' grandi baiasi , e 
mandarono per gli loro isfuggiti alla terra del 
Damo e a quella d'Andiho^o, ond' erano loro capi 
e maestri Piero le Ro j e Giambrida,che venissono 
a Bruggia , gli quali cresciuti in baldanza per la 
vittoria e uccisione per loro cominciata contro 
a'Franceschi, a bandiere levate , e le femmine 
come gli uomini , vennero in Bruggia la notte 
di com'era ordinato; e poteanlo fare, peroc- 
ché lo re avea latti abbattere i fossi e porte di 
Bruggia . £ giunti nella terra , dandosi nome con 
que' d' entro , e gridando in loro linguaggio fiam- 
mingo , che da'Franceschì non erano intesi , viva 
la comune , e alla morte de' Franceschi , abbar- 
raro le rughe della terra . Per la qual cosa si 
cominciò la dolorosa pestilenzia e morte de'Fran- 
cescbi, per modo, che qualunque Fiammingo avea 
in ma casa nullo Francesco, o 1' uccideva , o 'i 
menava preso alla piazza dell'Alia, ove la comune 
era rannata e armata , e lìt gìugnendo i presi , 
come tonnina in pezzi erano tagliati e morti . 
Sentendo i Franceschi levato il romore , e arman- 
doti par ratinarsi insìeine , si trovavano da' loro 



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8^ C10VA.NIII TILLàiri 

osti tolti ì freoi^e le selle de' cavalli oascose. 
E più ne faceaoo le femmine cbe gli uomini , e 
chi era mootato a cavallo trovava le rughe abbar- 
rate , e gittati loro i sassi dalle finestre , e morti 
per te vie . E così durò tutto il giorno la detta 
persecuzione, ove morirono, cbe con ferri, e che dì 
sassi , e d' essere gittati gli uomini dalle finestre 
delle torri e palazzi dell'Alia, ov' erano in fortez- 
za più di milleduecento Franceschi a cavallo , e 
più di duemila sergenti a piede,onde tutte le rughe 
e piazze di Bruggìa erano piene di corpi morti , e 
dì sangue e carogna de' Franceschi , che più di 
tre dì gli penarono a sotterrare j portandoli in 
carra fuori della terra,e gittandogli in fosse a'cam- 
pi ; e de' grandi borgesi assai vi furono morti , e 
tutte loro case rubate . Messer Giacche di san Polo 
con pochi fuggendo scampò , perchè abitava pres- 
so all' uscita della terra j e questa pestìlenzia fa 
del mese di .... gli anni di Cristo i Sol . 

CAP. LVI. 

Della grande e disavventurosa sconfitta eh' eÒ- 
bono i Franceschi a Coltrai da'FiamnùngM. 

Dopo la detta rubellazione di Bruggìa e morte 
de' Franceschi, i maestri e capitani della comune 
dì Bn^gia, parendo loro avere fatte e cominciate 
grandi imprese, e grande misfatto contro al re di 
Francia e sua gente, e considerando dì non po- 
tere per loro medesimi sostenere sì gran fascio , 
essendo sanza il loro signore e sanza altro aiuto , 
sì mandarono io Brabante per lo giovane Gui> 



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LIBRO OTTAVO. 85 

glielmo di Gìiilierì^ fratello dell' altro messer-Giii- 
glielmo dì Giulieri che mori per la aconfitta di 
Fornes ad Arazzo io pregiooe del conte d'Àrtese, 
come addietro facemmo menzione. Questo Gui- 
glielmo era nato per madre della figliuola del 
vecchio conte Guido di Fiandra , e figliuolo del 
conte di Giulieri di Valdireno, ed era gran che- 
rico. Si tosto come fìi richesto da que'di Bruggìa 
per vendicare il suo fratello da' Franceschi, lasciò 
la chericia e venne in Fiandra, e da que'di Brug- 
gia fu ricevuto a grande onore , e fatto loro signo- 
re. Incontanente fece gridare oste sopra la villa 
e terra di Ganto, che si tenea per Io re; ma la 
terra era forte delle più del mondo per sito e per 
mura, fòssi, e riviere, e paduli, sicché il loro as- 
salto fu invano; onde si partirono e andarono 
alle terre del franco di Bruggia delle marine di 
Fiandra , e quelle quasi tutte con poca iktìca re- 
caro in loro signoria , come fu le Schiuse, 
Nuovoporto, e Berg, e Fornes, e Gravalingua , 
e più altre ville ; onde gran popolo crebbe a 
que' di Bruggia. £ ciò sentendo il giovane Guido 
figliuolo del conte diFìandra della seconda donna, 
nato della contessa di Namurro, venne in Fian- 
dra, e'accozzossi con Guiglielmo di Giulieri suo 
nipote, e furono insieme fatti signori e guidatori 
del popolo di Fiandra ribello del re di Francia ; 
e tornando dalle terre delle marine , ebbono a ' 
patti Guidendalla , il ricco maniere del conte , 
ov' avea più di cinquecento Franceschi . E ciò 
fatto , venne messer Guido a oste sopra Coltrai 
con quindici migliaia di Fiamminghi a pie , e 
ebbe la terra, salvo il castello del re, ch'era molto 



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AG GioTiMm Tii.LA.ni 

ferte e gueruito di Francetchi a cavallo e a pie . 
Guiglielmu di Giulieri andò all'assedio al castello 
di Cassella cou parte dell' oste, e in questa stanza 
quegli della teira d' Ipro e di Camoa di 1<n-o vo- 
lontà s' arrenderò a messer Guido di Fiandra , 
onde crebbe gran podere a' Fiamminghi , e in- 
grossossi r oste a Coltrai . Quegli del castello 
che v' erano per lo re, si di fenduano, francamente, 
e con loro ingegni e dificii, disfeciono e arsone 
gran parte della terra di Coltrai ; ma per lo im- 
provviso assedio de' Fiamminghi non erano guer- 
uiti di vittuaglia quanto bist^nava loro ; e però 
mandarono in Francia al re per soccorso (a4) t^o 
stano,onde il re sanza indugio vi mandò il buono 
conte d* Artese suo zio e della casa di Francia , 
con più di settemila cavalieri gentili nomini, 
conti, e duchi, e castellani, e banderesi, onde 
de' caporali &remo menzione, e cou quarantamila 
sergenti a pie, de' quali erano più di diecimila 
balestrieri . E giunti sottra il colle il quale è di 
contro a Coltrai, verso la via che va a Tornai, 
in su quello s'accamparono, presso del castello 
a mezzo miglio. E per fornire le spese della co- 
minciata guerra di Fiandra, lo re di Francia per 
malo consiglio di messer Biccio e Musciatto Frane 
zesi nostri contadini,sì fece peggiorare e falsi6care 
la sua moneta, onde traeva grande entrata, pe- 
rocché ella venne peggiorando di tempo iu tera' 
{H>, sicché la recò alla valuta del terzo , onde 
molto ne fu abominato e maldetto per tutti i 
cristiani, e molti mercatanti e prestatori di nostro 
paese, ch'erano con loro moneta in Francia, ne 
riraasono diserti . Il buono e valente giovane mes- 



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LIBRO OTTAVO 8'J 

ser Guido di Fiandra, reggendo l'esercito de'Pran- 
cescbi a cavallo e a pie che gli erano venuti ad- 
dosso , e conoscendo ch'egli non potea schifare la 
battaglia , o abbandonare la terra di Coltrai e V as- 
sedio dei castello, che lasciandolo e tornando a 
Bruggia col suo popolo era morto e conlìiso, sì 
mando per messer Guiglielmo di Giulieri eh' era 
all' assedio di Cassella , che lasciasse 1' assedio, e 
colla sua oste venisse a lui , e cosi fu fatto ; e tro- 
varsi insieme con ventimila uomini a pie , che 
nullo v' avea cavallo per cavalcare se non i si- 
gnori . E diliberato al nome di Dio e di messer 
san Giot^io di prendere la battaglia , uscirono 
della terra di Coltrai , e levarono il loro campo , 
eh' era di là dal fiume della Liscia , e passarono 
in su uno rispianato poco di fuori della terra , per 
lo cammino che va a Ganto , e quivi si scbieraro 
incontro a' Franceschi ; ma segacemente presono 
vantaggio , che a traverso di quella pianura corre 
uno fosso , che raccoglie 1' acque della contrada e 
mette nella Liscia , il quale è largo il più cinque 
braccia e profondo tre, e sanza rilevato che si paia 
di lungi , che prima v' à altri su , che quasi a' ac- 
corga che v' abbia fossato ■ In su quello fosso dal 
loro lato si scbieraro a modo d' una luna corse an- 
dava il fosso , e nullo rimase a cavallo , ma cia-> 
senno a pie , cosi i signori e cavalieri come la cor 
mune gente , per difendersi dalla percossa delle 
schiere de' cavalli de' Franceschi , e ordinarsi uno 
con lancia ( che l'usano ferrate, tegnendole a gui- 
sa che si tiene lo spiedo alla caccia del porco sali 
vatico ) e uno con uno grande bastone noderuto 
come manica dì spiedo , e dal capo grosso ferrato 



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88 eiOTANNl TILLIRI 

e pantaguto , legato con anello di ferro da ferire 
e da forare ; e questa saWaggia e grossa armadura 
cbiamaoo godeodac, cioè in nostra lingua, buono 
giorno . E così (35) aringati uno ad uno , che al- 
tre poche arraadure aveano da oifeodere , o da 
difendere come genti povere e non usi in guerra , 
come disperati di salute , considerando il grande 
podere de' loro nimici , si toIIoqo innanzi condu- 
cere a morte al campo , che fuggire e essere presi 
e per diversi tormenti giudicati : feciono venire per 
tutto il campo uno prete parato col corpo di Cri- 
sto , sicché ciascuno il vide y^ io luogo di comu- 
nìcarsi , ciascuno prese un poco di terra e si mise, 
in bocca . Messer Guido di Fiandra e messer Gui- 
glielmo di Giulieri andavano dinanzi alle schiere 
confortandogli e ammonendo di ben fare , ricor- 
dando loro l'orgi^lio e superbia de'Franceschi, e'I 
torto che facevano a'ioro signori e a loro^e a quello 
che verrebbono per le cose iatte per loro, s'e'Fran- 
ceschi fossono vincitori : e mostrando loro ch'essi 
combatteano per giusta causa , e per iscampare 
loro vita e di loro figliuoli , e che francamente do- 
vessero principalmente intendere pure a ammaz- 
zare e fedire ì cavalli . E messer Guido di sua 
mano in su i campo fece cavaUere il valente Pie- 
ro le Roy con più di quaranta della comune, pro- 
mettendo , se vincesBono , a ciascuno dare re- 
taggio di cavaliere . Il conte d'Artese capitano e 
duca dell' oste de' Franceschi , reggendo i Fiam- 
minghi usciti a campo, fece stendere il campo 
suo , e scese più al piano contro a' nemici , e ordi* 
nò i suoi in dieci schiere in questo modo : che 
iklla prima fece guidatore messer Gianni di Bar- 



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tlBItO OTTATO 69 

ìàa con millequattrocento cavalieri soldati , Pro- 
venzali , Guasconi , Navarresi > Spagnuoli , e Lom- 
bardi , molto buona gente : della seconda fece con- 
duttore messer Rinaldo d' Itria valente cavaliere 
con cinquecento cavalieri : la terza schiera fa di 
settecento cavalieri, onde fu capitano messer Bau 
di Niella , conestabile di Francia: la quarta bat- 
taglia fu di ottocento cavalieri , la quale guidava 
messer Luis di Chiermonte della casa di Francia : 
la quinta il conte d' Artese generale capitano 
con mille cavalieri : la sesta il conte di san Polo 
con settecento cavalieri : la settima il conte d'Ai- 
bamala,eil contedi Du, e il ciamberlano di 
Francavilla con mille cavalieri : l' ottava con- 
dusse messer Ferri figliuolo del duca del Loreoo, 
e il conte di Sassooa con ottocento cavalieri : la 
nona battaglia guidava messer Gottifredi fratello 
del duca di Brabante , e messer Gianni figliuola 
del conte d'Analdo con cinquecento cavalieri bra- 
ttanzoni e anoieri : la decima fu di duecento ca- 
valieri e di diecimila balestrieri, la quale guidava 
messer Giacche di san Polo , con messer Simone 
di Piemonte , e Bonifazio di Mantova , con più 
d' altri trentamila sergenti d' arme a pie , Lom- 
bardi, Franceschi, e Provenzali, e Navarresi, detti 
bidali , con giavellotti . Questa fu la più nobile 
oste di buona gente che mai facesse il detto re di 
Francia , dov' era il fiore della baronia e baccel- 
leria de' cavalieri del reame di Francia , di Bra- 
bante , d'Analdo , e di Valdireno . Essendo arin- 
gate le battaglie dell' una parte e dell' altra per 
combattn-e , messer Gianni di Barlas , e messer 
Simone di Piemonte , e Bonifazio , capitani di 



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gO GIOVANlfl TILLAHI 

soldati e balestrieri forestieri, molto sarì e costuma' 
ti di guerra, furono al coneatabile e dissono : Sire, 
per Dio lasciamo vincere questa disperata gente 
e popolo de' Fìamrmnghi , sanza volere mettere a 
pericolo il fiore della cavalleria del mondo . Noi 
conosciamo i costumi de' Fiamnùnghi : e' sono 
usciti di Coltrai come dicroti d' ogni salute , 
o per combattere o per Jìiggìrsi ; e' sono accanta 
pati di Juori , e lasciati nella terra i loro pò- 
veri arnesi e Uvanda . f^ai starete schierati colla 
vostra cavallerìa , e noi co' nostri soldati che son 
usi di fare assalti e correrie , e co' nostri bale- 
strieri e con gli altri pedoni , che ne avemo due 
cotanti di loro ; enterremo tra laro e la terra di 
Coltrai , e gli assaliremo da più parti , e terrem- 
gli in badalucchi e schermugi gran parte del di . 
J Fiamminghi sono di gran pasto ^ e tutto dì 
son usi di mangiare e di bere , tegnendogli noi in 
bistento e digium,si straccheranno e non potran- 
no durare , perchè non si potranno rinfrescare ; 
si partiranno dal campo a rotta da loro schiere , 
e come voi vedrete ciò, spronate loro addosso con 
vostra cavalleria , e avrete la vittoria sanza pe- 
riglio di vostra gente . E di certo coal veniva 
fatto , ma a cui Iddio vuole male gli toglie il sen- 
no , e per le peccata commesse si mostra il giudi- 
ciò di Dio : e intra gli altri peccati , il conte d'Ar- 
tese avea dispregiate le lettere di papa Booi&zio, 
e con tutte ìs bolle gittate nel fuoco . Udito que- 
sto consiglio il conestabile , sì gli piacque e parve 
buono, e venne co' detti conestabili al conte 
d'Artese , e dtsseglì il consiglio , e come gli parea 
il migliore : il conte d' Artese ri^uose per rim- 



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LIBRO OTTAVO 91 ' 

protxia : f^us dwble ; ces soJtt des conseiUes des 
Lumbards > et vous connetable avez encore dii 
poil de loup: cioè volle dire ch'e'oon fosse leale al 
re y perchè la figliuola era moglie di messer Gui' 
glielmo dì Fiandra . Allora il conestabile irato , 
per lo rinaproccio udito , disse al conte : Sire , si 
vous verrez ou f irai , i/ous irez bien avant : e 
come disperato , stimandosi d' andare alla morte y 
fece muovere sue bandiere , e (26) brocciò a fe- 
dire francamente , non prendendosi guardia ', né 
sappiendo del fosso a traverso dov'erano schiera- 
ti i Fiamminghi , come addietro facemmo men- 
zione . E giugoendo sopra il detto fosso , ì Fiam- 
minghi che' erano dall' una parte e dall' altra , 
cominciarono a fedire di loro bastoni detti goden- 
dac,alle teste de' destrieri , e iàceangli (ay) rir 
vertire e ergere addietro . Il conte d' Artese e 
r altre schiere e batàiglie de' Franceschi reggen- 
do mosso a fedire il conestabile con sua gente , il 
seguirò r uno appresso 1' altro a sproni battuti , 
credendo per forza de' petti de' loro cavalli rom- 
pere e partire la schiera de' Fiamminghi, e a loro 
avvenne tutto per contrario , che per lo pingere e 
urtare , i cavalli dell' altre schiere per forza pio- 
sono il conestabile , e 'l conte d' Artese , e sua 
schiera a traboccare nel detto fosso 1' uno sopra 
r altro : e '1 polverio era grande , che que'di die- 
tro non poteano vedere , né per lo romore de'colT 
pi e grida intendere il loro fallo , uè la dolorosa 
sventura di loro feditori ; anzi credendo ben fare 
pignevano'pure innanzi urtando ì loro cavalli pw 
modo , eh' eglino medesimi per l' ergere e cadere 
di loro cavalli , 1' uno S(^aa l' altro s' affollavano. 



;vGooi^lc- 



93 GIOVARRI N'TILI.AHI 

e faceano affogare e morire gran parte , o i più, 
sanza colpo di ferrico di laiice, o di spade. I 
Fiammioghi eh' erano asserratì e forti in au la 
proda del foisso , vedendo tralMccare ì Franceschi 
e' loro cavalli , noD inteudeano ad altro che a 
ammazzare i cavalieri , e' loro cavalli sfondare 
e sbudellare, sicché in poco d'ora noa solamente 
fu ripieno il fosso d' uomini e di cavalli, ma fatta 
gran monte di carogna di quelli . E era sì fatto 
giudicìo, ch'e'Franceschi uon poteanodare colpo 
a' loro nimicì , ma eglino medesimi affollavano , e 
uccideano l'uno l'altro per lo pigaere che faceano , 
credendo per urtare rompere i Fiamminghi. Quan- 
do i Franceschi furono quasi tutte le loro schiere 
raddossati l'uno sopra l'altro , e confusi per modo , 
che per loro medesimi convenia, o che traboccas- 
souo co' loro cavalli , o fossono sì stretti e anno- 
dati a schiera che non sì poteano reggere , né an. 
dare innanzi né tornare addietro ; i Fiamminghi 
eh' erano freschi , e poco travagliati i capi de'cor- 
ni della loro schiera , onde dell' uno era capitano 
messer Guido di Fiandra , e dell' altro messer 
Guiglielmo di Giulieri , ì quali in quello giorno 
feciono maraviglie d' arme di loro mano; essendo 
a pie , passaro il fosso , e rinchìusono i France- 
schi per modo , che uno vile villano era signore 
di segare la gola a'pìà gentili uomini. E per que> 
sto modo furono sccmfitti e morti i Franceschi , 
che di tutta la sopraddetta nobile cavallerìa non 
iscampò se non messer Luis di Chiermonte , e il 
conte di san Polo , e quello di Bologna con pochi 
altri , perchè sì disse che non si strinsono al fe- 
dire i onde sempre portarono poi grande onta e 



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tlBRO OTTAVO gS 

rimproccio in Francia: tutti gli altri dachi e con- 
ti e baroni e cavalieri furono morti in su '1 cam- 
po , e alquanti fuggendo per le fosse e (38) maresi 
morti furono ; in somma più di seimila cavalieri > 
e pedoni a pie sanza numero , rimasono morti alla 
detta battaglia sanza menarne nullo a pregìone . 
E questa dolorosa e sventurata sconfitta de' Fran- 
ceschi, fu il dì di santo Benedetto, a dì ai di 
Marzo gli anni di Cristo i3oa ; e non sanza gran- 
de cagione e gindiciu divino, perocché fu quasi 
uno impossibile avvenimento . E bene ci cade la 
parola che Dio disse al popolo suo d' Israel , quan- 
do la potenzia e moltitudine dì loro nimici venia 
loro addosso, i quali erano con piccola forza a loro 
comparazione , e temendo di combattere , disse : 
Combattete francamente, che la Jbrza della bat- 
taglia non è solo nella moltitudine delle genti , 
anzi è in mia mano , perocch' io sono lo Iddio 
Sabaoth , cioè , lo Iddio dell' oste . Di questa 
sconfitta abbassò molto l' onore , e lo stato , e fa- 
ma dell'antica nobiltà e prodezza de' Franceschi, 
essendo il fiore della cavalleria del mondo iscon- 
fitta e abbassata da' loro fedeli , e dalla più vile 
gente che fosse al mondo, tesserandi, e folloni, e 
d' altre vili arti e mestieri, e non mai usi di guer- 
ra , che per dispetto e loro viltade , da tutte le 
nazioni del mondo i Fiamminghi erano chiamati 
conìgli pieni di burro ; e per queste vittorie sali- 
rono in tanta fama e ardire , che uno Fiammin- 
go a pie con uno godendac in mano , avrebbe at- 
teso due cavalieri fìranceschi . 



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g4 GIOTAETiri VILLANI 

GAP. LVII. 

Di quale lignaggio furono i presenti conti e 
signori di Fiandra . 

Dappoiché abbiamo narrato le ^ndi novità e 
battaglie cominciate tra '1 re di Francia e'L conte 
di Fiandra e' suoi, e acuiranno appresso per gli 
tempi, De pare convenevole dì raccontare dell' es- 
aere e legnaggio de' detU conti, perocché feciono 
grandi cose, e di loro furono valenti signori. Que- 
sti conti non sono per lignaggio mascolino dello 
stocco degli antichi conti di Fiandra , onde fu il 
buono primo imperadore Baldovino che conquistò 
GMtantìnopoli, e'I valente conte Ferrante, il 
quale si combattè con lo imperadoK Otto insieme 
col buono re Filippo il Bornio, come addietro 
facemmo menzione; e fu suo non solamente Fian- 
dra, ma la contea d'Analdo, e Vermandos, e 
Tiracia infino presso a Compigno; e quegli primi 
conti portarono l'arme aggberonata gialla e nera; 
tna questi d' oggi ne nacquero per femmina in 
questo modo . Quando morì il detto conte Fer- 
rante, di lai non rimase figliuolo maschio , ma 
«olo una piccola figlia femmina chiamata Mar- 
gherita; questa rimase a guardia e toteria d' uno 
«avio cherico, ch'avea nome messer Gianni d'Ave- 
ries, figliuolo del signore di don Piero in Borgo- 
gna, ovvero Gampagoa,eper suo senno avea gui- 
dato il conte Ferrante e tutto il suo paese. Questi 
ritenne la signorìa per la fanciulla, equand'ella 
fu in età , si giacque con lei , e ebbene uno fi- 



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LIBRO OTTAVO g5 

gliuolo chiamato Gianni; e per coprire la vergogna 
di lui e della damigella, lasciò la chericia, e sposò 
la contessa Margherita a moglie , e poi n' ebbe 
UDO figliuolo, e questi fu il presente valente e 
htiono Guido conte di Fiaofhra : e poco appresso 
moria messer Gianni d'Averìes, e rimase la detta 
contessa Margherita co' detti due suoi figlinoli, e 
non riprese marito; e guidava molto saviamente 
sua terra e paese, e quando bistrò, andò in arme 
com' uno cavaliere, e fu molto savia e ridottala 
donna, e fece molte buone leggi e (39) costume 
in Fiandra , che ancora s' osservano . Avvenne 
quando Gianni e Guido suoi figliuoli furono cava- 
lieri , ciascuno volea essere conte di Fiandra , onde 
piato ne nacque nella corte del re di Francia , e 
convenne ne fosse sentenzia ; e citata la contessa 
Margherita al gìudicio innanzi al re, disse che 
Guido era degno d' essere conte di Fiandra , pe- 
rocch'egli era nato di matrimonio , e Gianni no; 
onde crucciato Gianni, ch'era il maggiore, innanzi 
al re dì Francia e al suo consiglio, in presenza 
dulia madre disse: Dunque sono iojìgliuolo della 
più ricca puttana del mondo ì La contessa, come 
savia,(3o) si gabbò delle parole, e rìspuose a Gian- 
ni : /o non ti posso torre Analdo di tuo retag- 
gio ^ ma io ti voglio torre ^ che alla tua armey 
(cb'è il campo ad oro e il leone nero) al leone tu 
non facci mai unghioni né lingua, perchè la 
tua è stata villana ; e Guido voglio Ìl porti tutto 
intero . E così fu giudicato e confermato per lo 
re di Francia e per gif dodici peri. Onde dì mes- 
ser Gianni sono discesi i conti d' Analdo , e di 
messer Guido conte di Fiandra messer Ruberto 



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96 GluvAEini TILL&HI 

dì Bettona ^ e messer Guiglielmo e messer Filippo 
della sua prima donna avogada di Bettona; e della 
Kconda douna figliuola del conte di Luzìmborgo 
e contessa di Namurro , la quale contea fece com- 
perare per gli figliuoli al conte di Fiandra , sì 
nacquero messer Gianni conte di Namurro , e il 
buono messer Guidone , e messer Arrigo di Fian- 
dra ; del quale Guidone la nostra storia ha parlato 
Della detta sconfitta di Coltrai, e parlerà ancora 
in più parti di loro prodezze e valenzie , e però ne 
paiono degni di loro nazione avere voluto fare 
memoria. 

GAP. LVIU. 

Come lo re di Francia rifece sua oste , e con 

tutto suo podere venite sopra i I^ìam- 

mingkì , e tornassi in lancia con 

poco onore. 

Dopo la detta sconfitta dì Coltrai incontanente 
s' arrenderò a messer Guido di Fiandra quegli 
di Ganto, e qoe' di Lilla, e Doai, e Cassella, 
sicché non rimase terra né villa piccola uè gran- 
de in Fiandra , che non tornasse alle comanda- 
menta di messer Guido ; e per la detta vittoria , 
la comuna d'<^nì gente di Fiandra presone ardi- 
re e signorìa , e cacciarne ì loro grandi borgesì, 
perchè amavano i Franceschi , e non ta'nto in 
Fiandra, simile avvenne in Brabante e in A- 
naldo , e in tutte loro cìrcustanzìe , per lo fa- 
vore della comuna di Fiandra . Come in Francia 
fu la dolorosa novella della detta sconfitta , non 
ò da domandare s« v' ebbe dolore e lamento, che 



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LIBRO OTTàTO 97 

non T* ebbe villa , castello , o maniero, o signo- 
raggio,cIie per gli cavalieri e scudteriche rimasono 
morti a Coltrai , non vi avesse dame e damigelle 
vedove. Lo re di Francia , passata il dolore, fece 
come valente signore, che incontanente fece ban- 
dire oste generale per tatto il reame : e per fornire 
sua guerra si fece falsificare le sue monete , e la 
buona moneta del tornese grosso , eh' era a undici 
once e mezzo di fine , tanto il fece peggiorare, che 
tornò quasi a metade, e simile la moneta prima; 
e cosi quelle dell' oro , che di ventitré e mezzo 
carati, le recò a men di venti, facceudole correre 
per più assai che non valeano: onde il re avanzava 
ogni dì libbre seimila di parigini e più, ma guastò 
e disertò il paese , che la sua moneta non tornò 
alla valuta del terzo . E fornita lo re , e apparec- 
chiata la sua grande e ricca oste, si mosse da 
Parigi, e del mese di Settembre presente del detto 
anno i3o3,fu ad Arazzo in Artese con più di 
diecimila cavalieri, e con più di sessantamìla 
pedoni: e in Italia mandò per messer Carlo di 
Valos suo fratello, che rimossa ogni cagione doves- 
se tornare in Francia, e cosi fece poco appres- 
so. I Fiamminghi sentendo l'apparecchio e ve- 
nuta del re di Francia , iSiandaro in Namurro 
per lo conte messer Gianni figliuolo del conte di 
Fiandra , e maggiore di messer Guido , il quale era 
, molto savio e valente; e lui venuto, il feciono loro 
generale capitano dell' oste , e come gente calda , 
e baldanzosa della vittoria di Coltrai, s' apparec- 
chiaro di tende, e padiglioni , e trabacche, con 
tutto che assai n' aveano di quelle de'Franceschì : 
e ciascuna terra e villa per se si soprass^oaro di 

r. ///. 7 



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98 GIOVANNI TlI<IrAIfl 

soprasbergbe e d'arme , e ciascuno mestiere per 
se , e raunarsi a Doai , e furoao più di uttautamila 
uomini a pie bene armati e sc^rasseguati, e eoa 
tanto carreggio che portava il loro arnese, che 
copria tutto il paese, e insomma era a vedere la 
più bella e ricca oste di gente a pie, che mai fosse 
tra' cristiani . Lo re di Francia colla sua grande 
e nobile oste uscì fuori d'Arazzo , per entrare in 
Fiandra , e accampossi a una villa che si chiama 
Vetri , tra Doai e Arazzo , e era sì grande , che 
tenea di giro più di dieci miglia. I Fiamminghi 
come franca gente, e bene guidati e condotti, non 
attesero Toste a Doai, ma uscirono di Doai, e 
5' affrontarono incontro all'oste del re , gridando 
dì e notte, battaglia battaglia, e inanimiti di 
combattere, e sovente aveauo insieme (3i) scar- 
mugi e badalucchi j e non v'area Fiammingo a pie 
con suo godendac in roano, che non attendesse 
il cavaliere francesco , per la baldanza presa sopra 
loro , e i Franceschi per coutradio inviliti . E ciò 
fu del mese d'Ottobre, nel quale comìncid graudi 
pioggie , e il paese è pieno di paduli e di fosse , 
e sempre terreno che mai non si puote osteggiare 
il verno ; onde il carreggio del re eh' adducea la 
vivanda all' oste, per gli fondati cammini non 
poteano venire , né i cavalieri co' loro cavalli ap- 
pena uscire del campo . Per la qual confusione 
l'oste del re venne in tanti difetti, e di vittua- 
glia e d'altro , che non poterono più tenere cam- 
po, e convenne che di necessità si levasse da oste , 
con sua grande onta e vergogna, faccendo triegua 
per uno anno : e tornossi addietro ad Arazzo , e 
poi a Parigi , con grande spendio , e con graude 



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LIBRO OTTITO 99 

mortalità de'suoi cavalli. Alcuno disse in Francia, 
che intia l'altre cagioni della partita dell'oste del 
re, fa per inganno del re Àdoardo d'Inghilterra > 
il quale amava iFiammioghÌ,e per fàvorargli disse 
alla iiK^Ue,la qualeera serocchiadel re diFrancia, 
in segreto segacemente e con frode: Io temo che il 
re di Francia non riceva vergogna e pericolo in 
questaoste,ch'io sento chevi saràtradito da certi 
suoi baroni medesimi. La reina prese a vero la pa- 
rola, e iocootanente la significò al re di Francia 
8110 fratello , ond' egli entrò in sospetto e gelosia 
de' suoi baroni ,. ma non sapea di cui , e partissi 
per lo modo che detto avemo con onta e vergogna : 
e potrebbe essere stata l'una cagione e l'altra della 
sua partita. £ partita l'oste del re , i Fiamminghi 
8Ì tornarono in loro terre con grande festa e alle- 
grezza . Avemo sì distesamente innarrate queste 
storie di Fiandra , perchè furono nuove e mara- 
vigliose , e noi ci trovammo in quegli tempi nel 
paese , che con oculata fede vedemmo e sapemmo 
la veritade . Lasceremo alquanto di questa mate- 
ria ) infino che verranno i tempi del termine e 
fine di questa guerra tra '1 re di Francia e'Fiam- 
minghi , che fu assai piccolo tempo appresso , e 
torneremo a nostxa materia a raccontare le novità 
d'Italia e della nostra città di Firenze, che furono 
in quegli tempi , seguendo nostro trattato . 



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-lOO GlOVkVSl VILLANI 

GAP. LIX. 

Come Folcieri da CalvoU podestà di Firenze 

fice tagliare la tmta a certi cittadini 

di parte bianca . 

Nel detto anno 1 3òa , estenilo fatto podestà di 
Firenze Folcieri da Gtlroli di Romagna y uomo 
feroce e crudele, a posta de' caporali di parte nera, 
i quali TÌveano in grande gelosìa , perchè senti* 
vano molto possente in Firenze la parte bianca 
e ghibellina, e gli usciti scriveano tuttodì, e trat- 
tavano con quegli ch'erano loro amici rimasi in 
Firenze,il detto Folcieri fece subitamente pigliare 
certi cittadini di parte bianca e ghibellini ; ciò 
furotto,messer BettoGherardini,e Masino de'Caval- 
^nti,e Donato e Tegghia suo fratello de'Finiguer- 
ra da Sammartino, e Nuccio Ckiderinide'Galigai, 
il quale era quasi uno mentecatto , e Tignoso 
de'Hacci, e a petizione di messer Musciatto Fran- 
Beai, ch'era de' signori della terra , vollero essere 
presi certi caporali di casa gli Abati suoi nimici, 
ì quali sentendo ciò, si fuggirò e partirò diFirenze, 
e mai poi non He furono cittadini : e uno massaio 
delle Calze fu de' prèsi, ojf^onendo loro che trat- 
tavano tradimento nella città co' bì&nchi usciti, 
o colpa non colpa , per martorio gli fece con- 
fessare che doveano tradire la terra , e dare certe 
porte a'bianchi e ghibellini : ma il detto Tignoso 
de'Macci per gravezza di carni morì in su la (32) 
colla . Tutti gli altri sopraddetti presi gli giudicò, 
e fece loro tagliare le teste , e tutti quegli di casa 



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LIBtO OTTAVO 101 

gli Abati condannare per ribelli , e disfare i loro 
beni , onde gntode torbazioDe n'eUw la città , e 
poi DB seguì molti mali e scandali . E nel detto 
anno fu gran caro di vittnaglia, e valae lo staio 
del grano in Firenu alla rasa aoldi ventìdue lo 
staio, di soldi cinquantuno il fiorino dell' oro. 

GAP. LX. 

Come la parte bianca e' ghibellini usciti di Fi- 
renze vennero a PuUcianò e partirsene 
in iscor^tta. 

Nel detto anno del mese di Marzo , i ghibellini 
e' bianchi usciti di Firenze colla forza de'Bolo- 
gnesi che si reggeano a parte bianca , e coli' aiuto 
de'ghibellini di Romagna e degli Ubaldini ; ven- 
nero in Mugello con ottocento caTatieri e seimila 
pedoni , dond' era capitano Scarpetta degli Ordi- 
laffi dil- Forlì, e presonu sanza contasto il boi^o e 
poggio di PuUciano , e assediarono una fortezza 
che vi teneano i Fiorentini, credendo ivi &re ca- 
po grosso^ e recare il Mugello sotto loro obbedien- 
za , e poi stendersi colla loro forza alla città di 
Firenze . Saputa la novella in Firenze , subita- 
mente cavalcarono in Mugello popolo e cavalieri 
con tutta la forza della cittade; e giunti al borgo, 
e venuti i Lucchesi e l' altra amistà , e dì là o- 
acendo schierati e messi in ^ordine per andare 
a' nemici , i cavalieri di Bologna sentendo la su- 
bita venuta de'Fiorentìnì, e trovandosi ingannati- 
da' Inanchi usciti di Firenze, eh' aveano loro &tto 
intendere che i Fiorentini per tema de' loro amici 



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103 GIOTàHMI TtLLAm 

rimaaidentro ntm ardirebbonod'aacire della terra^ 
ti tennoiio traditi, e con paura grande sanza niu- 
DO CHtIine si partirò da Puliciano di Mugello , e 
andarsene a Bologna , onde i bianchi e'ghibellÌDÌ 
Baciti rimasero rotti e sciarrati , e partirsi una 
notte sanza colpo di spada come sconfitti, lascian- 
do tutti i loro arnesi, e più di loro gittarouo l'ar- 
me , e rìraasonvi de' morti e presi de' migliori , 
per certi scorridori iti innanzi . Intra gli altri 
notabili e orrerolt cittadini e antichi guelfi e fat-» 
tisi Inanchi , ri fa preso ttiesser Donato Alberti 
giudice, e Nanni de' Rufibli dalle porte del vesco 
To . Nanni vanendo preso , fu morto da uno 
de' Tosinghì , e a messer Donato Alberti tagliato 
il capo , per quella legge medesima eh' egli area 
fatta e messa in ordine di giustizia , quando egli 
r^rnava ed era priore . E col detto messer Dona- 
to Alberti furono menati presi e tagliate le teste 
a due de' Caponsacchi, e a uno degli Scolari, a La- 
po de' Gipriani , a Nerlo degli Adimari , e ad al- 
tri intorno di dieci di piccolo affare : per la qual 
rotta i bianchì e'gfaibellini usciti molto abbassare. 

GAP. LXI. 

Incidenza, contando come messer Maffeo Fi" 
sconti Ju cacciato di Milano . 



■ Nel detto anno 1 303 a di i6 di Giugno, n 
Maffeo Visconti capitano di Milano fu cacciato- 
delia signoria: la cagitme fu, ch'egli e' figliuoli al 
tatto voleano la signoria di Milano, e a messer 
Piero Visconti, e agli altri suoi consorti , e agli 



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LIBRO OTTAVO toS 

altri cattanl e varvassorì non partecipava nullo 
onore. Per la qual cosa scandolo nacque in Hi-. 
lano, e' signori della Torre ct^la forza del pa- 
triarca d' Aquilea , con grande oste vennero sopra 
Milano, e con loro messer Alberto Scotti da Pia- 
censa, e il conte Filippone da Pavia, e messa* 
Antonio da Foseraco di Lodi . Messer Maffeo uad 
. contro a loro, ma per la quìstione cli'avea co' suoi, 
fa male seguito, e non avea podere contro a' ne- 
mici; onde messer Alberto Scotti si fece meezano 
per fere accordo , e ingannò e tradì messer Maffeo, 
che rimessosi in lui, gli tolse la signoria del ca- 
pitanato, onde messer- Maffeo per onta non volle 
tornare in Milano; ma sanza battaglia si tornarono 
in Milano i signori della Torre, e rimasono si- 
gnori dì Milano messer Mosca e messer Guidetto 
di messer Nappo della Torre . E poco appresso 
■morto messer Mosca, il detto messer Guidetto si 
fece fare capitano di Milano, e menò aspramente 
la sua signoria, e fu molto temuto e rìdottato, e 
perseguitò molto il detto messer Maffeo e'Ggliuoli, 
sicché gli recò quasi a niente, e convenia s' an- 
dassono tapinando in diversi luoghi e paesi , e 
alla fine per loro sicurtà si ridussono a uno pic- 
colo castello in Ferrarese, ch'era de' marchesi 
da Efiti suoi parenti, che Galeasso suo figliuolo 
avea per moglie la scrocchia del marchese ■ £ 
sappiendolo messer Guidetto della Torre, capita no 
di Milano e suo nimico, sì volle sapere novelle di 
lui e di suo stato, e disse a uno accorto e savio (33) 
nomo di corte: Se tu vagli guadagnare uno pa^ 
lafreno e una roba vaia , andrai in tal patte, ove 
i messer Maffeo Visconti, ed espia di suo sta- 



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Iq4 GIOVANNI TILI.ÌN1 

to. E per ucbernirlo gli diue: Quando tu se' per 
prender comiato da lui, /aragli due questioni; 
la prima f che tu ij domandi come gli pare stare, 
e che vita è la sua; la seconda, quand' e' crede 
potere tornare in Milano . Il ministriere entrò 
in cammino e venne a messer MafEeo, e trovollo 
in assai povero abito secondo suo antico stato, e 
al dipartirsi da lui, il pregò che gli bcesse guada- 
gnare uno palafreno e una roba vaiajrispuose, che 
volentieri, ma non da lui, che non l' avea ; disse : 
da voi non la voglio io ,ma rispondetemi a due 
questioni eh' io ci farò : e dissele come gli furono 
imposte. Il savio intese da cui venieno, e rispuose 
subito molto saviamente; alla prima disse: Farmi 
stare bene, perocch' io so vivere secondo il tempo. 
Alla seconda ri$puose,e disseiDirai al tuo signore, 
messer Guldetto, che quando i suoi peccati so- 
perchieranno i miei , io tornerò in Milano . Tor- . 
nato l' uomo di corte a messer Guidetto , e rap- 
portata la risposta, disse: Bene hai guadagnato 
il palafreno e la roba, che bene sono parole del 
savio uomo messer Maffeo . 

GAP. LXII. 

Come si cominciò la quistìone e nimistà tra 
papa Bonifazio e 'l re Filippo di Franàa. 

Kel detto tempo, benché fosse cominciato assai 
dinanzi la sconfitta di Coltrai lo sdegno del re di 
Francia contro a papa Bonifazio, per cagione della 
promessa che '1 detto papa avea fatta al re , e a 
messer Carlo dì Valos suo fratello^ di farlo essere 



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LIBRO OTTITO 1«5 

iraperadore quando mandò per Itri, come addietro 
facemmo menzione. La qual cosa non attenne, 
quale che si fosse la cagione, anzi nel detto anno 
medesimo area cuiiferniato a re de' Romani Al- 
berto d' Osterich figliuolo che fu del re Ridolfo ; 
per la qual cosa il re di Francia forte si tenne 
ingannato e tradito da lui, e per suo dispetto rì- 
teoea e facea onore a Ste&no della Colonna suo 
nimico, il quale era in Francia sentendo la di- 
scordia mossa, e lo re favorava lui e' suoi a suo 
podere. £ oltre a ciò il re fece pigliare il tcscoto 
di Palma in Carcascese, opponendi^U ch'era pa- 
terino , e d' (^ni vescovado vacante del reame 
godeva i beni , e voleva fare le investiture. Onde 
papa Bonifazio, il quale era superbo e dispettoso, 
e ardito di fare ogni gran cosa, come magnanimo 
e possente eh' egli era e si^tenea, veg^endoai fare 
quegli oltraggi al re, mescolò lo sdegno colla mala 
volontà, e fecesi al tutto nimico del re di Francia. 
K in prima per giustificare sue ragioni , fece ri- 
chiedere tutti i grandi prelati di Francia che do- 
vessono venire a corte; ma il re di Francia con- 
tradisse loro, e non gli lasciò partire , onde ìl 
papa (34) maggiormente s' inaminò contro al re, 
e trovò per sue ragioni e decreti , che '1 re di 
Francia come gli altri signori cristiani , dovea 
riconoscere dalla sedia apostolica la signoria' del 
temporale, come dello spirituale: e per questo 
mandò in Francia per suo legato uno cherico ra- 
mano arcidiacono di Nerbona, che protestasse e 
ammonisse lo re sotto pena di scomunicazione di 
ciò Sire, e di riconoscere da lui, e se ciò non fa- 
cesse, lo scorauuicasse, e lasciasse Io interdetta* 



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)o,5 oioT&Hiri viLbini 

E il d«tto libato vegnendo nella cittì di Parigi , 
il re non gli lasciò piuvicare le sue lettere e pri- 
vìl^^ anzi gliele tolse la gente del -re, e acco- 
miatarlo del reame. E venute le dette lettere pa- 
pli innanzi al re e suoi baroni al tempio , il 
conte d' Artese^ che allora TÌvea, per dispetto le 
gittò nel fuoco e arsele, onde grande giudicio 
glie ne avvenne^ e lo re ordinò di fare guardare 
tutti i passi di suo reame, che messo o lettere di 
papa non entrasse io Francia . Sentendo ciò papa 
Bonifazio, scomunicò per sentenzia il detto Fi- 
lippo re di Francia; e lo re di Francia, per giu- 
stificare se, e per fare suo appello, fece in Parigi 
nno grande concìlio di cherici e prelati e di tutt'ì 
suoi baroni, discusando se, e opponendo a papa 
Bonifazio più accuse con più articoli di resia , e 
simonia , e (35) omicidia, ed altri villani peccati, 
onde di ragione dovea essere disposto del papato. 
Ma l' abate di Cestella non volle consentire allo 
appello, anzi sì partì,e tornossi in Borgogna, (36) 
male del re di Francia: e per così fatto modo si 
cominciò la discordia da papa Bonifazio al re di 
Francia, la quale ebbe poi male fine; onde poi 
nacque grande discordia tra loro,e seguinne molto 
male, come appresso faremo menzione . 

In questi tempi avvenne in Firenze una cosa 
bene notabile, che avendo pnpa Bonifazio presen- 
tato al comune di Firenze uno giovane e bello 
leone, ed essendo nella corte del palagio de'priori 
legato con una catena, essendovi venuto uno asino 
carico di legne, veggendo il detto leone , o per 
paura che a'avesse,o per lo miracolo, incontanente 
assalì ferocemente il leone, e con calci tanto il 



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LIBRO OTTAVO 10^ 

percosse, che l' uccìse, aon valendogli l' aiuto dt 
molti uomini eh' erauo presenti. Fu tenuto segno 
di grande mubizione e cose a venire, che assai 
n' avvennero in questi tempi alla nostra città ■ 
Afa certi alletterati dissono, eh' era adempiuta 
la profezia di Sibilla, ove disse: Quando la bestia 
mansueta ucciderà il re delle bestie ^ allora eo- 
mincerà la dissoluzione della Chiesa: e tosto si 
mostrò in papa Bonifazio medesimo, come sì tro- 
verrà nel seguente capitolo. 

GAP. LXIII. 

Come il re di Francia fcce prendere papa Bo- 
nifazio in Anagna a Sciarra della Co- 
lonna , onde morì il detto papa 
pochi dì appresso . 

Dopo la detta discordia nata tra papa Bonifazio 
e'I re Filippo di Francia, ciascuno di loro prò- 
cacciò d' abbattere 1' uno l' altro per ogni via e' 
modo che potesse: il papa d' aggravare il re di 
Francia dì 9:omuniche,e altri processi per pri- 
varlo del reame; e con questo favorava i Fiam- 
minghi suoi ribelli, e tenea trattato eoi re Alberto 
d' Alamagna , studiandolo che passasse a Boma 
per la benedizione imperiale, e per fare levare 
il regno al re Carlo suo consorto, e al re di Fran- 
cia fare muovere guerra a' confini del suo reame 
dalla parte d' Alamagna. Lo re di Francia dall'al- 
tra parte non dormìa, ma con grande sollecitu- 
dine, e consiglio di Stefano della Colonna e d'altri 
savi Italiani e di sno reame, mandò uno messere 



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I08 GIOTAHHI TILIAHI 

Guigliélmo di Luaghereto di Proenza, savio chc" 
rìco e sottile, con messer Muscìatto Franzesi io 
Toscana, forniti di molti danari contanti, e a 
ricevere dalla compagnia de' Peruzzi ( allora suoi 
mercatanti ) c[uanti danari bisognasse, non sap- 
piendo eglino perchè. E arrivati al castello di 
Staggia, ch'era del detto messer Musciatto, vi 
stettono più tempoj mandando ambasciadori , e 
messi, e lettere, e faccende venire le genti a loro 
di segreto, accendo intendere al palese che v'era- 
no per trattare accordo dal papa al re di Fran- 
cia , e perciò aveano la detta moneta recata : 
e sotto iquesto colore menarono il trattato se* 
greto di fare pigliar^ in Anagna papa Bonifa- 
zio , spendendfme molta moneta , corrompen- 
do ì baroni del paese e' cittadini d' Anagna ì e 
come fu trattato venne fatto : che essendo papa 
Bonifazio co' suoi cardinali e con tutta la corte 
nella città d' Anagna in Campagna , ond' era na- 
to e in casa sua , non pensando né sentendo que- 
sto trattato , né prendendosi guardia, e se alcuna 
cosa ne senti , per suo grande cuore il vaise a non 
calere , o forse come piacque a Dio , per gli suoi 
grandi peccati, del mese dì Settembre 1 3o3 , 
Sciarra della Colonna con genti a cavallo in nu- 
mero di trecento , e a pie di sua amistà assai , 
soldata de' danari del re dì Francia , colh forza 
de' signori da Ceccano , e da Supino , e d' altri 
baroni di Campagna , e de' figliuoli dì messer 
Mal&o d' Anagna , e dissesì coli' assento d'alcuno 
de' cardinali che teneano al trattato , e una mat- 
tina per tempo entrò in Anagna colle insegne 6 
bandiere del re dì Francia , gridando : inuma pa- 



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I 



■ LTBKO OTTAVO 109 

pa Bonifazio , e viva il re di Francia y e curso- 
110 la terra saaza contasto niuDO , anzi quasi tutto 
r ingrato popolo d' Anagna seguì le bandiere e la 
rubellazione ; e giunti al palazzo papale , SRnza 
riparo vi salirò e presono il palazzo , perocché il 
presente assalto fu improvviso al papa e a' suoi, e 
JioD prendeano guardia. Papa Bonifazio sentendo 
il romore ^ e veggendosi abbandonato da tutti ì 
cardinali, fuggitile nascosi per paura chi da 
mala parte , e quasi da' più de' suoi famigliari, e 
veggendo eh' e' suoi nemici aveaoo presa la ter- 
ra e '1 palazzo ov'^li era, si cusò morto, ma 
come ipagnanimo e valente, disse : Dacché per 
tradimento , come Gesù Cristo voglio esser preso 
e mi conviene morire, almeno voglio morire come 
papa : e di presente si fece parare dell' ammanto 
di san Piero , e colla corona di Costantino in ca- 
po , e colle chiavi e croce in mano, e in su la se- 
dia papale si pose a sedere. E giunto a lui Sciarra 
e gli altri suoi nimici, con villane parole lo scher- 
nirò , e arrestaron lui e la sua ^miglia , che con 
lui erano rimasi : intra gli altri lo schernì mes- 
ser Guiglielmo di Lunghereto , che per lo re di 
Francia avea menato il trattato, donde era preso, 
e minaccioUo, dicendo di menarlo legato aljeone 
sopra Rodano , e quivi in generale concilio il fa- 
rebbe disporre* e condannare . Il magnanimo pa- 
pa gli rispuose, eh' era contento d' essere condan- 
nato e disposto per gli paterini com'era egli, e'I 
padre e la madre arsì per paterini \ onde messer 
Guiglielmo rimase confuso e vei^gnato . Ma poi 
come piacque a Dio , per conservare la santa di- 
gnità papale , niuno ebbe ardire o non piacque 



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Ilo GIOVANNI TILLIRI 

loro dì porgli inano addosso , ma lasciarlo parato 
sotto cortese guardia , e intesone a rubare il tesoro 
del papa e della Chiesa . In questo dolore vei^o- 
gna e tormento stette il valente papa Bonifazio 
preso per gli suoi nimici per tre di , ma come 
Cristo al terzo dì resuscitò, così piacque a lui che 
papa Bonifazio fosse dilibero , che sanza priego 
o altro procaccio, se non per opera divina , il po- 
polo d'Anagna ravveduti del loro «rore , e usciti 
della loro cieca ingratitudine , subitamente si le- 
varo all'arme , gridando : viva il papa e sua fa- 
miglia, e muoiano i traditori y e correndo la 
terra ne cacciarono Sciarra della Colonna e' suoi 
seguaci, con danno di loro di presi e di morti, e 
.liberare il papa e sua famiglia . Papa Bonifazio 
veggendosi lìbero e cacciati i suoi nimici, per ciò 
non si rallegrò niente , perchè avea conceputo e 
addurato nell'animo il dolore della sua avversità: 
incontanente si partì d'Anagna con tutta la corte, 
venne a Roma a santo Pietro per fare concilio, con 
intendimento dì sua offesa e dì santa Chiesa fare 
grandissima vendetta contra il re di Francia , e 
chi offeso r avea ; ma come piacque a Dìo, il do- 
lore impetrato nel cuore di papa Bonifazio per 
la ingiuria ricevuta , gli surse , giunto in Roma , 
diversa malattia, che tutto si rodea come rabbioso, 
e in questo stato passò di questa vita a di i a d'Ot- 
tobre gli aqni di Cristo 1 3o3 , e nella chiesa di 
san Piero all' entrare delle porte , in una ricca 
cappella &ttasì fare a sua vita , onorevolemente 
fu soppellito . 



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LII&O OTTAVO 



rincora diremo de' morali eh' ebbe in se papa 
Bonifazio . 

Questo papa Bonifazio fu savissimo di scrittura 
e (li senno naturale , e uomo molto avveduto e 
pratica , e di grande conoscenza e memoria ; mol- 
to fu altiero , e superbo^ e crudele contro a' suoi 
nimicì e avversari, e fu di grande cuore, e molto 
temuto da tutta gente , e alzò e aggrandì molto lo 
stato e ragioni di santa Chiesa , e fece fare a nies- 
ser GuigUelmo da Bergamo , e a messer Ricciar- 
do di Siena cardinali , e a mesaer Dino Rosoni 
di Mugello, sommi maestri in legge e decretali, e 
egli con loro insieme , eh' era grande maestro in 
divinità e in decreto , il sesto libro delle decre- 
tali, il quale è quasi lume di tutte le leggi e de- 
creti . Magnanimo e largo fu a gente che gli pia- 
cesse , e che fossono valorosi , vago molto della 
pompa mondana secondo suo stato, e fu molto 
pecunioso,non guardando né faccendosi grande né 
stretta coscienza d' ogni guadagno , per aggrandi- 
re la Chiesa e' suoi nipoti. Fece al suo tempo più 
cardinali suoi amici e confidenti , intra gli altri 
due suoi nipoti molto giovani , e uno suo zio fra- 
tello che fu della madre , e venti tra vescovi e ar- 
civescovi suoi parenti e amici della piccola città 
d' Anagna di ricchi vescovadi , e l' altro suo ni- 
pote e figliuoli, eh' erano conti come addietro fa- 
cemmo menzione , lasciò loro quasi infinito teso- 
ro ; e dofo la morte di papa Bonilazio loro zìo » 



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113 GIOVARNI VILLANI 

furono franchie valenti in guerra, faccendo ven- 
detta di tutti i loro vicini e nimici , cb' aveano 
tradito e offeso a papa Bonifazio , spendendo lar- 
gamente , e tegnendo al loro proprio soldo tre- 
cento buoni cavalieri catalani , per la cui forza 
domarono quasi tutta Campagna e terra di Ro- 
ma . E se papa Bonifazio vivendo, avesse creduto 
che fussono così prò' d' arme e valorosi in guerra, 
di certo gli avrebbe fatti re o gran signori . E 
nota , cbe quando papa Bonifazio fu preso , la 
novella fu mandata al re di Francia per piìi cor- 
rieri in pochi giorni , per grande allegrezza , e 
capitando i primi corrieri ad Ànsiona di là dalla 
montagna di Briga, il vescovo d'Ansiona, il qua- 
le allora era uomo d' onesta e santa vita , udendo 
la novella quasi istupì, stando uno pezzo in silen- 
zio contemplando , per l' ammirazione che gU 
parve della presura del papa ;. e tornando in se , 
disse palese dinanzi a più buona gente : Il re di 
Francia farà di questa novella grande alle- 
grezza , ma i' ho per ispirazione divina , che per 
questo peccato n' è condannato da Dio, e gran- 
di e diversi pericoli e avversità con vergogna di 
lui e di suo lignaggio gli avverranno assai to- 
sto , e egli e^ figliuoli rimarranno diredati del 
reame . E questo sapemmo poco tempo appresso 
passando per Ansiona , da persone degne di fede, 
che furono presenti a udire. La quale sentenzia fu 
profezia in tutte le sue parti, come appresso per gli 
tempi, raccontando de'fatti del detto re di Francia 
e de'figliuoli, si potrà trovare il vero . E non è da 
maravigliare della sentenzia di Dio , che con 
.tutto che papa Bonifazio fosse più mondano che 



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blBRO OTTAVO tl3 

non richiedea alla sua d^ultà , e fatte area assai 
delle cose a dispiacere di Dìo ^ Iddio fece pulire 
lui per lo modo che detto avemo , e poi 1' offea- 
ditore di lui pulì, non tanto per l'offesa della per- 
sona di papa Boni&zio , ma per lo peccato com- 
messo contro alla maestà divina , il cui cospetto 
rappresentava in terra . Lascwemo di questa ma- 
teria , elle ha avuto sua fine, e torneremo alquan- 
to addietro a raccontare de' fatti di Firenze e di 
Toscana, che furooo ue'detti tempi assai grandi . 

GAP. LXV. 

Come i Pìoreruim ebbono il castello del Sfontale, 

e comefeciono oste-a Pistoia 

co' Lucchesi insieme. 

Neil' annodi Cristo i3o3 del mese di Maggio, 
ì Fiorentini ebbono il castello del Montale pres; 
so a Pistoia a quattro miglia,cavalcandovi una not- 
te subitamMite, e fu loro dato per tradimento dì 
certi terrazzani , che n' ebbono tremila fiorini 
d' oro , per trattato di messer Pazzino de'Pazzi , 
che v'era vicino per la sua possessione di Palugia- 
uo.Il quale castello era molto forte di sito e di mur 
ra e di torri; e come ì Fiorentini l'ehbono, il fe- 
ciono abbattere e dìsiar.e infino nelle fondamenta, 
e la campana di quello comune, ch'era molto buor 
na, la fecioao venire in Firenze, e poosesi in su 
la torre del palagio della podestà per campana 
de' messi, e chiamossi la montanina . E disfatto 
il Montale, del detto mese medesimo i Fiorentini 
dall' una parte e' Lucchesi dall' altra fecìono oste 
T.III. 8 



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Il4 GIOTA.nilI TILLAHI 

alla città di PisttHa, e guastarla intorno intonioy 
e furono millecinquecento cavalieri e seimila pe- 
doni, e tornarsi a casa sanza contasto uiuuo . In. 
questo anno morì a Bologna il savio e valente 
uomo messer Dino Rosoni di Mugello^caro citta- 
dino, il quale fu il maggiore e il più savio l^ista 
che fosse iafioo al suo tempo . £ in questo me- 
desimo tempo morì in Bologna maestro Taddeo 
detto da Bol<^na, ma era stato per suo matri- 
monio nostro cittadino, il quale fu sommo fisi^ 
jEiiano sopra tutti quegli de' cristiani . 

GAP. LXVI. 

Comeju eletto papa Benedetto (Uìdecimo , 

Dopo la morte di papa Bonifazio , il collegio 
de' cardinali raunati insieme per eleggere nuovo 
papa, come piacque a Dio, in pochi dì furono in 
concordia, e chiamarono papa Benedetto unde- 
cìmo , a dì aa. d' Ottohre nel detto anno 1 3o3 . 
Questi fu di Trevigi di piccola nazione, che quasi 
non si trovò parente, e nudrissi in Yinegia 
quand' era giovane cherìco, a insegnare a' fan- 
ciulli de' signori da ca' Gorino; poi fu frate pre- 
dicatore, uomo savio e di santa vita, e per la sua 
Jiontà e onesta vita per papa Bonifazio fu '■ fatto 
cardinale, e poi papa. Ma vivette in su '1 papato 
mesi otto e mezzo; ma in questo piccolo tempo 
cominciò assai buone cose, e mostrò gran volere 
di pacificare ì cristiani. £ prima fbce accordo 
dalla Chiesa al re di Francia, e ricomunicò il detto 
, re, e confermò ciò che papa Boni&zio avea fatto. 



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LIBfiO OTTA.VO Il5 

e maudò^ a Fireaze frate Niccolò da Prato c^rdi- 
uale ostieuse per legato, per pacificare ì Fioren- 
tini co'Ioro usciti,come ionauzi faremo, menxione. 

GAP. LXVII. 

Come il ré Adoardo d' Inghilterra riebbe Gua- 
scogna, e sconfisse gli Scotti. 

Zd questo anno Adqardo re d' Inghilterra fece 
accordo col re Filippo di Francia, e riebbe la Gua- 
scogna faccendoneglì omaggio, e ciò assentì lo re 
dì Francia, per la tenza eh' avea colla Chiesa per 
la presura che fece fare di papa Bonifazio, e per 
la guerra de' Fiamminghi, acciocché'! detto re 
d' Inghilterra non gli fosse contro . £ in questo 
anno medesimo il detto re Adoardo essendo ma* 
lato, gli Scotti corsoDo in Inghilterra, per la qual 
cosa il re si fece portare in bara, e andò ad uste 
sopra gli Scotti, e sconfissegli, e quasi ebbe in 
sua signoria tutte le terre di Scozia, se non quelle 
de' marosi e d'aspre montagne, ore rifuggirò 
i rubetlì Scotti col loro re, il quale area nome 
Ruberto di Bosco , di piccolo lignaggio fattosi re. 

GAP. LXVIU. 

CoroB in Firenze ^be grande novità « battaglia 
cittadina, per volere rivedere le fagiani 



Nel detto anno iSoS del mese di Febbraio, i 
Fiorentini tra loro furono in grande discordia > 



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116 OlOVARHI VILLANI 

per cagione che meswr Corso Donati do» gli pa- 
rca essere così grande io comune come volea , e 
gli pareva essere d^no; e gli altri graodi e po- 
polani possenti di sua parte nera , aveano presa 
più signoria in comune che a lui non parea ^ e 
già preso isdegno con loro , o per superbia, o per 
invidia, o per volere essere signore , sì fece dinuo- 
To una sua setta accostandosi co' Cavalcanti , che 
ì più di loro erano bianchi, dicendo che voleva si 
rivedessono le ragioni del comune , di coloro che 
aveano avuto gli ufici e la moneta del comune 
ad amministrare , e feciono capo dì loro messer 
Lottieri vescovo di Firenze , eh' era de' figliuoli 
della Tosa del lato bianco,con certi grandi contra 
i priori è 1 popolo ; e combattésì laxittà in piij 
parti e più di, e armarsi piiì torri e fortezze della 
città al modo antico, per gittarsi e saettarsi insie- 
me ; e in su la torre, del vescovado si rizzò una 
manganella gittando a' suoi contradìì vicini . I 
priori s' afforzaro di gente e d' arme di città e di 
contado t e difesono francamente il palagio , che 
più assalti e battaglie furono loro date j e col po- 
polo tennero la casa de' Gfaerardini con grande 
seguito dì loro amici di contado, e la casa de'Paz- 
zi e quella degli Spini, e'messer Tegghia Fresco- 
baldi Col suo lato , e furtuio uno grande- soccorso 
al popolo , e morinoe messer Lotteringo de'Ghe- 
rardini d* uno quadrello a una battaglia ch'era in 
porte sante Marie. Altra casa de' grandi non ten- 
ne col popolo, ma chi era cài vescovo e con mes- 
ser Corso, e chi non gli amava si stava di mezzo. 
Per la quale dissensione e battaglia cittadina^ mol- 
to male si commise in città e contado di micidii 



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LIBaO OTTAVO Iiy 

e d'arilioili e ruberie^iccome in eìtlà sciolta e rot- 
ta, sanza-nìuno ordine di sigooria > se non chi 
più pot«a far male l' uno all' altro ; ed era la città 
tutta piena di sbanditile di forestieri, e contadini, 
ciascuna casa colla sua raunata ; ed era la terra 
per guastar^ al tutto , se non Tossono i Lucchesi 
che vennero a Firenze a richiesta del comune 
con grande gente di popolo e cavalieri , a vollono 
in mano la questione e la guardia della città ; • 
cosi fu loro data per necessità balia generale, sic- 
ché sedici dì signoreggiarono liberamente la ter- 
ra , mandando il bando da loro parte . £ andan- 
do ìl'bando per la città da parte del comune di 
Lucca , a molti Fiorentini ne parve male, e gran- 
de oltraggio e soperchio, onde uno Pouciardo 
de'Pouci di Yacchereccia, diede d' una spada nel 
volto al banditore di Lucca quando bandiva, on- 
de poi non fecìono più bandire da loro parte, ma 
adoperarono si , che alla fine racquetaro il romo- 
re , e ciascuna parte feciono disarmare , e misono 
in quieto la terra, chiamando nuovi priori di con- 
cordia , rimanendo il popolo in suo stato e liber- 
tade , sanza far nulla punizione de'm isfatti com- 
messi , se non chi ebbe il male s' ebbe il danno. 
£ per arrota alla detta pestilenza fìi 1' anno gran 
fame , e valse lo staio del grano alla rasa piiì di 
soldi ventiseì di soldi cinquantadue il fiorino d'o- 
ro in Firenze , e se non che '1 comune e que'che 
governavano la città si provviddono dinanzi , e 
aveano fiitto venire per mano de' Genovesi di Ci- 
cilia e dì Puglia bene ventiaei migliaia di mc^gia 
di grano , i cittadini e' contadini non sarebbouo 
scampati dì fame : e questo trafBco del grano» fu 



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Il8 GIOVANNI TILLARI 

coll'altre una delle cagioni di volere rivedere la 
ragione del comune , per la molta moneta che vi 
corse , e certi , a diritto o a torto , ne furono ca- 
lunniati e infamati . £ questa avversità e perico- 
lo] della nostra città non fu sanza giudìcio di Dio, 
per molti peccati commessi per la superbia e in- 
vìdia e avarizia dsi'nostri allora vìventi cittadini, 
che allena guidavano la terra, e cosi de'ribelli di 
quella come di coloro che la governavano, eh' as- 
sai erano peccatori , e non ebbe fine a questo, co» 
me innanzi per gli tempi si potrà trovare . 

GAP. LXIX. 

Come il papa mando in I^renze per legato il 

cardinale da Prato per fare pace, e 

come se ne partì con onta 

e con vergogna . 

Nella detta discordia tra' Fiorentini, papa Be- 
nedetto con buona intenzione mandò a Firenze il 
cardinale da Prato.per legato per pacificare i Fio- 
rentini tra loro , e simile co' loro usciti e tutta la 
provincia di Toscana, e venne in Firenze a di io 
del mese di Marzo 1 3o3,e da'Fiorentini fu ricevuto 
a grande onore e con grande reverenza , come 
coloro che parea essere partiti e in male stato , e 
coloro ch'aveano stato e volontà di ben vivere 
amavano la pace e la concordia , ed era converso 
per gli altri. Questo messer Niccolò cardinale 
della terra di Prato era frate predicatore, molto 
savio di Scrittura e di senno naturale, sottile , e 
sagace, e avveduto, e grande pratico, e dì pro- 



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LIBRO «TTATO II9 

genia de'ghibellinì era nato j e mostrossi poi^ ch« 
molto gli favorò; con tutto che alla prima mostrò 
d' avere buona intenzione e comune . Come fu in 
Firenze , in piuvico sermone e predica nella piaz- 
za di san Giovanni, mostrò i privilegi della sua 
legazione^ed ispuoseil suo intendimento ch'area 
per comandamento del papa , di pacificare i Fio- 
rentini insieme .. I buoni uomini popolani che 
r^geano la terra , parendo loro stare male per le 
novità e romori e.lrattaglie, ch'aveano in que'tem- 
pi mosse e fatte i grandi contra al popolo per ab- 
battere e disfarlo, sì s'accostarono col cardinale 
a volere pace, e per rìfonuagione degli opportuni 
(x>nsigli , gli diedono piena e libera balìa di &re 
pace tra' cittadini d'entro e' loro usciti dì fuori, 
e di &re i priori e gonfalonieri e signorie della 
terra a sua volontà . E ciò fatto, intese a procedere 
e a far fare pace tra' cittadini , e rinnovò l' ordine 
de' diciannove gonfalonieri delle compagnie al 
modo dell' antico popolo vecchio , e chiamò i 
gonfalonieri , e die' loro ì gonfaloni al modo e in- 
segne che sono oggi , sanza rastrello della 'nsegna 
del re di sopra : per la quale nuova riformagioue 
del cardinale, il popolo si riscaldò e rafforzò 
molto, e' grandi n' abbassaro, e mai non finaro 
di cercare novitadi e opporre al cardinale per 
isturbare la p3|ce , perchè i bianchi e' ghibellini 
non avessono stato né podere di tornare in Firen- 
ze, e per potere godere i beni loro messi in comu- 
ne per ribelli , in città e in contado . Per tutto 
questo il cardinale non lasciò di {«"ocedere alla 
pace , per l' aiuto e favore eh' avea dal popolo, e 
fece venire in Firenze dodici sindachi degli usciti, 



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tao aiOVAKM TtLLliri 

due pet «esto , uno de' maggiori bianchi e itno 
ghibellino, e fecegli albergare nel bor^ di san 
Niccolò , e '1 legato albergava ne' palazzi de' Moz- 
zi da san Gr^orio, e sovente gli aveva a consiglio 
co' caporali guelfi e neri di Firenze, per trovare 
ì modi e sicurtà della pace , e ordinare parentadi 
tra gli usciti e' grandi d' entro. In questi trattati, 
a' possenti guelfi e neri parea a loro guisa , che '1 
cardinale sostenesse troppo la parte de' bianchi e 
de' ghibellini ; ordinarono sottilmente per scom- 
pigliare il trattato, di mandare uua lettera contraf- 
fatta col suggello, del cardinale a Bologna e in 
Romagna agli amici suoi ghibellini e bianchi, cbe 
rimossa ogni cagione e indugio, dovessono venire 
a Firenze con gente d'arme a cavallo e a pie in 
suo aiuto; e chi disse pure che fu vero che '1 car- 
dinale vi mandò; onde di quella gente venne in- 
fino a Trespiano, e di tali in Mugello . Per la qual 
venuta in Firenze n' ebbe grande sombuglio e 
gelosia, e '1 legato ne fu molto ripreso e infamato: 
o avesse colpa o no , se ne disdisse al popolo • Per 
questa gelosìa, e ancora per tema eh' ebbono 
d'essere offesi i dodici sindachi bianchi e ghibel- 
lini, si partirono dì Firenze e andarsene ad Arez- 
zo, e la gente che veniva al l^ato, per suo co- 
mandamento si tornarono addietro a Bologna e 
in Romagna, e racquetarono alquanto la gelosia 
-in Firenze . Coloro che guidavano la terra consi- 
■gliarono il cardinale per levare sospetto, ch'egli se 
n'andasse a Prato, e acconciasse i Pratesi insieme 
e simile ì Pistoiesi , e intanto sì piglierebbe modo 
in Firenze della generale pace degli usciti ; Il 
cardinale non possendo altro, così fece, e in buo- 



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LIBRO OTTATO 131 

A a 1è' o no eh' avesse intenzione, w n' andò a 
Prato,e ricbiese i taratesi cbesi rìmettessono in lui, 
e che gli voleva pacificare. I caporali di parte nera 
e' guelfi di Firenze veggendo le vestigie del car- 
dinale, ch'egli favorava molto ì ghibellini e'biau- 
chi per rimettergli in Firenze, e vedeano che con 
questo il popolo il seguirà , avendo sospetto che 
non twnasse a pericolo di parte guelfa , ordina- 
rono co' Guazzalotti da Prato^ possente casa e di 
parte nera e molto guelfi , di fare cominciare in - 
Prato scisma e riotta contra 'I cardinale , e leva- 
re romore nella terra : onde il cardinale reggen- 
do i Pratesi male disposti, e temendo di sua per- 
fiona , sì si parti di Prato , e scomunicò i Pratesi, 
e interdisse la terra , e vennesene a Firenze , e 
fece bandire oste sopra Prato , e diede perdonan- 
za di colpa e di pena chi andasse sopra i Prate* 
si , e molti cittadini se n' apparecchiare per an- 
' darvi a cavallo e a pie , gente eh' erano in Cede 
più ghibellini che guelfi , e andarono ìnfino a 
Campi. In questo ordine dell' oste , gente assai sì 
raunaro in Firenze di contadini e forestieri, e co- 
minciò a crescere il sospetto e gelosia a' guelfi , 
onde molti che alla prima aveano tenuto col car- 
dinale, si furono rivolti per gli sdegni che vedea- 
no , e i grandi di parte nera , e simile quelli che 
piaggiavano col cardinale, si guemirono d' arme 
e, di gente, e la città fu tutta scompigliata e per 
combattersi insieme. Il legato cardinale veggendo 
che non potea fornire suo intendimento di fiire 
oste a Prato, e la città di Firenze disposta a bat* 
taglia cittadina tra loro, e di quelli eh' aveauo 
tenuto con lui, fattici contradii, prese sospetto e 



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laa GiovANHi viLLAni 

paura, e subitamente si parti di Firenze a dì 4 
di Giugno i3o4, dicendo a' Fiorentini: Dappoi- 
ché volete essere in guerra e in maladizione , e 
non volete udire ne ubbidire il messo del vicario 
di Dio, né avere riposo né pace tra voi, rima- 
nete colla maladizione di Dio e con quella di 
santa C^'e^a, scomunicando i cittadini ^ e lascian- 
do interdetta la cìttade, onde sì tenne , che per 
quella maladizione, giusta ingiusta,non fosse 
sentenzia e gran pericolo della nostra cìttade , 
per le avversità e pericoli che le avvennero poco 
appresso, come innanzi faremo menzione . 

GAP. LXX. 

Come Cadde il ponte alla Carraia, e morivvi 
molta gente . 

In questo medesimo tempo che '1 cardinale da 
Prato era in Firenze, ed era in amore del popolo 
e de' cittadini, sperando che mettesse buona pace 
tra loro, per lo calen di Maggio i3o4, come al 
buono tempo passato del tranquillo e buono stato 
di Firenze, s' usavano le compagnie e le brigate 
di sollazzi per la cìttade, per fare all^ezza e 
festa, si rinnovarono e fecionsene in piiì parti 
della città , a gara 1' una contrada dell* altra, cia- 
scuno chi meglio sapea e potea. Infra l'altre, come 
per antico aveano per costume quegli di borgo san 
Friano di fare più nuovi e diversi giuochi, sì man- 
darono un bando, che chiunque volesse sapere 
novelle dell' altro mondo, dovesse essere il dì di 
calen di Maggio in su '1 ponte alla Carraia , e 



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Ì.ISRO OTTAVO .133 

d' intorno all' Amo; e ordinarono in Arno sopra 
barche e navicelle palchi, e fecìonvi la simiglian- 
za e figura dello 'nferno con fuochi e altre pene e 
martorii, con uomini contrafiàtti a deniooia orri- 
bili a vedere, e altri ì quali aveano figure d'ani- 
me ignude, che pareano persone, e mettevangU 
in quegli diversi tormenti con grandissime grida, 
e strida, e tempesta, la quale parea odiosa e spa- 
ventevole a udire e a vedere; e per lo nuovo giuoco 
vi trassono a vedere molti cittadini, e '1 ponte 
alla Carraia il quale era allora di legname da pila 
a pila, si caricò sì di gente che rovinò in più 
parti, e cadde colla gente che v' era suso, onde 
molte genti vi morirono e annegarono, e molti 
se ne guastarono le persone, sicché il giuoco da 
befiTe avvenne col vero, e com' era ito il bando , 
molti per morte n'andarono a sapere novelle 
dell' altro mondo , con grande pianto e dolore a 
tutta la cittade , che ciascuno vi credea avere 
perduto il figliuolo o'I fratello; e fu questo se- 
gno del futuro danno, che in corto tempo dovea 
venire alla nostra cittade per lo soperchio delle 
peccata de' cittadini, siccome appresso faremo 
menzione . 

GAP. LXXI. 

Comejìi messo Jiioco in latenze, e arsene 
una buona parte della cittade. 

Partitoil cardinale da Pratodi Firenze per lo mo- 
dochedett» avemoaddietro, lacittàrimaseinma* 
le stato ein grande scompiglio, che la setta che te- 
iiea col cardinale , 'onde erano caporali i GavaU 



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'Ia4 GIOTADMl Tltt&Nl 

canti e' Gherardini , Pulci e' Cerchi biaDckì del 
Garbo , eh' erano mercatanti di papa Benedetto, 
con seguito di più .case di popolo ^ per tema 
eh' e' grandi non rompessono il popolo se avesso- 
~ no la signoria, e ciò furono (kUe maggiori case e 
famiglie de' popolani di Firenze, come erano Ma- 
galotti, e Mancini, Peruzzi, Antellesi , e Baron- 
celli, e Acciaiuoli, e Alberti , Strozzi, Ricci, e Al- 
J)ìzzi, e più altri, ed erano molto guerniti dì fanti 
e di gente d'arme. I contradii di parte nera erano 
i principali, messer Bosso della Tosa col suo lato 
de' neri , messer Pazzino de'Pazzi con tutti i saoi, 
la parte degli Adimari che si chiamano i Gavic- 
cìuoli, e messer G^i Spini e'suoi consorti, e mes- 
ser Betto Bruoelleschi ; messer Corso Donati sì 
stava di mezzo, perch' era infermo di gotte, e per 
lo sdegno preso con questi capM^li dì parte ne- 
ra ; e quasi tutti gli altri grandi si stavano di 
raeszo, e' popolani, salvo i Medici e'Gìugni, ch'ai 
tutto erano co' neri . E cominciossi la battaglia 
tra' Cerchi bianchì . e' Giugni alle loro case del 
Garbo, e combattevisi di di e di notte. Alla fine 
si difesono i Cerchi coli' aiuto de' Cavalcanti e 
Antellesi, e crebbe tanto la forza, de' Gavalcand 
e Gherardini, che co' loro seguaci corsone la ter- 
ra iufinoin Mercato vecchio, e da Orto san Mi- 
chele ìnfino alla piazza di san Giovanni sanza 
contasto o riparo niuno, perocché a loro crescea 
forza di città e dì contado ; perchè la più gente 
dì popolo gli seguivano , e' ghibellioi s' accosta- 
vano a loro ; e venieno in loro soccch-so que' da 
Volognano con loro amici con più di mille fanti, 
e'già erano in Bisarnoje di ce^ in quellogiomo 



:.vGoo<^Ic 



LIBRO OTTAVO 1 a5 

eglino avrelJMDO vinta la terra, e cacciatone i so* 
praddetti caporali di parte nera e guelfa , i quali 
avràno per loro aimici, perchè si disse eh' avea- 
no fatto tagliare la testa a messer Setto Ghcrar- 
dini, e a Masino Cavalcanti, e agli altri, come 
addietro facemmo menzione. £ com' erano in sij 
fiorire e vincere in piiì pj^ti della terra ove si 
combatteva i loro nìmìci, avveAne, come piacque 
a Dio , o per fuggire maggior male, o permise per 
pulire i peccati, de'Fiorentini, che uno ser Neri 
Abati, cherico e priore di san Piero Scheraggio, 
uomo mondano e dissoluto, e ribello e nimico 
de' suoi consorti, con fuoco temperato^ in prima 
mise fuoco in casa i suoi consorti in Orto san Mi- 
chele, e poi m Calimala fiorentina in casa i Ga- 
ponsacchi presso alla bocca dì Mercato vec-' 
cbio. E fu sì (37) empito e furioso il maladettd 
fuoco col conforto del ventò a tramontana cba 
traeva forte, che in quello giorno arse le case de- 
gli Abati e de' Macci, e tutta la loggia d' Orto 
san Michele, e casa gli Amieri, e Toschi, e Ci- 
prìani, e Lamberti, e Bachini, e Buiamonti, è 
tutta Galimala, e le case de' Cavalcanti^ e' tutto 
intorno a Mercato niioyo e santa Cecilia, e tutta 
la ruga di porte sante Marie infino al punte ' Tec> 
chio, e Vacchereccia, e dietro a san Piero Sche- 
raggio, e le case de' Gherardini, e de' Pulci, e 
Àmideì, e Lucardesì, e dì tutte le vicinanze ,dei 
luoghi nomati quasi inQno ad Arno, e insomma 
arse tutto il midollo e tuorlo e cari luoghi della 
città di Firenze, e furono ia quantità, tra palagi 
e torri e case, piiì di millesettecenEo. li danno 
d' arnesi, tesaurì^ e mercatuizie ùi infinito , pe- 



;vGooi^lc 



130 GIOVANNI VILLANI 

rocche in que' luoghi era quasi tutta la merca- 
tanzia e cose care di Firenze, e quella che non 
ardea^ inombrandosi^ era rubata da' malandrini, 
combattendosi tuttora la città in più partii onde 
molte compagnie e schiatte e ^miglia furono di- 
aerte, e venuono in povertade per la detta arsio- 
ne e ruberìa. Questa pìstolenza avvenne alla no- 
stra città di Firenze a dì IO di Giugno, gli anni 
di Cristo i3o4, 6 per questa cagione ì Cavalcanti, 
i quali erano delle più possenti case e di geiiti,e di 
possessioni, e d' avere di Firenze, e'Gherardini 
grandissimi in Contado, ì quali erano esporali di 
quella setta, essendo le loro case .e de' loro vìcioì 
e seguaci arse, perdero il vigore e lo stato, e furo- 
no cacciati di Firenze come rubelli, e' loro nemi- 
ci racquistarono lo stato, e furono signori della 
terra. E allora si credette bene che ì grandi rom- 
pessono gli ordini della giustizia del pt^Lo , e 
arrebbonlo fatto, se non che per le loro sette era- 
no partiti e in discordia insieme, e ciascuna parte 
s'abbracciò col popolo per non perdere stato. Con- 
viene apcora lasciare alquanto a raccontare del- 
l' altre novitadi che in questi tempi furono in 
più parti, perchè ancora uè cresce materia del- 
l' avversa fortuna! della nòstra città di Fu'enze. 

GAP. LXXII. 

Come i bianchi e' ghibellini vennero alle 

porte di JFìrenze e andarne in 

isconfitta. 

, Tornato. il cardinale daRratò al papa chlera a 
Perugia colla <iDrte, sì si; dolse JDolto di coloro' 



:.vGooi^Ic 



Ll&aO OTTAVO la^ . 

che reggeano la città di Firenze, e molto gli 
abbominò dinanzi al papa e al collegio de' car- 
dinali di più crimini e difetti, mostrandoli pec- 
catori uomini, e nimici di Dìo e di santa Chiesa, 
e raccontando il disonore e tradimento eh' arca- 
no latto a santa Chiesa, Tolendogli porre io buono 
stato e pacifico ; per la qual cosa il papa e' suoi 
cardinali si turbarono forte contra ì Fiorentini , 
e per consiglio del detto cardinale da Prato, fece 
il papa citare dodici de'ma^iori caporali di parte 
guelfa e nera che fossono in Firenze, i quali guida- 
vano tutto lo stato della cittade, i nomi de'quali fu- 
rono questi : messer Corso Donati , messer Rosso 
della Tosa, messer Pazzino de'Pazzi, messer Gerì 
Spini , messer Betto Brunelleschi, che dovessooo 
. venire dinanzi a lui sotto pena dì scomunicazione 
e privazione di loro beni; i quali obbedienti incon^ 
tauente v'andarono con grande compagnia dì loro 
amici e familiari molto onorevolemente , e furono 
piùdi centocinquanta a cavallo, per iscusarsì al pa- 
pa dì quello che'l cardinale da Prato avea loro mes- 
so addosso. E in questa richeata e cìtazìonedi tanti 
caporali di Firenze, il cardinale da Prato sagace- 
mente si pensò uno grande tradimento contro 
a' Fiorentini, che incontanente scrisse per sue 
lettere a Pisa, e a Bologna, e in Romagna, ad 
Arezzo, a Pistoia, e a tutti i caporali di parte ghi- 
bellina, e bianca in Toscana e di Romagna, che 
si dovessono congr^are con tutte le loro forze e 
degli amici a pie e a cavallo, e in uno dì:nomato 
venire con armata mano alla città di Firenze , e 
prendere la teira, e cacciarne ì neri e coloro 
ch'erano stati contro a lui, e che ciò era di «o- 



;vGooi^Ic 



laS GIOVANNI VILLANI 

scienza e Tolontà del papa ( la qual cosa era 
grande bugia e falsità, che il papa di ciò non 
seppe niente ) confortando ciascuno che venissono 
securameate, perchè la città era fiebole e aperta 
da più parti, e che per sua industria n'avea tratti, 
e fatti citare a corte tutti i caporali di parte nera, 
e dentro avea gran parte che risponderebbono loro, 
e darebbono la terra, e che facessono loro ragunata 
e venuta segreta, e tosto. Iquali avute queste lette- 
re furono molto allegri, e confortandosi del favore 
del papa , ciascuno a suo podere si guemì, e mos- 
se a venire verso Firenze alla giornata ordinata . 
E prima due dì per la grande volontade, i Pisani 
colle loro masnade e eoo tutti ì Fiorentini rimasi 
in Fisa in quantità di quattrocento uomini a ca- 
vallo , onde fu capitano il conte Fazio , vennero 
infino al castello di Marti : tutta l' altra ragunata 
de' bianchì e ghibellini vennero verso Firenze per 
modo sì segreto, che furono alla Lastra sopra Mon- 
tughi in quantità di milleseicento cavalieri e di 
novemila pedoni , innanzi che in Firenze si cre- 
desse per la più gente, perocch'elli non lasciavano 
venire a Firenze niuno messo che ciò annunzias'' 
£e ; e se fossono scesi alla città il dì dinanzi, sanza 
dubbio aveano la trara, perocché non v'avea nulla 
provvedenza , ne gueruigione d' arme né difesa . 
Ma elli s'arrestarono la notte ad albergo alla 
Lastra e a Trespiano ìnfìuo a Fontebaona, per at- 
tendere messerTolosato degli Uberti capitano di 
Pistoia , 11 quale facea la via a traverso dell'Alpe 
cop treoento cavalieri pistoiesi e soldati^,^e con 
molti a piede ; e veggendo che la mattina non 
v«nia., gli usciti di Firaùze si vollono studiare di 



:.vGooi^Ic 



LIBRO OTTATO lag 

Tenire alla tara ^ credendola^i avere sanza colpo 
di spada, e così feciono, lasciando i Bolognesi alla 
Lastra , che per loro viltà, o forse perchè a' guelfi 
ch'erano tra loro non piacea la 'mpresa : vegnendo 
r altra gente , entraro nel borgo di san Gallo 
sanza nullo contasto , che allM'a non erano alla 
città le cerchie delle mura nuove, né ì fossi , e le 
vecchie mura erano schiuse e rotte in più parti . 
£ entrati dentro a' borghi ruppono uno serraglio 
di legname con porta htXa nel boi^o , il quale fu 
abbandonato da' nostri e non difeso , del quale gli 
Aretini trassono il chiavistello della detta porta , 
e per dispetto de'Fiorentini il portarono ad Arez- 
zo, e puosonlo nella loro chiesa maggiore di santo 
Donato. £ venuti ì detti nemici giù per le boi^ora 
verso la cittade , si schieraro in su '1 Cafaggio di 
costa a' Servi, e furono più di dodici centinaia di 
cavalieri e popolo grandissimo, per molti contadi- 
ni seguitigli, e di que'd' entro ghibellini e bianchi 
usciti a loro aiuto; la quale fu per loro mala capita- 
neria,come diremo appresso,che si puosono in luo- 
go sanza acqua; che se si fossono schierati in su la 
piazza di santa Croce , aveano il fiume e l'acqua 
per loro e per gli cavalli , e (38) la Città rossa 
d' intorno fo<M-i delle mura vecchie , eh' era tutta 
accasata da starvi al sicuro ogni grande oste , ma 
a cui Iddìo vuole male gli toglie il senno e l'ac- 
corgimento . Come la sera dinanzi si seppe la no- 
vel^ , in Firenze ebbe grande tremore e sospetto 
di tradimento , e tutta la notte si guardò la terra; 
ma per lo sospetto chi andava qua, e olii là, sanza 
ordine ninno, ìsgombrando ciascuno le sue case . 
£ dì vexo si disse, che delle maggiori e migliori 



;vGooi^lc 



l3o GIOVANNI TILLA.ni 

case di Firenze di grandi^ de'popolani^ guelfi aep^ 
poQO il detto trattato, e promesso arcano di dare 
la terra; ma sentendo la gran forza de' ghibellini 
di Toscana e nimici del nostro comune, i quali 
erano venuti co' nostri usciti, temettono forte di 
loro medesimi, e d' esserne poi cacciati e rubati, 
si rimossono proposito, e iutesono alla difensa eoa 
gli altri insieme. Certi de' nostri caporali usciti 
con parte della gente, si partirono di Gafàggio 
dalla schiera, e vennero alla porta degli Spadarì, 
e quella combattero e Tinsono,e entraro delle loro 
insegne e di loro infino presso alla piazza di san 
Giovanni; e se la schiera grossa eh' era in Gafag-, 
gio fosse venuta appresso verso la terra, e assa- 
lita alcuna altra porta,di certo non aveano riparo. 
Nella piazza di san Giovanni erano raunati tutti 
i valenti uomini e' guelfi che intendeano alla di- 
fensione della città, non però grande quantità 
( forse duecento cavalieri e cinquecento pedoni ) 
e con forza delle balestra grosse ripinsono i nimici 
iìiori della porta , e con danno d' alquanti presi e 
morti. La dovella andò alla Lastra a' Bolognesi 
per loro spie, e rapportarono che ì loro «^no 
rotti e sconfitti, incontanente, sanza saperne il 
certo, che non era però vero, si misero in via, chi 
meglio pbteo fuggire; e scontrsindc^li messer Tolo- 
sato con sua gente in Mugello, che venia e sapea 
il vero, gli volle ritenere e rimenare indietro: 
non ebbe luogo né per prieghi né per minacce . 
Quegli della loro schiera grossa delGaffi^io,avuta 
la novella dalla Lastra , come ì Bolognesi s'erano . 
partiti in rotta, come piacque a Dio, incontanente 
impaurirò, e per lo disagio di stare iofino dopo 



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LIBfiO OTTAVO l3l 

nona a schiera alla fersa del sole, e gran caldo 
ch'era^ e non aveano acqua a sofficienza per loro 
e per loro cavalli, cominciarono a partirsi e an- 
dare via in fuga, gittando l' armi sanza assalto 
o caccia di cittadini, che quasi e' non uscirono 
loro dietro, se non certi masnadieri di volontà ; 
onde molti de' nimici ne morirono per ferri e 
per trafelare, e rubati l' arme e' cavalli, e certi 
presi furono impiccati nella piazza di san Gallo, 
e per la via in su gli alberi . Ma dì certo si disse, 
cbe con tutta la partita de' Bolognesi, se tossono ' 
stati fermi insino alla venuta di messer Tolosato, 
che '1 poteano sicuramente fare per Io piccolo 
podere de'cavalieri difenditori ch'avea in Firenze, 
ancora avrebbono vinta la terra. Ma parve opera 
e volontà di I>io, che fossono (39) ammaliati, 
perchè la nostra città di Firenze non fosse al tutto 
diserta, rubata, e guasta. Questa non preveduta 
vittoria e scampamento della città di Firenze,fu il 
di di santa Margherita a di no del mese di Luglio, 
gli anni di Cristo 1 3o4. À.vemo fatta à stesa me- 
moria , perchè a ciò fummo presenti , e per lo 
grande rischio e pericolo di che Dio scampò la 
città di Firenze , e perchè i nostri discendenti ne 
prendano esemplo e guardia . 

CAP. LXXin. 

Come gli Aretini ripresono il Castello dì La- 
ferino che 'l teneano i Fiorentini. 

Nel detto anno 1 3o4 a dì aS del mese di Luglio, 
essendo la città di Firenze in tante awersitadi e 



;vGooi^Ic 



l33 GIOT&HIII TILLIRI 

fortune , gli Aretini con gli Ubertini e' Pazzi di 
Valdarno vennero con tutto loro podere di gente 
d' arme a cavallo e a piede al castello di Lata>i- 
no , il quale teneaoo ì Fiorentini, e aveano tenu- 
to lungo tempo per forza, e quello coli' aiuto dei 
terrazzani fu loro dato ; e la rocca la quale avea- 
DO fatta fare i Fio^entiDÌ,^ e 1' aveano in guardia 
inesser Gualterotto de' Bardi, perch' era venuto a 
Firenze per le novitadi che v* erano state , con- 
venne s'arrendesse pochi di appresso, perocch'era 
rimasa mal fornita , e per le novità di Firenze 
non aspettavano soccorso. E alcuno disse che gli 
Ubertini suoi parenti il ne tradiro e ingannaro , « 
chi disse che lo 'ogannofu fatto al comune . Della 
quale perdita del castello spiacque molto a' Fio- 
rentini, perocch' era molto forte, e in una contra- 
da che tenea molto a freno gli Aretini. 

CAP. LXXIV. 

ancora di novitadi che furono in Mrenze 
ne' detti tempi. 

Nel detto anno a dì 5 d' Agosto, essendo preso 
nel palagio del comune di Firenze Talano di raes^ 
ser Boccaccio Gavicciuli degli Adìmari per mali- 
ficio commesso , onde dovea esaere condannato, ì 
suoi consorti, tornando la podestade con sua £t- 
miglia da casa i priori, l' assalirò con arme e fe- 
dirono malamente, e di sua famiglia* furono morti 
e fediti assai ; e' detti Gavicciuli entrarono in pa- 
lagio, e per forza ne trassono il detto Talano 
«anza cootasto niuno, e di questo malifìcio non 



;vGooi^Ic 



LIBRO OTTAVO j33 

fu giustizia DÒ punizione niuna ; in si corrotto 
stato era allora la città di Firenze . £ la podestà 
eh' aTca nome messer Giliolo Puntagli da Parma, 
per isdegno si partio,e tornossi a casa sua colla det- 
ta vergogna, e la città rimase sanza rettore; ma per 
necessità i Fiorentini feciono in luogo di podestà 
dodici cittadini , due per sesto, uno grande e uno 
popolano, i quali si chiamarono le dodici podesta- 
di, e ressouo la cittade iu6no a tanto che venne la 
nuova podestade . 

GAP. LXXV. 

Come i fiorentini feciono oste e presono il ca- 
stello delle Stinche e Montecalvi che 'l 
teneano i bianchi . 

Mei detto anno e mese d'Agosto,es5endo la città 
di Firenze retta per le dodici podestadi, ordinaro- 
no oste per perseg uitare i bianchi e' ghibellini, i 
quali aveano ribellate più f<Htezze e castella nel 
contado di Firenze, e intra gli altri era rubellato il 
castello delle Stìnche in Yaldìgrieve a petizione 
de'Gavalcaotijal quale andò la detta oste,e puoser- 
vi l'assedio e combatterlo, e per patti s' arrenderò 
pregìoni , e '1 castello fu disfatto , e' pregionì ne 
furono menati in Firenze , e messi nella nuova 
pregione fatta per lo comune in su '1 teireno degli 
Uherti dì costa a san Simone , e per lo nome dì 
que' pregìoni venuti dalle Stinche, che furono i 
primi che vi fiirono messi , la detta pr^ione ebbe 
nome le Stinche . E disfatto il castello , e partita 
la detta oste , ne vennero in Valdipesa e assediaro 



:vG0p<^Ic 



l34 GIOVANNI TlttARI 

Hontecalrifil quale aTeano rubellato i CaTalcantif 
Q quello asKdiato e combattuto , s' arrenderono 
salve le persone ; ma uscendone uno figliuolo di 
tnesser Banco Cavalcanti , per uno de' figliuoli 
della Tosa fu morto, ond'ebbono grande biasimo, 
per la sicurtà data per lo comune , e nulla giu- 
stizia per lo comune ne fìi . Lasceremo alquanto 
delle nostre avverse novità dì Firenze , e ^emo 
incidenza, torqando alquanto di tempo addietro 
per raccontare la fine della guerra dal re di Fran- 
cia a' Fiamminghi , la qtKtle lasciammo addietro. 

GAP. LXXVI. 

Incidenza; tornando alquanto addietro, a 
> raccoTttare delle storie 

de' Fìarnminghi. 

N^li anni di Cristo i3o3 , i Fiamminghi con 
l(H*o oste grandisùma corsono il paese d' Artese 
accendo grande dammaggio, e araono il borgo 
d'Arches fuori di santo Mieri, e puosonsi a campo 
nel bosco di là dal fiume della Liscia. I France- 
schi ch'erano in santo Mieri più di quattromila 
uomini a cavallo e gente a piede assai ccd mali- 
scalco di Francia, saviamente ingannarono i Fiam- 
minghi, che parte di loro al di lungi dell' oste si 
misoDO in (40) guato una notte, e l' altra caval- 
lerìa e gmts de' Franceschi assalirono i Fiam- 
minghi dalla parte del borgo d'Arches. I Fiam- 
nànghi vigorosamente tutti si misono alla 'ncon- 
tra de' Franceschi, e cominciarono la zufia ; gli 
ahri Franceschi ch'erano nelF aguato uscirono 



:.vGooi^lc 



LIBRO OTTAVO l35 

al dì dietro sopra ì FianuniDghì, i quali T^;eii-> 
dosi im[HtiVTÌ80 assalire, si misono io ìsconfitta, 
e rìmaSMine morti più di tremila, gli altri si fug- 
girono al poggio di Cassella. In questo medesimo 
anno e teiqpo il buono ineaser Guido di Fiandra, 
il qtiale per retaggio della madre cusara ragicme 
sopra la contea d' Olanda e d' Inlanda , la quale 
tenea il conte d' Ànaldo suo cugino , prima col- 
r aiuto e forza de' Fiamminghi corse parte della 
contea d'Analdo, e poi con grande oste e navilio 
passò in Isilanda, e prese la terra di Middelboi^o, 
e quasi tutto il paese e quelle isole d' intomo , 
salvo la terra di Siligea^ la quale era molto forte 
e bene guernita. In questo anno venne di Puglia 
in Fiandra messer Filippo Ggliuolo del conte Gui- 
do di Fiandra, e lasciò e rifiutò al re Carlo di Pu- 
glia il contado di Tieti^ di l4anciano , e della 
Guardia in Abruzzi, il quale egli tenea in fio dal 
re e per dote della mi^lie , per soccorrere il pa- 
dre e' fratelli e il suo paese di Fiandra , e amò 
-meglio d' essere povero cavaliere sanza terra, per 
aiutare e aoccorrere la sua patria e avere onore , 
che rimanere in Paglia ricco signore. Incontanen- 
te che fu in Fiandra, da' Fiamminghi fu fatto si- 
gnore e capitano di guerra, il quale usò in Italia 
e in Toscana e in Cicilia alle nostre guerre ; fu 
molto sollecito e franco, perocché alquanto era di 
testa, e coli' oste de'Fiamminghi andò sopra san- 
to Mieri , e corse e distrusse gran parte del paese 
infino alla marina ; e poi assediò la guasta terra 
dell'antica città di Ternana in Àrtese, perocch'ere 
■anta mura , por cinta di fosse, e dentro v'erano 
in guardia duecento cavalieri lombardi , e mille- 



;vGooi^Ic 



i36 GIOTiRKl TlLLini 

cioqueoento pedoni toscani e lombardi e roma' 
gnuoli con bnce langhe e tutti bene armati alla 
nostra guisa , onde i paesani di là si maraviglia- 
Tano moltoj e di loro aveano grande spavento; i 
quali avea &tti venire di Lombardia messer Mu- 
sciatto Franzesi e messer Alberto Scotti di Pia- 
cenza , la quale era una buona masnada e valen- 
te , e d' onde i Fiamminghi più temeano. £ ere- 
dend<^li i Fiamminghi avere presi in Ternana f 
perocché per moltìtndioe di loro , eh' erano più 
di cinqiiantamìla , aveano presa per forza la por- 
ta , e valico il fosso , ì Lombardi e' Toscani ac- 
cendo serrigli e sbarre nella ruga della terra , ri- 
t^pnendo e combattendo co' Fiamminghi , sì gli 
resistettono tutto il giorno ; ma crescendo la po- 
tenza de' Fiamminghi , per la moltitudine loro 
compresoDo tutta la terra d' intorno^ salvo dalla 
parte del fiume y e credendosi avere circondati e 
presi tutti i Lombardi sanza riparo ; ma i Lom- 
bardi e' Toscani , come savi e maestri dì guerra y 
fecìono uno bello e subito argomento al loro scam- 
po, e a ingannare i Fiamminghi : ciò fu, eh' egli- 
no (41) stiparono due case 1' una incontro all' al- 
tra i le quali erano in capo del ponte del fiume 
della Liscia che correa dì costa alla terra, e ve- 
gnendo ritegnendo U battaglia manesca co'Fiàm- 
minghi , lasciandosi perdere di serraglio ìn'serra- 
glio al loro scampo e ritratta , come furono pres- 
so al ponte misono fuoco nelle dette case stipate, 
e valicarono il ponte sani e salvi , e di là dal fiu- 
me stavano schierati sonando \aco (4^) stromenti, 
e (43) faccende schemie de'Fiamminghi,e saettan- 
. 4e Iotoj e poi ricolti tutti, se n'andarono alla ter- 



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IIBRO OTTAVO Ì3y 

ra à* Aria in Artfse , e poi alla città di Tornai . 
I Fiamminghi , per la forza del gran fuoco non 
ebbono podere dì acuìrgli , onde rimascmo eoa 
onta o vergogna scornati dello inganno de' Lom- 
bardi, e per cmccio misono fuoco, e arsero e gna- 
starono tutta la città dì Ternana; e poi sanza sog- 
giorno 86 n'andarono per Àrteae guastando il pae^ 
se,epuosoo8Ìadostealla forteerìcca città di Tomai 
qoasi intorno intorno con loro grande esercito , e 
crescendo loro oste. Ma la città era ben guemìta 
di buona cavalleria e delle masnade de' Lombar- 
di e Toscani, che poco o niente gli curavano ; ma 
di continuo le dette masnade uscivano fuori della 
terra , e assalivano l' oste de' Fiamminghi di di e 
di notte , dando loro molto afl&nno e sollecitudi- 
ne ^ e fàccendo (44) romìre la grandissima oste; e 
come erano cacciati da' Fiamminghi , si riducea- 
no in su'fossi dì fuori sotto la guardia delle torri 
della città e de' loro balestrieri ordinati io su le 
mura ; e nulla altra gente facea guerra a' Fiam* 
mìnghi , e di cui più temessono ; e per questo 
modo sovente gabbavano i Fiamminghi. In «que- 
sta stanza dell' assedio di Tomai ^ lo re di Fran- 
cia molto straccato di spendio , per trattato del 
conte di Savoia si presono triegue per uno anno 
da lui a' Fiamminghi , e levossi 1' assedio di Tor- 
nai ; e '1 conte Guido di Fiandra fii lasciato di 
pilone sotto sicurtà di saramento e di stadicbi, 
e di ritornare in pregìone infra certo tempo ; e 
andò così vecchio com' era in Fiandra con gran- 
de allegrezza per vedere suo paese libera dalla sir 
gooria de' Francescfai , e fare festa. a' suoi discenr 
denti e buona gente del paese. E ciò fatto, disse. 



;vGooi^Ic 



r38 0M)T4|(|(I TILLAHI 

che ornili non curava fli morire , quando a Dio 
piacesse ; e per lo sarameoto sì tornò io pregio- 
ae a ConipigDo , e poco stante si morì , e rendè 
r anima a Dio in aggio di più di ottant' anni , 
come ralente e savio uomo , e buono signore ; e 
lui morto, il corpo suo fu recato in Fiandra, e sop- 
pellito a grande onore. 

GAP. LXXVH. 

Comejii scoTtfitto e preso in mare messer Guida 

di JBìandra colla sua armata , d<UV am- 

miraglio del re di Francia. 

Fallite le trìegue dal re di Francia a'Fiammin- 
ghi l'anno appresso i3o4j lo re di Francia fece 
uno grande apparecchiamento di molti baroni per 
andare in Fiandra, con più di dodicimila buoni 
cavalieri gentili uomini , e con più di cinquanta- 
mila pedoni ; e col detto esercito e con grande 
fernìmeoto passò in Fiandra . In mare fece sup 
ammiraglio messer Rinieri de' Grimaldi di Geno- 
va , valente e &anco uomo e bene avventuroso in 
guerra di mare , il quale da Genova venne nel 
mare di Fiandra con sedici galee bene armate al 
soldo del re, po' guerreggiare per terra e per m^re 
ì Fiamminghi , per levare l' assedio della terra di 
Siligea in Fiandra , alla quale era il buono e 
valente messer Guido di Fiandra con più di quin- 
dicimila Fiamminghi sauea quelli del paese di 
eoa parte. E corseggiarono , e fìitta gran guerra 
alle terre marine di Fiandra , e preso molto na- 
TÌlio con mercatanzie de'Fiammìnghi per lo detto 



;vGooi^lc 



LIBSO OTTAVO 189 

ammiraglio si andò per soccorrere . Siligea eoa 
Tenti navi armate a Galese , e colle dette sedici 
{[alee. Messer Guido di Fiandra veggeodolo veni- 
re, lasciò fornito in terra all'assedio a Siligea con 
diecimila Fiamminghi, e armò ottanta navi , ov- 
vero cocche , al modo di quello mare, ibmite con 
castella per battaglia, e in ciascuna il meno cento 
uomini Fiamminghi e del paese , ed egli in per- 
sona con molta buona gente salì in sa la detta 
armata e navilio , avendo il d^to messer Rinierì 
Grimaldi e'Genovesi per niente, per lo poco 
navìle eh' avea a comparazione del suo ; ma non 
istimava quello che portavano in mare le galee 
de' Genovesi armate . Si s' adontarono insieme , 
e 1' assalto fii grande e forte e furioso del navilio 
di messer Guido per gli Fiamminghi , per lo so- 
prastare che le sue navi colle castella armate fa- 
ceano alle galee dell'ammiraglio. Ma messer 
Binieri conoscendo il modo del combattere di 
quelle navi , e della marea e ritratta che fa quel 
mare per lo fiotto , sì si ritrasse addietro a remi 
f»lle sue galee , e lasciò le sue navi per abbando- 
nate , le quali erano armate di genti di quella 
marina ; onde la maggiore parte furono prese e 
isbarattate ,- e credevasì messer Guido e'Fiam- 
mìnghi avere vìtttffia de' suoi nemici , e messo 
r ammiraglio in lùga . Ma il savio ammiraglio at- 
tese colle sue galee tanto che tornò il fiotto colla 
piena marea , com' è costume di quello mare , e 
la sua gente rinfrescata venne con frate rema della 
sue galee come cavalli correnti , e con molti bs' 
lestrjeri e moschetti in su ciascuna galea assalendo 
e saettando le cocche e navi de'Fiamminglii, onde 



:.vGooi^Ic 



l4o GIOTl^Niri TILLARI 

molti furono fediti « morti . I Fiamminghi non 
costumati di sì fatto assalto e battaglia , e non 
potendo per forza di vele tornare addietro né ire 
innanzi, ìsbigottirono molto. I Genovesi con loro 
navilio mescolandosi tra '1 navilio de'Fia'mmin- 
ghi , sì si misono quattro galee coli' ammiraglio a 
comltattere la grande cocca dello stendale, ov'era 
messer Guido di Fiandra co' suoi baroni, e quella 
per forza di saettamento e per prestezza di gente 
con le spade in mano tagliando da più parti in 
su la cocca , quella presono con molti fediti e 
morti da ciascuna parte , e messer Guido, tra gli 
altri eh' erano rimasi , s' arrendeo protone . £ 
presa la nave di messer Guido , 1' altre furono 
tutte sconfitte e la maggiore parte prese. £ per 
abbondante la gente de' Fiamminghi eh' erano 
all' assedio a Sìligea furono assediati eglino, e per 
difetto di vittuaglia chi fuggi a pericolo di morte, 
e chi s' arrendeo pregione ; e messer Gu^do con 
molti altri ne fu menato preso in Francia a Pa- 
rigi. Questa pericolosa e grande sconfitta ebbono 
i Fiamminghi all'uscita del mese d'Agosto gli an-. 
ni di Cristo 1 3o4- In questo medesimo tempo cer- 
ti di Baiona in Guaso^na con loro navi, le quali 
chiamano cocche , passarono per lo stretto di 
Sìbilia , e vennero' in questo nostro mare corseg- 
giando , e feciono danno assai ; e d' allora innan- 
zi i Genovesi e' Viniziani e' Catalani usaro di 
navicare con le cocche , e lasciarono il navicare 
delle navi grosse per piiì sicuro navicare , e che 
sono di meno spesa : e questo fu in queste nostre 
marine grande mutazione di navilio. 



:.vGooi^lc 



XiIBRO' OTTATO »4' 

GAP. LXXVIU. 

Come io re di lancia sconfisse i FiammingH 
a MoHsimpeveri. 

Nella detta state innanzi la sopraddetta scon- 
fitta di messer Gaido di Fiandra , ì Fiamminghi 
sentendo la venata che'l re dì Francia facea sopra 
loro, feciono grande apparecchiamento d'o8te,e fu- 
rono più di sessantamila, e con loro signori e capi- 
tani messer Filippo di Fiandra, e messer Gianni 
conte di Namurro , e messer Arrigo suo fratello, e 
messerGuiglielmo di Giulieri, con gli altri baroni 
di Fiandra, e di Namurro, e d'ÀIaraagoa, e altri lo- 
ro amici vennero con loro os^aLilla e alla frontie- 
ra, per contradiare al re e a sua gente Ventrata in 
Fiandra. La gente del re vegnendo dalla parte dì 
Tornai, feciono una grande (45)punga al passo del 
ponte Agandino in su la Liscia per passare il fiu- 
me , , e fuwi morto il valente cavaliere iDisser 
Gianni Buttafoco di que'di Gianville eoo più altri 
cavalieri franceschi , ma alla fine i Franceschi fu- 
rono vincitori del pa^o, e valicò il re con tutta sua 
oste, e accampossi tra Lilla e Dos^io nella vallo 
del luogo detto Monsìmpeveri . I signori di Fian- 
dra con loro oste scesoQo di Monsìmpeveri ove 
erano accampati, e, stesono loro alberghi e tende, 
e accamparsi nella piaggia saoza dirizzare ten- 
de o trabacche , con inteaziooe di venire alla 
batU^lia incontanente , per le novelle eh' aveano 
già della sconfitta d'Isilanda di messer Guido; e 
puoaoQsi alla riucontra del re di Francia « di sua 



;vGooi^Ic 



1^3 GlOTAtfNI TILLAKl 

oste^escesono tuttiapiè, chìarea cavallo, appa- 
recchiati di combattere; e aveano tanto carr^gio, 
che di loro carri per loro fortezza e sicurtade si 
chiusoDO intorno intomo tutta loro oste , che gi^ 
rava più di tre miglia , e lasciarono al campo 
cincjue uscite . Ma intanto feciono mala capita- 
nerìa di guerra , che quando stesono i loro padi< 
gliuii e trahacche lerandoai dal pog^o di Mon- 
•impereri , (46) tutto torciarono e caricarono 
co' loro arnesi e vittuaglia in su le 1(h*o carra , e 
quasi eglino medesimi s'assediarono e asseccaroDo; 
onde ì Franceschi assalendogli al continuo in 
quella giornata Con quattordici battaglie, ciò sono 
schiere, eh' aveano fatte di loro cavalleria, che 
di ciascuna era capitano e guidatore uno de' mag- 
giori signori di Francia, tegnendogli a badalucchi 
e aggirandc^li d' intomo con loro schiere ordi- 
nate, sonando trombe e nacchere al continuo , 
molto gli affannavano; e eglino rinchiusi nel (47) 
carrioOjpoco si poteano aiutare e offendere i Fran- 
ceschii E oltrea questo, faccendo i Franceschi Ve- 
nire i loro pedoni, e sperimento i bidali , cid 
«ono Navarrea, Guasconi, e Proenzali, e eoo al-" 
tri di Linguadoca, leggieri d' arme , eoa balestra 
e con loro- dardi e giavellotti (4^^) a fusone, e con 
pietre pugnerecce conCe a scarpelli a Tramai , on- 
de il re avea (atti venire in su più carra , -assalirò 
il carreggio de' Fiamminghi, e in più parti lo *n-> 
torniaro erubaro, e istando' in su'carri de' Fiam- 
minghi saettando e gittando pietre, e dardialle 
schiere , onde molto forte affiiggeano il popolo di 
Fiandra ; e massimamente perchè '1 tempo era 
£aldissiato , e il forahHmto di bere e di mangiai 



;vGooi^Ic 



LIERO OTT4TO l43 

re de' Fiamminglii ( che poco possooo stare di- 
giuni ) era loro malagevole , e non ordinato da' 
potere avere , perocch' era in su' carri^ onde mol- 
to furono confusi . E stando in questo tormenta 
iofino presso al vespro , non potendo più durare^ 
quasi come disperati di salute , alquanti di loro 
co' loro signcffi e capitani ordinarono d' uscire 
della bastita de' carri , e assalire l' oste de' Frao^ 
ceschi ; e il buono messer Guiglielmo di Gtulìeri 
con certi eletti di Bri^gia e del Franco di Brug- 
già fu una schiera , e messer Filippo dì Fiandra 
con certi di qu^li di Canto e del paese un'altra 
schiera , e messer Gianni conte di Namurro con 
certi di quegli d'Ipro e della marina furono un'al- 
tra schiera. È subitamente, non preudendosi guar- 
dia di ciò i Franceschi , uscirono a uno segno e 
grido del loro campo da tre parti, con grande iii- 
ria e romore assalendo i Franceschi; e fu sì gran- 
de e fòrte 1' assalto de' Fiamminghi , che messer 
Carlo di Valos , e '1 conte di san Polo , e più àU 
tre schiere furono rotte , e mìsonsi in volta . Il 
buono messer Guiglielmo di Giulierì con que'dì 
Bruggia e del Franco , se n' andarono diritto alle 
logge e padiglione del re di Francia con à gran 
furia, uccidendo chiunque si parava loro innanzi, 
sicché non ebbono quasi nullo contrasto ; sì turono 
al padiglione del re, trovando gli'arro^ e la vi- 
vanda della cena de' Franceschi a fuoco, e quelle 
tutte rubaro e mangiarono, e andando cercando 
la persona- del re , il trovarono isprorveduto e 
quasi disarmato, apife, che indosso non aveaar-> 
me , se non une (49) ghiazzeriDO ; e perchè noi 
tfovarono ooU' armi rt»li indosso , noi conobbe-' 



;vGooi^Ic 



l44 GIOTAHKI tlI.LlHI 

no, che di certo morto lo avrebbonOj che n'avea- 
no U podere, e aTrebbono finita la loro gaerra , 
se Iddio r avesse assentito ; e pure così scono- 
sciuto , ebbe lo re troppo a fare a montare a ca- 
vallo , e furongli morti a'piè parecchi grandi bor- 
gesi di Parigi , eh' aveano l' uficio di metterlo a 
eavallo. fila come & montato y cominciò a sgri- 
dare i saoi e a dare loro conforto , e di suo 
corpo fare maraviglie d'arme, come quegli ch'era 
forte , e di (5o) fazione 4i corpo il meglio fornito 
che nullo cristiano che al suo tempo vivesse ; sic* 
che in poca d' ora s' ebbe riscosso da' nemici , e 
messigli in volta, e ricoverato il campo. £ messer' 
Carlo suo fratello e gli altri baroni che con loro 
schiere de' cavalieri foggiano , sentendo che il re 
con sua schiera tenea campo , tornaro addietro e 
ingrossaro la battaglia del re , e fu si possente , 
che mise in rotta e in isconfitta i Fiamminghi. £ 
in quella punga rimase morto il buono messer 
Guìglielmo di Gitdierì con più cavalieri e baroni 
e buoni bargesi eh' erano con lui , ma non aanza 
gran danimaggio de' Franceschi , che in quello 
assalto morio il conte d' Alzurro, e '1 conte di 
Sansurro , e messer Gianni figliuolo del duca dì 
Borgogna , e più altri baroni e cavalieri in quan- 
tità dì millecinquecento e più , e de' Fiammin- 
ghi vi rimasono tnortì più di seimila , e lasciaro- 
no tutto il loro carrÌDO e arnese ; e durò l' aspra' 
battaglia ìnfino alla notte con torchi accesi. £ di 
certo per virtù solo della persona del re , i Fran- 
ce«chi vinsono e èhbono vittoria della detta bat- 
taglia : e messer Filippo di Fiandra con gran 
parte de' Fiamminghi isi fuggirò, e ricoverarono k< 



:vGoo<^Ic 



LIBKO OTTAVO l45 

■otte in liilUj e messer Gianni ài Naiaarro e mes- 
ser -Arrigo Aio fratello uggirono la notte a Ii)To,e 
rimase lo re co' Franceschi vincitori in su '1 cam- 
po. L' altro S. ^presso ordinò xh' e' Franceschi 
morti fossoDo soppelliti, e così fu fatte in una 
badia la quale è ivi di costa al piano ave fu la 
l*atta^ia> e Jece decreto e gridare sotto pena ddl 
cuore e d' avere , che a nullo corpo de' Fiammio- 
ght fosse data sepoltura» ad esemplo e perpe- 
iiiale inemoria . E k> scrittore dò posso testimo-' 
Biafe di vero, che a pochi di appresso fui in su '1 
<aiilipo dove.fìi la l>attaglia, è vidi tutti ì- corpi 
morti e ancora (5i) non ìntamati- E la detta bat- 
tagUa fu all' uscita del mese di Settènilire , gli 
anni di Cristo i3o4- 

CAP. LXXIX. 

Come poco appresso la sconfitta di Monsimpe- 
veri, i Piamminghi tornarono per com- 
- . becere col re di Francia , e ebbono 
buona pace. 

L' altro dì appresso che '1 re> di Francia ebbe 
U, vittoria de'-Fiamminghì, si si partì dì quel- 
lo luogo ov« fìi la battaglia, e con -tutta sua 
dite si puose all'assedio alla terra di Lilla, 'Ov' era 
rinchiuso e rimaao messer Filippo di Fiandra eoa 
certa buona gente d'arme per dilènd^re la terra 
e quella tutta circondata , sì che nullo ne pot«a 
uscire né entrare; e girava l'oste del re più di sei 
miglia, e fece rizzare molti d^ii e torri di le- 
gname per combattere la terra e'I castello, il- 

r. ///. IO 



;vGooi^Ic 



t^Q eiOT&HNl VlLLàRI 

qiule-era molto forte e bello, fattoper lo reali» 
prima guerra; e di certo saoza luogif dimoro sì 
credea il re avere la villa e '1 castello per forza O' 
per fame. In questo stante avvenne grande ma-, 
raviglia, e bene da farne nota e |-icordanzà; che 
tornato measer Gianni di Namurro à ^ruggia, e 
richestt quegli del paese al soccorso di Lillà, 
jioQ isbigottiti né spaveatati delle due grandi 
sconfitta ricevute così di corto a Silisea in mare 
e a Monsìmpeveri^ma Con grande ardire e buonoi 
volere tutti qu^li del paese lasciando ogni loro 
arte e mestiere a' apparecchiarono di venire 
all' oste; e in tre settimane dopo* la^sconfitta, eb- 
bono rifatti padiglioni e trabacche, 6' chi non 
ebbe panno lino, sì le fece di (5ì) buone bianche 
d' Ipro e di Ganto- E raunato di tutto il paese 
il carreggio e tutti i fornimenti d'oste, armaroosi 
nobilemente, e tutti per campagnie d' arti e di 
mestieri, con soprasberghe nuove di fini drappi- 
divisata l'una compagnia dall'altra, e furono bene 
cinquanta migliaia d'uomini d'ann£,e tutti si giu> 
rarono insieme di mai non tornare a loro casa , 
eh' eglino avrebbono buona pace dal re, o di com- 
battersi con lui e con sua gente, perocché mèglio 
amavano di morire alla batttagUa che vivere id 
servaggio^ £ cosi caldi e iiisperatl nev^BnePÒ al 
ponte a Guarestona sopra la Liécia presso di 
Lilla, e accamparonsi inconb^) all'òate del redi 
Francia; e per loro araldi ( ciò sono ■ uomini di 
corte ) feciouo richiedere lo re di battaglia. Qnan-> 
do lo re vide venuto cosi grande esercito di Fiam-' 
iniughi io cosi poco di tempo e così disposti a bet-^ 
jtaglia,si mam vigliò molto,e temette forte, avendo 



;vGooi^Ic 



; llfiRCk OTTAVO ' > 4? 

WSaggiato a Mwiamtpévet-i là loro dU^ersta furia; 
if riqhiese suo consiglio de' suoi baroai^ de' quali 
oon v'ebbe niuno^si ardito che noo/avesse tet- 
m^nza, dicendo, al re: Benché Iddio adesso et 
tiesse di loro la vittoria, non sarebbe sansa 
grar^e pericolo della nostra gente eoàra baviyi 
nia, perocch'essi combatteranno come gen&e di* 
sperata . Per la qual cosa il duca di Brabante , 
eh' era venuto conjè .tossano uell' oste del re col 
conte di Savoia insieme, s'iutramisono d'accordo 
e. pace dal re a' Fisipnndigbì; e com^ piacque à 
Dio, e per la tema de' Franceschi,' Li ^ pace fu 
fatta e confermata in questo modo: eh' e' Fiam- 
4)inght rÌDOarFebbanòibiloro fraòcUigia e libertà 
per Iv modo antico e consueto; e ch'ieglìoa' fÌ£b- 
yr^bbpiw> i laro' sig^aoc) liberi delie cantere del re 
di Fraocia, ciò. era messer Roberto dì Bettiwa 
prÌQi(^enito del conte Guido di Fiandra^ « che 
^iccedea a essere conte, e raesser Guiglielmo- di 
Fiaadra, e messisr Guido dì Namurro suoi fratelli^ 
e più altri baroui e cavalieri e b(»^qi' fiammin- 
giù presi ; e cbe il re Restituirebbe al conte d'Uni* 
versa figJiiuolD dèi xletka.piesser i^oberto ,'coute di 
Fiaildrc lacuoten ,d'Uaiyeraa -e quella di Ha-- 
sCréllo, le quali il re' di Francia per la: guerra 
gli ay^a jt^iUe e levate ■ B' altra parte iFiammiu- 
ghi per. patti della pace e ammenda id re, lascia'^ 
Vano-a queto'tabta'la.pacte di Fiandra <^1 fiume 
dellaXlsoa verso Francia che parlano Piccardo, 
cioè Lilla, 'Doai^e Orci, e Bettona.j cop . più vii* 
late; e oltre a .ciò pagare al re in certi'! termini 
libbtè duecentomila rdiÌKioai parigióL. £ cosi fu 
gitorata e plvine^ye'me'ssa a segniztoae^ e in 



;vGooi^Ic 



l48 GIOTAMNl TltiL4III 

questo modo ebbe fine la dora e aspra gaerra dal 
re di Francia a'Fìamminghi. Laaceremo di qoeaUi 
materia, eh' ba aTuto suo fine, e torneremo a 
nostra, a dire de' fatti d' Italia e della nostra cittit 
di Firenze, eh' assai novità iuroQo in questi tem- 
pi. £ prima dèlia morte di papa Benedetto, e dì 
qoegli ch$ succedette appresso . 

CAP. LXXX. 

Conte morì papa BenededOf e della nuova eie* 
zione di papa Clemente quinto . 

Negli anni di Cristo 1 3o4 a dì 37 <kl mese di 
Luglio^orì papa Benedetto nella città ^Perugia, 
e dinesi di veleno; che'stando egli a sua mensa 
a mangiare, gli venne uno-giovane vestito e ve* 
lati» in abito di femmina servigiale delle monacbe 
di santa Petronella di Perugia, con uno ba<;ÌQO 
d'argento, ìv' entro molti belli fichi fiori, epre- 
fientc^li alpapa da porte delia badessa di quello 
monastero sua dìvc^; IIpxpagliTÌcevetteagr-aa 
festa, e perchè gli mangiata volentieri , esanaa 
fame fare saggio, perchè era presentato da fem- 
mina, oe mangiò assai, onde incontanente cadde 
malato, e in pochi di morie, .e ' fii sop^Uìto ai 
grande onore a* frati predicatori, ch'era di qnello 
online, in santo EFcolanodiPeragia.' Questi fu 
buono uomo, e onesto e giuatd, e dì santa e reli- 
giosa vita', eavea voglia dì iàrec^ai bene, e per 
invidia: di icerti ^e'suoi frati cardinali, si disse , il 
fócionoipenló detto modo morire; onde Iddio ne 
rendè jMie,9e colpa v'ebbono, in foriere wisu 



:.vGooi^Ic 



. hisKO iftTATO- 149 

giusta e aperta vendetta, enne si tnostrerà ap- 
presso, eh* dopo la itearte del detto papa nacque 
acisma, e fu grande discordia infra '1 collegio 
de' cardinali d* eleggere papa , e per loro aetté 
erano diyià in due parti quasi uguali ; dell' una 
era capo messer Matteo Boaso degli Orsini eoa 
messer Francesco Guataoi nipote che fu di papa 
BoDÌIazio, e dell' altra erano c^Kn-ali metsèr Na* 
poleone degli Orsini dal Monte e '1 cardinale da 
PratOjper rimettere ì loro parenti e amici Colon- 
nesi in iitato, ed erano ajnici.del re di Francia , 
e pendeano in animo ghibellino. Ed essendo stati 
per tempo di più di nove mesi iinchiuEÌ,e costretti 
per gli Perugini perchè chiamaasono papa, e 
non poteano avere concordia , alla fine trovando- 
si il cardinale da Prato con messer Francesco car- 
dinale de'Giiatani ia segreto luogo, disse: iV<» 
facciamo grande male e gaastamento della Chic- 
sa a non chiamare papa. E messer France&co dis- 
se: E' non rimane per me. Quello da Prato rispao* 
»t:£s' io ci trovasti buono mezzo , saresti con- 
dento 7 Ripose di sì ; e così ragionando insiema 
vennero a questa concordia,per industria' e saga- 
cìtà del cardinale da Prato , trattando col detto 
messer Francesco Guataui in questo modo gli die- 
de il parUto , che l' uno collegio per levare c^ni 
sospetto eleggesse tre oltramontani , sofficienti uo- 
mini al papato , cui a loro piacesse , e l' altro col- 
lirio infra quaranta dì prendesse I'udd di que'tre^ 
coi a loro piacesse , e quegli fosse papa. Per la 
parte di messer Francesco Guatani fu preso di fa* 
re la leziove , <;redeDiÌDai prendere il vàataggid, 
e dttse b-e arùveacori olUamonlaai, fatti e crea- 



;vGooi^Ic 



l50 GIOTAsai TILLAHI 

ti pcF papa Bonifasio suo zìo^ molto suoi amici e 
confidenti , e nemici del redi Francia loro avver- 
■ario, coofidandon quale che l'altra patte pren- 
desse, d' avere papa a loro senno e loro amico. In-< 
fra quegli tre , fu l' arcivescovo di Bordello iì 
primo più confidente. Il savio e provveduto car- 
dinale da Prato si pensò, che meglio si potea for- 
nire il loro intendimento a prendere messer Ra- 
mondo del Gotto arcivescovo di Bordello , che 
nullo degli altri, con tutto che fosse creatina del 
papa Boni&zio , e non amico del re dì Francia , 
per ofiese fatte a' suoi nella guerra di Guascogna 
per messer Carlo dì Vatos ; ma conoscendolo uo- 
mo vago d'onore e di signoria, e eh' eraGuascone, 
che naturalmente sono cupidi , che di leggieri 
si potea pacificare col re di Francia ; e così pre- 
sorio il partito segretamente, e per saramento egli 
e la sua parte del colico , e ferme dall' uno col-, 
le^io all' altro le cart» e cautele delle dette con- 
venenze e patti , per sue lettere pro[HÌe e degli 
altri cardinali dì sua parte scrissono al re dì 
Francia , e ìnchiuse dentro sotto loro suggelli i 
patti e conv«nenze e commissione da loro all' al- 
ti^ parte del collegio , e per fidati e iMionì corrie- 
ri ordinati per gli loro inercatantì (non senten-^ 
done nulla l'altra parte) mandarono da Perugia a 
Parigi in undici dì , ammonendo e pregando il 
re dì Francia per lo tenore delle loro lettere^ che 
s'egli volesse racquistare suo stato ia saetaQiìe- 
sa , e rilevare ì suoi amici Colonnesi , che '1 ni- 
mico si facesse ad amico, ciò era messer Ramon- 
do del Gotto arcivescovo di Bordello, l'uno de'tre 
eletti piò confidenti dell' altra parte ^ cercando e 



;vGooi^lc 



LIBRO OTTATO iSl 

trattando con luì patti lat^hi per » e per gli ami- 
ci siioi, perocché in sua mano era rimessa la le- 
zione dell' uno di que' tre cui a lui piacesse. Lo 
re di Francia avute le dette lettere e commissio- 
ni , fu molto allegro e sollecito alla impresa. Io 
prima mandate lettere amichevoli per messi in 
Guascc^na a messer Ramondo del Gotto arcive- 
scovo di Bordello, che gli si facesse incontro, che 
gli Tolea parlare ; e infra ì presenti sei di fu il 
re personalmente con poca compagnia e segreta 
conferito col detto arcivescovo di Bordello, in una 
foresta badia nella contrada di san Giovanni An- 
giolini ; e udita insieme la messa , e giurata in 
-su r altare credenza, lo re parlamentò con lui, e 
con belle parole, di riconciliarlo con messer Car- 
lo , e poi sì gli disse ; Vtdi arcivescovo , V ho in 
mia mano di poterti fare papa s' io voglio , e 
però softo venuto a te : e perdo , se tu mi pro- 
metterai di farmi sei grazie ch'io ti domanderò, 
io ti farò questo onore : e acciocché tu sie certo 
eh' io n' ho il podere , trasse fuori e mostni^li le 
lettere e le commissioni dell'uno coll^io de' car- 
dinali e dell' altro. Il Guascone covidoso della 
dignità papale , veggendo così di subito come nel 
re era al tutto dì poterlo fare papa , quasi stupe- 
fatto dell' allegrezza gli si gittò a' piedi, e disse : 
Signore mio , ora conosco che m' ami più che 
uomo che sia , e vuoimi rendere bene per male : 
tu hai a comandare e io a ubbidire , e sempre 
sarò così disposto. Lo re il rilevò'suso,e basciollo 
in bocca , e poi gli disse : Le sci speziali grazie 
iih' io voglio da te sono queste. La prima , che 
tu mi riconcili per^ttamente colla Chiesa^ e 



;vGooi^Ic 



tS» C10TARII1 TILLAKI 

yfaoci perdonare del '/ÀisfaHeó eh' io commisi del- 
ia presura dì papa Boni/aùo. Ti secondo, di ri- 
Comurdcare me e'miei seguaci- Il terzo articolOf 
che mi concedi tutte le decime del reame per cin- 
que anni p0r aiuto alle mie spese e' ho fatte per 
la guerm di Fiandra. Il quarto, che tu mi pro- 
metti di disfare e annullare la memoria di pa- 
pa Bonifazio. Il quinto , che tu renda V onore 
del cardinalato a me'sser lacopo^e a messer Pie- 
ro della Colonna ,■ e rimettigli in stato , e fai 
con loro insieme certi miei amici cardinali. La 
sesta grazia e promessa mi riservo a luogo e a 
tempo, eh' è segreta e grande. L' arcivéscoTo 
promise tutto per saramento in sai Corpus Do- 
mini , e oltre a ciò gli die' per istadichi il (n- 
tello e due suoi nipoti ; e lo re giurò a luì &pro- 
tnise di farlo elevare papa. E ciò &tto, con gran- 
de amore e festa si partirò , menandone i detti 
stadìclii solito coverta d* amore e di riconciliargli 
con messo: Carlo, e tomossi lo re a Parigi ; é in- 
contanente riscrisse al cardinale da Prato, e agli 
altri di suo colt^io , ciò eh' area fatto , e che si- 
curamente eleggessono papa messer Bamondo del 
Gotto arcivescovo di Bordello, siccome confidente 
e perfetto amico. £ come piacque a Dio , la biso- 
gna fti si sollecita , che in trentacinque dì fu tor- 
nata la risposta del detto mandato, alla città di 
Perizia molto segreta. E avuta il cardinale da 
Prato la d^tta risposta. La manifestò al segreto al 
suo collegio , e richiese cautamente l' altro col- 
legio , che quando a loro piacesse sì congregas- 
spno in uno , eh' ^lino voleano osservare i pat- 
ti ^ e cosi fu fatto di presente . E rausati ìn- 



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I.IBKO OPTATO l53 

sieme i détti eollegt,' « òoìne fu bisogno a ratiE- 
care è t;oiiferraare l'ordine de'detti patti con val- 
late carte e saramenti fu fatto solennemente . E 
ciò fatto , per lo detto cardinale da Prato propo- 
sta saviamente una autorità della santa Scrittura, 
che a cij5 ai coniàcea, e per l' autorità a lui com- 
messa per lo modo detto , elesse papa il soprad- 
detto messer Ramondo del Gotto aroÌTescovo di 
Bordello; e quivi con grande all^rezta da ciascu- 
na parte fu accettato e confermato, e cantato eoa 
grandi voci Te Deum laudamùs etc.aaa sappien- 
do la parte di que' di papa Bonifazio lo'nganno 
e '1 (53) traneUo com' era andato, anzi si credea- 
■no avere per papa quello uòmo di cui più si con- 
fidavano : e gittate fuori le poln»e della lezione , 
^ran contaato e zuffe ebbe tra le loro &miglie , 
che ciascuno dicea eh' era amico dì sua parte. E 
ciò fatto , e usciti i cardinali di là ov' erano in- 
chiusi , incontanenta ordinàro di nlandargli la 
lezione e decreto oltre i monti là dov'egli era .Que- 
sta lezione fu &tta a dì 5 di Giugno gli anni di 
Cristo i'3o5, ed era stata vacata la sedia aposto- 
lica dieci mesi e ventotto dì. Àvemo fatta sì lun- 
ga menzione di questa lezione del papa , per lo 
«ottile e bello inganno come fatta fu, e per esem- 
plo del futuro , perocché grandi cose ne seguiro- 
no appresso , come per innanzi ferebio al tempo 
del suo psqsrto e del successore memoria. £ que- 
sta lezione fu cagione perchè il papato rivenne 
•gli oltramontani e la corte n'andò óltre i monti , 
nccfaè del peccato comnie&so per gli cardinali 
italiani della morte di papa Benedetto , sé. colpa 



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t54 niOVANHI TILLIKI 

T* ebbono , e della frodoleote lezione furono be- 
ne gsstìgati da' Guasconi , come diremo appressQ. 

GAP. LXXXI. 

Della coronazione di papa Clemente quinto, 
e de' cardinali diejèce . 

Portata la lezione e 'I decreto all' eletto papa 
arcivescovo di Bordello infino in Guasct^na do- 
t' egli era , accettò il papato all^ramente , e fe- 
cesi Dominare papa Clemente quinto , e inconta- 
nente mandò per sue lettere citando tutti i car- 
dinali , che sanza indugio venissono alla sua co- 
ronazione a Leone sopra il Rodano in Borgogna, e 
simile richiese il re di Francia , e '1 re d' Inghil- 
terra , e quello d' Àraona , e tutti ì nominati ba- 
roni di là da' monti, che Tossono alla sua corona- 
zione. Della quale richesta e citazione , la mag- 
giore parte de' cardinali italiani si tennero gra- 
vati e forte ingannati , credendosi ^ che avuto il 
decreto , venisse a Roma a coronarsi ; e messer 
Matteo Rosso degli Orsini, ch'era il priore de'car- 
dinali e il più attempato , e che pili malvolentie- 
ri si partiva da Roma , avvedutosi dello inganno 
ch'egli e la sua parte aveano avuto di questa le- 
zifHke^ disse al cardinale da Prato : fremito se'al- 
la tua di conducerne oltre i monti, ma tardi ri- 
tornerà la Chiesa in Italia, sì conosco fatti i 
Guasconi, £ venuto il papa e' suoi cardinali a 
Leone sopra Rodano , fu consecrato e coronato 
papa il di di santo Martino a di 1 1 di Novembre, 



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' likuo 0TTÌ.TO i55 

gli anni di Criste i Zo5, in presenza del re Filippo 
di Francia, e di messer Carlo di Valos, e di molti 
baroni , il quale , come promesso gli avea , il ri- 
comunicò e restituì in ogni onore e grazia di san- 
ta Cliiesa j la quale gli avea levata papa Bonifa- 
zio , e donogli le decime di tutto il suo reame per 
cinque anni : e a richesta del detto re per le pre- 
senti (54) digiune, a di sa del mese di Dicembre, 
ièce dodici cardinali tra Guasconi e Franceschi , 
amici e uficiali del re, intra'quali, come promes- 
so avea , fece cardinali messer Iacopo e messer 
Piero della fllolonna, e ristituigli in ogni gra- 
zia eh' avea loro tolta e levata papa Bonifazio; 
e confermò al re Giamo d' Araona il privilegio 
che gli avea dato papa Bonifazio del reame di 
Sardigna. E ciò &tto, se n' andò co' suoi car- 
dinali e con tutta la corte alla sua città di Bor- 
dello , ove tutti gì' Italiani, cosi bene i cardinali 
Come gli altri , furono male veduti e trattati , se- 
condo il grado della loro dignità , peroccliè tutto 
guidavano i cardinali guasconi e francescfai. Nel 
detto verno ùi grandissimo freddo per tutto, e 
spezialmente oltre i monti, clie ghiacciò ilRodano, 
sicché su vi si potea passare a pie e a cavallo , e 
tutti i grandi fiumi, e il Reno, e la Mosa, e la Sen- 
na> e V Era, e lo Scaltu ad Angoersa ; e eziandio 
ghiacciò il mare di Fiandra, e alle marine d'Olan- 
da e Isilanda e Danesmarche {HÙ di tre leghe iiH 
fra mare , che fu gran maraviglia. Lasceremo al* 
quanto de'fÈttti del papa al preeente, e torneremo 
a nostia materia de' fatti di Firenze. 



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|56 GlOVAHBl TILLANl 

GAP. LXXXII. 

Come i Fiorentini e'Laoehesi assediarojto e vin- 
sono la atta di Pistoia. 

Negli anni di Cristo i3o5, avendo Ì Fiorentini 
avute le mutazioni dette addietro della cacciata 
de' bianchi alle porte ^ e quella parte bianca e 
ghibellina scacciata e .vinta in tutte parti quasi di 
Toscana, salvo della città di Pistoia , la quale si 
tenea per parte bianca eoi favore de'Pisani e degli 
Aretini , e eziandìo de'Bolognesi , i quali si regr 
geano a parte bianca ; dubitando i Fiorentini che 
non crescesse la loro potenza sostenendo Pistoia « 
n si proTvidono e chiamarono loro capitano di 
guerra Ruberto duca di Calavra, figliuolo e primo- 
genito rimaso del re Carlo secondo, il quale venne 
in Fù%nze del mese d' Aprile del detto anno con 
una masnada di trecento cavalieri araonesi e cata- 
lani, e molti (55) mugaveri a , pie, la quale fu mol- 
to bella gente, é avea tra loro 'di valenti e rinomati 
uomini di guerra \ il quale da'Fiorentiui fu rice- 
vuto a modo di re molto onorevolemeate . E ri- 
posato alquanto in Firenze, s'ordinò l'oste so[wa 
la città di Pistoia per gli Fiorentini e Lucchesi e 
gli altri della compagnia di parte guelfa di To- 
scana: e ntofisooo bene avventurosamente col detto 
dice. loro capitano a dì ao del ptvsente mese di 
Maggio ; e'Lucchesi e l'altra amistà vennero dal- 
l' altra parte, e circondarono la città intorno 
intorno colle dette osti , e guastarla d' intorno; e 
poco tempo appresso l'affossaro e steccaro al dì 



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KlUlO OTTATQ - iS-J 

fuori cod più battifolli, sicché nullo vi |Hriea m- 
trare ni uscire.; denitro v'erano tutti l Pistolen 
bianchi e ghibellini, e mcsMT Ttdosata d^lì 
Uherti con masnada di trecento cavalieri e pedoni 
assai , soldati per gli bianchi e ghibellini di To»- 
caaa.. K itando i Fiorentini nella detta mte .in- 
torno a Pistoia, si teneano un'altra piccola oste ia 
Valdal-QÓ di sopra all'assedio del castello d-'Oatìno^ 
il quak aveaoo fatto rubellare i biaBchì; e quello 
^bono a patti ì Fiorentini nel presente .mese di 
Giugno, e feciongli disfatele mura eie fbrtezzeì 
Per la detta oste eh' era: sopra la città di Pistoia» 
messer Napoleone degli Orsini cardinale > e '1 
caardiiràle da Prato, a petiùoae de' bianchi e ghi- 
bellina^ richiesouo papa Clemente ch'egli si doves- 
se interporre dimettere pace tra'Fiorentini e'iors 
usciti , com' avea cominciato il suo antecessOTe 
papa Benedetto per bène del paese d'ItaUa,« 
eh' egli iacesse levare Ì' oste da Pistoia : onde il 
detto papa mandò due suoi legati cherìel guasco* 
ni, e del mese di Settembre furono in Firenze « 
nell' oste; e comandarooo al comune, esimile al 
duca fiuberto, e a' Lucchesi , e agli altri capitani 
dell' ostr , che si dov'essano levare dall'assedio di 
Pistoia sqtio pena di scomunicaxione . AL quale 
comandamento : i Fiorentini e' Lucchesi furono 
disubbidie&ti l' a^ftedio di 

Pistoia ; per la i> isconviuir 

caro i rettori à dell' oste , 

e pousono lo ii ?'ireaz©. e al 

contado ■ Il du «ubbidii^ al 

papa si. parti dell'oste con sua. privata. Simiglia, 
e audonae a corte a Bidello , e laaciò tt«U' osta 



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l58 GIOTIRNI VIlt.l;NI 

il SU* nialiBcalco messer Dego della Ratta Gatala- 
no, e: tutti i cavalieri i quali v'avea menati al ser- 
TÌgio de' Fiorentini e al loro soldo ; e* Fiorentini 
e' Lucchesi , ricrescendo loro 1' assedio al conti- 
Bao, e' convenia che tutti i cittadini T'andassono 
o mandassono coom toccava per vicenda, o pa- 
gassono una imposta per capo d' uomo com' era 
tassato , la quale si chiamò la sega . nel detto 
assedio ebbe molti assalti e badalucchi a cavallo 
è a pie , e dammaggio dell' una. parte, e dell' al' 
tra , perocché dentro avea franche masnade ; tì 
chiunque era preso cbe n' uscisse , all' uòmo era 
tagliato il pie , e alla femmina il naso , e mpìnto 
dentro nella città peruilo ser Landò d' Agobbio) 
(crudele e dispietato uficiale, il qualèi per' gii 
Fiomitini fu soprannotnato Longino. £ così stet'- 
.te e durò la detta oste tutta la vernata , non la- 
sciando per nevi né perpiove né per ghiacci. Alla 
fine v^nuido a que^ d' entro meno la vivanda ; 
e sentendo che di Bolf^na era cacciata I4 parte 
bianca, avendo perduta ogni speranza di soccorso^ 
sì s' arrenderò salve le persone, e tennonsi insìno 
a tanto che nulla vi rimase a mangiare, avendo 
mangiati i cavalli, e pane di saggina e di semola, 
nefo come mora e duro come ismalto , e quello 
ancora fallito. £ ciò fu a dì io del mese d'Aprile, 
gli' anni di Cristo i3o6. £ renduta la ierra , se 
n'uscirono le masnade e' caporali de' Rauchi e 
ghibellini . £ avuta la detta vittoria di Hstoia ì 
Piorentini e' Lucchesi , feciono tagliare le mt^ra 
della città e gli stecchiti , e rovinare ne' fossi f e 
più torri e fortexze feciono disiare , e il. contadi) 
di Pistoia partirò per metade, e la parte dì verso 



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' IIIBKO OTT,à.WOi ■ iSg 

levante « del monte dì sotto ooatilttel»aaiUUa, 
« '1 piano infiuo.presso alla città ebbono in parte 
ì Fiòreokini , priyilegìaDdolsi a perpetuo . £ fé* 
dooo dis&re la rocca di Garmignano per levarsi 
dalla vista di Firenze, là quale i Fiarentinl aveai 
DO comperata da messer Musciatto Franzesi ; che 
gliel' area data iseasér Carlo di Valos , quaoMJo 
fu paciaro ìu Toscana . E' Lucobesi el:4>oiio dalla 
part» di ponente dalla città in là verao SorraTal- 
le, e tQttarl^ montagna di Mpra, e la signoria della 
oittà di Pistoia rimase aTioreotìnt e a' Lncbhesi > 
ddl'HDo podestà^ dell'altro capitano. 'Eijper qu'esto 
modo'fu abbattuta la superila e grandezza de' PW 
stolési, e puliti de'loro peccatile recati a tdttio sen- 
vaggìo. E ciò fatto, tornarono i Fiorentini io Flr 
reoze con grande allegreEza e trionfo ; e a messe* 
Bino Gabbrielli d'Àgobbio , podestà di Firenze e 
capitane dell'oste, entrando- in: Firenze,glifu reca* 
to sopra capo il palio di drappo* ad oro per gli e»* 
valieri di Firenze a piede a modo di re; e persimi; 
le modo fecioóo i Lucchesi alla loro tornata a Lupt 
ca . Nel datlo anno dell' assedio di Pistoia fu graà^ 
de caro in Toscana, e valse in Firenze lo stato del 
grano alla misura rasa mezzo fiorino d' oro ■ 

GAP. LXXXIII. 

Come là città, dì Modona e di Reggio si rubel- 

larono al marchese da Esti , e come fu- '■ 

roRO. cacciati i bianchi e'gfdbellirU . 

di Bologna. 

' Nel detto adno i3o5 dd mese di Feblvaio, ti 
robell^ al inarchese Azza da Esti la città di 



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16» CI0T41fI)l TILLAHI 

Modona e quella di Reggio, le quali per lango 
tempo r avea tenute e signore^iate tirannesca- 
mente, e reasonsi a comune, e in loro libertade. £ 
nel detto anno in calen di Marzo re|^endoei la 
città di Bolc^na a parte bianca, e avendo com- 
pagnia co' bianchi e ghibellini di Toscana e di 
Romi^na, il popolo di Bologna il quale najtu- 
ralniente è guelfo , non piacendo ìaro sì fatto 
r^lgìmento e compagnia co'ghibellini dì Toscana 
e di Romagna loro antichi nemici, e per conforto 
e soddvcimento de' gnelfi di Firenze , levaro la 
città a Tomore, e con armata mano cacciarono 
della città e del contado i caporali di partebianca, * 
-e i ghibellini tutti, e usciti di Firenze, e isban- 
dirgli per rubelli : e ordinerò che neuno bianco 
o ghibellino si lasciasse trovare in Bologna, o nel 
distretto, sotto pena dell' avere e della persona , 
andandogli cercando e uccidendo con loro bar- 
gello, deputato per lo popolo sopra ci^, con 
grande sonito di masnadieri. £ feciono i Bolo- 
gnesi incontanente lega e compagnia co' Fioren- 
tini e co' Lucchesi e ctm gli altri gaelfi di To- 
scana . 

GAP. LXXXIV. 

Come si levo ia Lombardia un fra Dolcinq con 
grande compagnia d' eretici^ ejurono àrsi. 

Nel detto anno 1 3o5 del contado di Novara in 
Lombardia fu uno frdte Dolcìno, il quale non 
èra &a£e di regola ordinata, ma. fraticello sanza 
ordine , con errore si levò con grande compagnia 



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LliaO' OTTAVO "l6l 

d'eretici, uomini e femmine di contado e di mon- 
tagne di piccolo afiare, proponendo e predicando 
il detto frate Dolcino, se essere vero apostolo di 
Cristo , e che ogni cosa dovea essere in carità 
comune , e simile le femmine essere comuni , e 
usandole non en peccato. E più altri sozzi articoli 
di resia predicava , e opponeva che '1 papa, e'car- 
dinali, e gli altri rettori di santa Chiesa non os- 
servavano quello che doveano oè la vita vangelica, 
e eh' ^lì dovea essere degno papa . Ed era con 
seguito di più di tremila uomini e femmine, stan- 
dosi in su le montagne vivendo a comune a guisa 
di bestie ; e quando ^lliva loro vittuaglìa, pren- 
devano e rubavano dovunque ne trovavano ; e 
cosi regnò per due anni . Alla fine rincrescendo 
a quelli che seguivano la detta dissoluta vita , 
molto scemò sua setta , e per difetto di vivanda, 
e per le nevi ch'erano , fu preso per gli Noareai e 
arso con Mai^herita sua compagna, e con più altri 
' uomini e femmine che con luì si trovaro in que- 
gli errori . 

CAP. LXXXV. 

Come papa Clemente fece legato in IteUia mes- 

ser Ifapoleone degli Orsini cardinale ^ 

e come Ju male ricevuto. 

Nell'anno i3o6,aTendo rapporto papa Clemente 
dalle genti eh' egli mandò in Firenze , come ì 
suoi comandamenti non erano ubbiditi di levare 
l'oste da Pistoia, si s' indegnò controaFiorentini, 
e per sodducimeuto e consiglio del cardinale da 
T.JII. Il 



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iGì CI0VÌ.HN1 VILLANI 

Prato, sì fece legato e paciaro generale in Italia 
messer Napoleoue degli Orsioi dal Monte , car- 
dinale f e diegli grandi privilegi e autoritadi : il 
quale si parti da Leone sopra Rodano, e fiatò i 
monti , e mandando a' Fiorentini clie vulea ve- 
nire in Firenze per fare pace e concordia da loro 
ai loro usciti , quelli cbe reggeano la città , p&r 
sospetto di lui Dol voUono ricevere ; onde da ca- 
po gli scomunicò, e confermò lo 'uterdetto, • ■»- 
donne alla città dì Bologna del meae dì Maggio, 
e volea somigliantemente pacificare i Bolognesi 
insieme, e rimettere in Bologna i loro usciti bian- 
chi e ghibellini . Quelli che reggeano la terra a- 
■yendo preso sospetto di lui, (perchè parea che la- 
vorasse i bianchi e'ghibelUnì,) e per sodducimen- 
to de' Fiorentini , di Bologna rillanamente l'ac- 
commiataro, minacciato per lo bargello della per- 
sona se non votasse la terra . Il quale sanza m- 
dugio si partì , e andonne alla città d' Imola in 
Romagna, che si tenea per gli bianchi e ghibelli- 
ni ; e andandone per lo contado di Bologna , gli 
furono rubati e tolti molti de' suoi arnesi e some, 
per la qual cosa il detto legato aspramente pro- 
cedette contro a loro per iscomunica e inter- 
detto della tetta , e privollì dello studio, e scomu- 
nicò qualunque scolaro andasse allo studio a Bt^ 
logoa- 



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Lisa» OTTAVO l63 

CAP. LXXXVI. 

Come i JPÌorentird ais'edtaro ed ehbono U forte 

tastalo di Montaccianico e disfecionlo, e 

jeciama fare la Scarperia. 

Nel detto anno del mese di Maggia, ì Fiorenti- 
ni andarono ad oste sopra '1 castello di Montac- 
cianico in Mugello , e puoSonvi l'assedio; il quale 
castello era de' signori Ubaldini , ed era molto 
bello e ficco, é fortissimo di sito e di dóppie mu- 
ra , perocché V area loro fatto edificare con gran- 
de spendio e dilìgeozia il cardinale Ottaviano lo- 
ro coDSorto; nel quale castello s'erano ridotti gran 
parte degli Ubaldini , e quasi tutti i ribelli bian- 
chi e ghibellini usciti di Firenze , e faceano guer- 
ra e soggiogavano tutto il Mugello ìnfino all' Uc- 
cellatolo . E al detto castello stette l' oste infino 
all'Agosto, gittandovi dificii e faccendovi cave, ma 
tutto era invano, se non che gli Ubaldini tra loro 
vennero in discordia, e il Iato di messer Ugolino 
da senno il patteggiaro co' Fiorentini per mano 
di measer Geri Spini loro parente , e dìedonlo per 
promessa di quindicimiia fiorini d' oro , onde di 
gran parta n* «bbono msle pagamento . £ quegli 
che ▼* «ano dentro 1' ahbandonaro, e andarne sa- 
ni e salvi', e 'I castello fu tutto abbattuto e di- 
sfatto per gli Fiorentini , che non vi rimase casa 
né pietra sopra pietra . E feciono fare i Fioren- 
tini giuso al piano di Mugello nel luogo detto la 
Scarperia, una terra per fare battìfolle agli Ubal- 
dini , e torre i loro fedeli, e fecìongli franchi, ac-> 



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l64 GIOTARni TILLAKI 

ciocché Montaccianico mai non si potesse ripor- 
re . E comiociossì la detta terra a edificare a dt 
7 di Settembre gli anni di Cristo 1 3o6, e paosonle 
nome santo Barnaba . £ ciò fatto, del mese d'Ot- 
tobre vegnente i Fiorentini caTalcarono con loro 
oste oltre l'Alpe, e guastarono tutte le terre degli 
Ubaldìni , perch' aveano &tta guerra e ritenuti i 
bianchi e' ghibellini . 

GAP. Lxxxvn. 

Come i Fiorentini raffortificaro il popolo , e fé- 

dono il primo esecutore degli ordini 

della giustizia . 

Nel detto anno 1 3o6 del mese di Dicembre , 
parendo a' popolani di Firenze che i loro gran- 
di e [kissentì avessero presa forza e baldanza , 
per la guerra fatta e vittorìe avute contra i bian- 
chi e ghibellini usciti di Firenze, sì yollono 
riformare il popolo di Firenze, e chiamarono di- 
ciannove gonfalonieri delle compagnie, e che tutti 
ì popolani per contrade com'erano ordinati, quan- 
do bisogno fosse traessono con arme al loro gon- 
fione , e alt' offerta della festa di santo Giovan- 
ni andasBono co' detti gonfaloni ; che in prima 
s' andava ciascuna delle ventun' arti per loro , e 
sotto il loro gonfalone della detta arte. E ciò or- 
dinato e messo in ordine di giustizia , e' diedono 
loro diciannove gonfaloni al modo d' insane 
dell' antico popolo vecchio , e poi al tempo che '1 
cardinale da Prato venne in Firenze , erano rin> 
novellati . Bene erano al suo tempo venti gunfa- 



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Lilio OTTATO t63 

Ioni , eh* n' era uno balzano ìd san Piero Scberag- 
gio , che 1 laAciaro; e dove al tempo del legato da 
Prato non avea ne' gonfaloni nuli' altra insegna 
se non dell' arme delle compagnie e del pi^lo , 
ù vi a' aggiunse sopra ciascuno gonfalone il ra- 
strello dell' arme del re Carlo , e chiamossi il 
buono popolo guelfo . E del mese di Marzo ve- 
gnente^per fortificamento del popolo feciono veni- 
re in Firenze l'esecutore degli ordinamenti della 
giustizia , il quale dovesse inchiedere e procede- 
re cpntro a'grandi che offendesaono i popolani. £ 
il primo esecutore che venne in Firenze ebbe no- 
me Matteo , e fu della città d'Amelia di terra di 
Roma, e fu valente uomo e molto temuto da' gran- 
dì , e fatto cavaliere per lo popolo ; delle quali no- 
vitadi e riformazione di popolo i grandi si tenne- 
ro forte gravati . 

GAP. LXXXVIII. 

Di grande guerra che si connncih al marchese 
da Ferrara y e come moria , 

Nel detto anno i3o6, i Veronesi , Mantovani , 
e Bresciani fedono lega insieme , e grande guer- 
ra moBSODo al marchese Azzo da Esti eh' era si- 
gnore di Ferrara, per sospetto preso di lui, eh' egli 
pon volesse essere signore di Lombardia, per- 
ch' avea presa per moglie una figliuola del re 
Carlo ; e coraono la sua terra, e tolsongli più di. 
sue cartella . Ma l' anno appresso fatto sao ìsfòr- 
zo , e con aiuto della gente di Piemonte e del re. 
Carlo , fece oste grande sopra loro , e corse le 



;vGooi^Ic 



i€6 GIOTA^iat ViCLlHI 

loro tèire , e fece loro grande daimni^gìo . ^Md 
poco tempo appresto ammalò il detto nunrclwMi 
e. si morì in grande stento e miseria; il quale 
£ra stato il più leggiadro e vidottato e possente 
tiranno che fosse in Lombardia, e -dì lui don 
rimase figlinolo neuno (d6) madornale, e U sua 
terra e signoria rimase in grande questi(tn« tra 
fratelli e nipoti, e uno suo figliuolo bastardo, cb'a- 
-vea nome messer Francesco , il quale ì Viniriaal 
molto iàvoraTaiio perch'era nato di Viaria; e 
molta briga e guerra con danno de' Viniziani ne 
seguì appresso ,.eome innanzi per gli tempi ftiré> 
mo mebuDoe . 

CAP. I^XXIX. 

Come messer Napoleone Orsini legalo verme > 

ad Jrezzo ; e dell' oste ck' e' Fiorentini 

feciono a Carubia ^ 

Negli anlii di Grìsto'i3o'7.,m/esier .lìlapoleóiìe 
degli Orsini legato per. la iGhiesa^i partì di Bo- 
magna e passò in Toscana , e venne alla città 
d' Areuo , e dagli Aretini fii ricsFuto a glande 
oDureie stando in Aretao rauiiàiutti rsooi ami-* 
ci eTedèliidi terra di Roma, ideila Man», del Dh^ 
catone di Romagna, C gli uaeiti bòiDdiiie 'ghi-^ 
bellini di Firenze e dell'altre terredi Tòae&na ì 
in quantità dì millesetteceuto cafalieri epdpolo' 
grandissimo, per fare guerra a' ^ffiorentìnt . i' PìVh 
rentiiii seutendo sua venuta' k rannata , si ai 
gnernirono, e rìchiesono gli untei, e trovarsi net 
tomo di tremila cavalieri, e più di quindicimila 



;vGooi^lc 



LIBJW» OTTAVO 167 

pedoni ^ e partirsi di Firenze del meie di Maggio, 
non attendeodo che '1 legato e sua gente gli Assa- 
lisse , e con loro oste n' andarono francamente in 
sul contado d' Arezao , e tennero la via di Val- 
darabra, guastando il' ]|K«se; e presono più castel- 
la del comune d' Arezzo e degli Ubertini , e fe- 
cionle disfare . K andando verso Arezzo , sì puo- 
sono a oste si castello di Gai^osa , e quello strin- 
sono con battaglie e diiìcii , e eriauo per averlo , 
ma il legato per levarsi d' addosso la detta' oste , 
eoa savio oousiglio db' buoni capitani di guerra 
«11' erano con lui, si parti d'Àreszo con tqtta sua 
cavallerìa e gente , e f«cé la via di Bibbiena per 
lo Casentino, e venne infino al castello di Ko- 
mena , mostrando di scendere l' Alpe , e di veni- 
re alla città di Firenze , dando suono che gli do- 
ve* essere data la terra ■ I Fiorentini sentendo 
sua venuta , ebbono grande paura e g«losia, e fe- 
, ciono i^nde guardia nella' tarra , e rimaiidarono 
nell'oste a Gat^osa per la loro cavalleria e gente; 
ma innansi che'i Mèssi vi giagnes(KHio,<{Ue'del'- 
r oste sentirò la partita che ìt Legato ièce d* Arez^ 
zo, e come facea la via del Casentino^ 'temendo 
della città di Firenze, incontaneote si rioolsiHiD , 
e la aera quasì^dì notte si partirono disordinata'- 
mente , e tutta la notte cavalcarono chi meglio 
ne potea venipe . La qual< partita de' Fiorentini 
e di loro amici fu ^anza alcuno danno, ma non 
sansa grande vergeva 'di Mala condotta e di.graiy- 
de pericolo . Che se il legato .avesse lasciai io a* 
rezzo trecento cavalieri e mille pedoni, e alla le- 
vata de' Fiorentini gli avessono asialiti , ne tor- 
navano Nconfitti . £ per lo detto modo chi prima 



;vGooi^Ic 



l68 GIOTANNI TILLAHl 

e«hi poi si tornarono in Firenze; e saputo ciò il 
legato si tornò con sua gente in Arezzo . Dopo que- 
ste cose ìi l^ato andò a Chiusi e al castello del* 
la Pieve j e più trattati d' accordo ebbe co' Fio- 
rentini, i quali mandaro a lui loro ambasciadorì, 
cercando di rimettere in Firenze i bianchi e' ghi- 
bellini con certi patti , e pacificargli insieme. E 
dopo molte rìvolture, i Fiorentini non fidando- 
si, e tegnendo il legato in vana speranza , tutto 
il trattato tornò niente . Per la qual cosa il le- 
gato reggendosi non ubbidito e scemato il suo 
podere , con poco onore sì partì di Toscana , e 
tornossi oltre i monti alla ccH'te, lasciando i signo- 
ri che re^eano Firenze scomunicati , e la città 
e '1 contado intenletto. £ rimasi ì Fiorentini ma- 
le disposti , del presente mese di Luglio del detto 
anno feciono sopra i cherici una grande e grave 
imposta ; e perchè non Toleano pagare , più in- 
giurie furono fatte a' cherici , e a' loro osti e fit- 
taiuoli , e pure convenne che pagassono. E la Ba- 
dia di Firenze, andandovi 1' uficiale esattore 
con sua famìglia , i monaci chiusone le porte , e 
sonarono le campane : per la qual cosa dal popo- 
lo minuto e da' malandrini , con sospignimento 
di loro possenti vicini grandi e popolani che non 
gli amavano , furono corsi a furore, e tutti ruba- 
ti . £ poi il comune , perch' aveano sonato , vo- 
lea tagliare il campanile da pie, .e disfecionne 
di sopra presso che la uetade ; la quale furia 
fu molto biasimata per la buona g^ote di Firenze. 



;vGooi^Ic 



LltKO 0TT4T0 169 

GAP. xa 

Come mono il buono re Adoardo d'Inghilterra. 

Nel detto anno 1 307 del meae di Giugno, mo^ 
rio il buono e, valente Adoardo re d' Ingliiltetra, 
il qimle iu uno de' pia valorosi signori e a&vi» 
de' cristiani al suo tempo^ e bene avreoturoso ìa 
ogni sua impresa di là da mare contra i saracìni^ 
e in suo paese contra gli Scotti, e in Guascogna 
contra i Franceschi, e al tatto fu signore dell'isola 
d' Irlanda e di tutte le buone terre di Scozia , 
salvo che il suo rubello Roberto di Busto fattosi 
re degli Scotti^ si ridusse con snoi seguaci a' bo^ 
schi e'mcAtagne di Scozia j il qnaledt^ la morte 
del detto i;e Adoardo fece gran <»6e centroagl'IÀ^ 
gbilesi'.' Appresso la mortq dèi buono re Adoardo> 
Adoardo suo primogenito- prése , per moglie Isa- 
bella figlimi del re Filippo di Francia, e die- 
dono compimento all' accordo della quistione di 
GuasG(^na, e ^losata la detta donna del mese di 
Gennaio presente, la quale era delle belle donne 
del mondo, e poi la Pasqua di Resurresso ve- 
gnente si Skce coronare, egli e la reina con grande 
festa e onore- 

GAP. xa. 

Cóme il re diJFrancia andò a Piitieri. a papa 
■ ■ Clemente, per fare candànrtàre la iae~ 
.. mta-ia di papa Bonifazio . 

Nel' detto amio e mese di Giugno 1 30^, essendo 
papa Clemeote venuto colla certe apràzione del 




:.vGooi^Ic 



1^0 GIOVIHIII VlbllHI 

re ài Francia alla città di.Fittierì , il detto re di 
Francia con tre suoi ugliuoli, e con messer Carlo 
di Yalos, e messer Luis suol fratelli, e con moHi 
altri baroni e cavalieri , e col conte di Fiandra e 
«uoi .figliuoli « fratelli!, ^enn«x> » Pittieri: e 
.d«to'per lo pap«.com{M[tiento,e kvmtxtA alla pace 
del re di Francia al conte di Fia^doà. «'Fiam- 
minghi , ilxe dì Frància richiese al pa^ la (Quinta 
tos& che s' aveva fatta promelterej ijuàndo. il re 
gli promise idi Ibrlo fat-e.'papt , cioè eh' e^li eòiv 
ilanuasse la memòria di papa Bonifazio, é tacesse 
ardere le sue ossa C'Corpo : e fece opporrà: coiiitra 
lui a' suoi cherìci e aFogadi qirarautàlrèlartidtdi 
di resia , profferendo di pruvargU ; onde il papa e 
«uoi cardinali Itironb in grande turbazioue pei* la 
-detta richasta, perocché 'Ite Volea.O per mobile 
o per fot'za. fornire ; le prove, è cernie detto à ad- 
dietro, il pepa gliel'^vea promessa « giuhtto^, e 
di ciò> si pmtea moltQ , ina «du :fc' oteva scoprire 
contrari volere del re, e torto e alifaiassaniento 
della Gbiesa gli parefc iìine, se l' aisseiitisae, po- 
lacche in papa Bcmi(àtìo:di t-ag^iDite -non «i trót- 
Twva nulla • meinoBÌa di' i rsefia; ; |n«i..fiS,Lti'«v»v!a 
per lo sesto .librò <lel,te .Decretali ;ch' fegli* .fece 
comporre, molto cattolico e utile., e,. per, papa 
Bonifazio si trovava, molto esaltata la Chiesa e le 
sue ragioni; e ancora pili, del collegio de' cardinali 
T^av^s^di ^cgU «V.avca latti pajia Bonifauo^ 
e'I cdràioàleda^i^tD intra gli ^Itrì. era- lino di 
quegli ; e sela^ làemória^ papa . Bonifazio fosse 
dannata, conveniva che fossotio disposti del car- 
dinalato .Per la qual dosa ,• coeì :l:ti:8elfa7dè!^r- 
dinali«h'avi^not«nutdico4vèdi Fn^ciaùi^wistQ 



:.vGooi^lc 



taso «IBBO' (Antro a Ini , comiv. qwegli 'delta setta 
delnipBtè dipapa Sonifazìo. £ standoia Cbìesa 
40 quésta eontamacia e perseguizioiie fatta per lo 
re i, il papa non sapea che si lare, che male gii p»^ 
raa a tompere il suo saramentoe promessa iàttaal 
re ,-e pe^igio gli parea a; córroriipere e> gàastare k 
Chìesa'di Roma. Alla fine «trìgnendoar di ciò -a 
segretO' consiglio coi «aviò cardinale da' Bl'ato., chf 
sapea le sue segrete promèssr ^ sì gli disse : Qui 
non ha che uno^rimedio; cioè che ti cofivUne 
dissimuiare- col re, e che tugU dichi, che,pcr'- 
ehè quelìo eh' egU domanda di papa BoniJàzÌ4 
tia forte OMso u passare per la Chiesa , e parte 
del collegio de' cardinali non vi s'accordino, 
conviene di necessità , e ancora piii acconcio del 
suo intendimentOy è pitt àbhominazione della 
memoria di papa Bonifazio, che le pruove degli 
aPttc6Uoh'''egU'gU oppone si focciant i^-amàtio 
general^ ^ e Jia più> autèntico C/ermo . £ per 
non avere- contasto , sì metterai dinatizi al col- 
legio , che per più grandi « utili cose, in bene e 
stato- di tanta ChiesaeJ^ cristiani,' ohe bisogni 
ti Sfaccia in conciliò generail£j\e.xheìA,^fieÌhaì 
farai piehàmefOe tpt^ló chedqmanda.E'ldetio 
eonoUio' ordina e oómpo.ni^aila ciptà dii J^enhàf 
per pik' comune luogo a'I^anqesohi, Bln^hilesi^ 
e T-edescki, è Italiani, ta-tfoegli di ZinguadéOMj 
e aqwuio-noit ti potfH opporre né coiferadàire} 
ecibjacòeitdo , tu eia ddòia sarai twtua^ièkanà'i 
» partendoti di tpii e taulan^a ■■■Fìmria--i' *1 
sarai fuòri dille sue forse e di suo' reiim»\ àX 
papa piacque molto il coosìglio , emìMltf à s^ì- 
zìoùe, e fecola risposta al rei bndè il » BÌ ienn»' 



:.vGooi^Ic 



17* GIOTAHKI T1Z>LAIII 

forte gravato ; ma non potendo a cid bene centra- 
dire, promettendogli il papa che bene il servireb- 
be f e feccendogU molte altre grazie e rìcheste , 
acconsentì, credendosi sì adoperare al ccmcilio a 
Vienna , che gli vorebbe fatto il suo intendi- 
mento . £ così si tornò a Parigi , e mandò Luis 
ano primo figlinolo io Navarra con grande com- 
pagnia di baroni e cavalieri, e fecelo alla città di 
Pampalona coronare del reame di Navarra : e 'l 
papa piuvicatò di £ire concilio , e deterniinato 
d' ivi a tre anni a Vienna , con tutta la corte jpoco 
tempo appresso uscì del reame di Francia , e ven- 
ne a Avignone in Puoenaa nelle terre, del n 
Ruberto. 

\ GAP. XCU. 

Come e, per che modo fu distrutta V ordine e 

magione del tempio di Gerusalem, per 

procaccio del re di Fraìicia. 

Nel detto anno 1 807, innanzi che'l re di Fran- 
cia si partisse dalla corte a Pittieri , si accusò e 
dÌQunziò al papa per soddncìmento de'su^ìufi- 
ciali , e per cupidigia di guadagnare sopra loro , 
il «liaestro del tempio e \ la 'magione di corti crir 
mini ei^ errori; e ;d^\al. re fu latto intendere 
efa'«'\teiB|kieri.asav«iM^'f Il|)rÌRio movimene fa 
p6r u^prkiReidi MaQ&lbtok&diToloatina della det- 
ta ondine, \uanu> di mala,viu ed eretico, e per 
gli sHpi difetti mfesso in. Parigi in perpetuale car- 
die per lo suo maestro. £ trovandovisi dentro ccm 
HBO NaflTo Dei nostro Fiorentino, pieno d'ogni ma- 



:.vGooi^lc 



tlBRO OTTITO l-^S 

gagDe , siccome uomini disperati d' c^i «alute, e 
maliziosi e rei , trovaro la detta falsa accusa , e 
per guadagnare e uscire dì pregione per aiuto del 
re. Ma ciascuno di loro fecìono poco appresso ma- 
la fine : Nofib impiccato, e 1 priore ($7) mor- 
to a ghiado. Per fare al re guadagnare la mìsono 
innanzi a' suoi uficiali , e' detti la mìsono dinan- 
zi al re ; onde per sua ararizia si mosse il re , e 
sì OTdino e fecesi promettere segretamente al pa- 
pa, di disdire l' ordine de' tempieri , opponendo 
contro a loro molti articoli di resìa : ma piii ai 
dice che lìi per trarre di loro molta moneta , e 
per ìsdegnl presi col maestro del tempie e colla 
magione. Il papa-per levarsi d'addosso il re di 
Francia, per la richesta ch'egli avea fatta del 
condannare papa Bonifazio , come avemo detto 
dinanzi , o ragione o torto che fosse , per piacere 
«l re ^li assenti di ciò fiire : e partito il re , in 
uno dì, nomato per sue lettere, fece preod«« tutti 
ì tempieri per lo universo mondo, e staggire tut- 
te le loro chiese e magioni e possessioni , le qua- 
li erano quasi innumerabilì di podere e ricchezze; 
e tutte quelle del reame di Francia fece il re oc- 
cupare per la sua corte , e a Parigi fece prendere 
il maestro del tempio , il quale avea nome fra 
Giacche de'signori da Mollai in Borgogna, con seS' 
santa cavalieri (58) frieri e gentili uomini, «^po- 
nendo contro a loro certi articoli di resia, e certi 
villani peccati contro a natura che usavano tra 
loro ; e che alla loro professione giuravano d'ata^ 
re la magione a diritto e a torto , e a una modo 
quasi come idolarì, e sputavano nella croce, e che 
quando il loro maestro sì consegrava «ra dì nasco* 



;vGooi^Ic 



<74 «leViRHl TILlAiri 

so e prtràto , e mm siaapea il modo : « o{^Beii- 
do-die ì kuro anticesiGri per tradimento feciono 
perdere la terra santa , e prendere alla MoDSura 
il re Luis *' suoi. E sopra ciò latte dare per lo re 
certe pruove ^ gli fece tormentare di divèrsi tor- 
menti perchè ctmfessassouo, e non siirotara che 
niente vt^ssono di ciò confessare né riconosce- 
re. E tegneodogli più tempo in prfegioiie a grande 
«tento, e non sappiendo dare fine alloro proces- 
so j alla fine dì fuori di Parigi a santo Antonio ^ 
e parte a san Luis in Francia, in uno graade par- 
co chiuso di legname, icinqnantasei de'detti tem- 
pieri fece l^are ciascnoo a uno palo, e comincia- 
re a mettere loro il fiioco da' pie e alle gambe a 
poco a poco , e Y uno innanzi all'altro ammouen* 
dogli , che quale dr loro volesse riconoscere 1' «*- 
rore e' peccati loro opposti potesse scampare ; e 
in su questo marbM'io confortati da' loro parenti 
e amici chericonoscessono , e non si lasciassono 
cosi vilmente morire e guastare , niuno di loro il 
volle confessare ; e con pianti e grida scusandosi 
eora' erano innocenti e fedeli cristiani, chiaman- 
do Cri^ e santa Maria e gli altri santi, col detto 
nartorio tutti ardendo e consumando finirono loro 
vita.' £ riserbato il maeitro loro, e '1 fhitello dei 
Dalfino d' Àlverna , e fra Ugo di Paraldo , e un 
altro de' ma^iori della nagione , e Stati nficiali 
e tesorieri del re di Francia, furono me&ati a Pit< 
tieri dinanai al papa, e fisvri il re di Fnnioia , « 
messo loro grazia Wriconoscetsonailloroeripre e 
peccato, alcQift cosa sì^ce ne confasSarò; e tornati 
a Parigi, e venuti due cardinali legati per daresen-' 
teuzift e condannare l-'ordìofi sottola detta confes- 



;vGooi^lc 



' LlSnO OTTAVO ' 1^3 

«ione f e {)ér (tane ^kttna discipUaa al detto-mae- 
stro e.suoi compagni, «aseuda ÌQfontro a nostra 
dama 4i Parigi iu su grandi pergami, e letto il 
processo, il detto maestro del tempio si levò iu 
pie gridando che fosse udito :>«- fatto silenzio per 
k> popolo^ si si disdisse, che mai quelle resie e 
peccati loro opposti non erano alate vere, e che 
r.Ordine di loro magione era sanU^ e giusta e cat- 
tolica, ma eh' egli era ben degno di mOTte , e 
Toleala sofferire in pace, perocché per paura 
di torsoento e per lusinghe'del papaie del re , ia 
' alcuna parte V aveaoo por inganno loro confessa- 
te. £ rotto il sermone e non compiuta di dare 
sentenzia, si partirò i cardinali e gli altri prelati 
di quello luogo. £ avuto c<msiglio col re, il detto 
maestro e suoi compagni in su l'Isola di Parigi 
dinanzi alla sala del re, per lo modo d^li altri 
loro frieri furono messi a martirio , ardendo il 
maestro a poco a poco , e sempre dicendo che la 
magione e loro religione era cattolica e giusta , 
accomandandosi a Dio e a santa Maria ; e simile 
léce il fratello del Dalfino ; fra Ugo di Paraldo, 
e r altro , per paura del martirio , confessare e 
raHèrmaro quello eh' aveano detto dinanzi dal 
papa e al re, e scampare, ma poi morirò misera- 
mente. E per molti si disse che furono morti e 
distrutti a t^rto e a peccato, e per occupare i loro 
beni , i quali poi per lo papa furono privilegiati , 
e dati alla magione dello spedale, ma convenne- 
gli loro ric«gU«re e ricomperare dal re di Fran- 
cia e dagli altri prencipi e signori , e con tanta 
quantità di mcmeta, che con gl'interessi corsi poi, 
la magione dello «pedale fu ed è più pavera cba 



;vGooi^Ic 



176 OIOTAHKI TlLI.l.ni 

Aon era ^ma dei loro pn^o , o che Iddio il di- 
mostrasse per miracolo. E lo re di Francia e'suoi 
figliuoli ebbono poi molte Tergerne e arTersitadi, 
e per questo peccato, e per quello della preaura di 
papa Bonifazio^ come innanzi sì farà menzione. E 
nota, che la notte appresso chei detto maestro e 't 
compagno furono martorizzati,per frati e altrireli- 
giosi le loro corpora e ossa come relìquie sante fu- 
rono ricolte, e portate via in sacri luoghi. In que- 
sto modo fu distrutta e messa al niente la ricca 
e possente magione dèi tempio di Gerusalem , 
gli anni di Cristo i3io. Lasceremo de' fatti di 
Francia, e torneremo a'nostri fatti d' Italia. 

GAP. XCUI. 

Di novitadi e sconfitte chejurono in 
Romagna e in Lombardia. 

Nel detto anno 1807 del mese d' Agosto, essen- 
do i guelfi di Romagna all'assedio a BrettÌDoro,la 
lega de' ghibellini di Romagna ragunati insième 
eoo loro amistà sconfissero ì guelfi, e furonne tra 
morti e presi più di duemila tra a pie e a cavallo. 
E l'Aprile vegnente i3od, il popolo della città di 
Parma con trattato di Orlando de'Rossi e de'suoi 
cacciarono di Parma messer Ghiberto da Correg- 
gio, il quale n' era signore ; per la qual cosa s'ac- 
compagnA co' Mantovani e Veronesi , e imparen- 
tossi co' signori della Sedia; e del mese di Giugno 
vegnente il detto messer Ghiberto venne verso 
Parma con la forza di messer Cane della Scala, e 
eoo quella de' Mantovani e Parmigiani. I Parmi- 



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Limo OTTATO 177 

giani uscendo contro a loro furono sconfitti , e'I 
<ktU> mesaer Gbiberto tornò in Parma e fanne 
signore , e cacdoone i Rossi e' suoi nunìcì , e fece 
mozzare la testa a ventìnove popolani, ì c[uali 
erano stati caporali alla sua cacciata . 

GAP. XCIV. 

Comejit morto il re Alberto d'Alamagna . 

Nel detto anno i3o8 in calen di Maggio, lo re 
Alberto d'Alamagna, che s'attendea d'essere impe- 
radore , fu morto a ghiado da uno suo nipote a 
tradigione a uno valicare d'uno fiume sceodeado 
della nave , per cagione che '1 detto re Alberto gli 
occupava il retaggio della parte sua del ducato 
d'Osterìch . Lasceremo alquanto delle cose de' fo- 
restieri , e torneremo a raccontare delle novitadi 
che ne' detti tempi furono nella nostra città dì 
Firenze . 

GAP. XGV. 

Come una podestà di fìrerae sijuggì col sug- 
gello dell'Ercole del comune . 

Nel detto anno i3o8,essendo podestà di Firenze 
uno messer Carlo d'Amelia, fratello del primo 
esecutore degli ordini deUa giuatixia, avendo egli 
e sua famiglia fatte in Firense molte baratterie , 
e guadagnerie , e pessime opere , e già di ciò 
molto scoperto, temendosi al suo sindacato essere 
condannato e ritenuto, la notte di santo Giovanni 
del mese di Giugno, furtivamente si fu^ì con sua 

T.IIl la 



;vGooi^Ic 



1^8 GIOVAVIfl TILLAHI 

privata ^miglia , onde fu coodannato per barat- 
terìa . E per riavere pace e danari dal cornane, n 
De porta seco il auggello del comune , dor' era 
intagliata l'imagine dell'Ercole, e tenneb più 
tempo, stimandosi che'i comune il tntesae di 
bandoj e ricomperasselo molta moneta: onde il 
comune il mise in abbandono operando altro sug- 
gello , e notificandolo in tutte parti , sicché non 
fosse data fede a quello suggello: alla fine il suo 
fratello gliele tolse, e rimandoUo in Firenze , e 
d' allora innanzi a' ordinò, che né podestà né 
piÌOTi tenessono su^ello di comune, ma fecionne 
guardianie cancellieri i frati converti di Settimo, 
che stanno nella camera dell'arme del palagio 
de' priori. 

GAP. XCVI. 

Come fa morto il nobile e grande cittadino di 
I>ìrense inesser Corso da' Donati . 

Nel detto anno 1 3o8, essendo nella città di Fi* 
renze cresciuto scandolo tra' nobili e potenti po- 
polani di parte nera che guidavano la città, per 
invidia di stato e di signoria , come si cominciò 
al tempo del romore della ragione, come addietro 
fecemmo menzione; questo invidioso portato con- 
venne che partorisse dolorosa fine, che per le pec- 
cata della superbia, e invidia, e avarizia , e altri 
vizi elle renavano tra loro , erano partiti in sel- 
la ; e dell' una era capo raesser Corso de' Donati 
con seguito d' alquanti nobili e di certi popolani, 
intra gli altri ^quelli della casa de' Boi'doni , e 
dell'altra parte erano capo messer Rosso della 



;vGooi^lc 



) 



LIBBO OTTAVO 1-jQ 

Tos», messer Gerì Spini, e messer Pazzino de'Paz- 
zi , e messer Betto Bninelleschi co' loro consorti, 
e con quegli de CaTÌcciuIì , e di più altri casati 
grandi e popolani, e la ma^iore parte della buo< 
na gente della cittade , i quali areano gli tifici 
e'I goTernamento della terra e del popolo. Mesaer 
Corso e' suoi sanaci parendo loro esser male trat> 
tati degli onori e oficì a loro guisa , parendogli 
^asere più degni , peroccli'erano stati i principali 
ricoveraCorì dello atato de' neri, e cacciatori della 
parte bianca ; ma per 1' altra parte ai disse, che 
meuer Corso rolea essere signore della cittade e 
non compagnone ; quale che si fosse il vero o la 
cagione , i detti , e quegli che reggeano il popolo 
l'aveano in odio e a grande sospetto, dappoi s'era 
imparentato con Uguccione della Faggiuola, ghi- 
Jiellioo e nimico de' Fiorentini ; e ancora il te- 
meaoo per lo suo grande animo e podere e segui- 
to, dulùtando di lui che non togliesse loro lo stato 
e cacciasse della terra , e massimamente perchè 
trovarono, che'l d^to messer Corso area fatta le- 
ga e giura col detto Uguccione della Faggiuola 
suo sDocero , e mandato par lui e per suo aiuto. 
Per la qual cosa, e per grande gelosia, subitamente 
si levò la cittade a romore , e sonarono i priori le 
campane a martello, e fu ad arme il popolo e'grau- 
di a piò e a cavallo , e le masnade cte'Catalani col 
malisoalcó del rè , eh' era a posta di cobro che 
guidavano la terra. £ subitamente, com'era ordi- 
nato per gli sopraddetti caporali , fu ^lata una in- 
quisizione ovvero accusa alla podestà , eh' era 
messer Piero della Branca d' Agobbio , incontro 
al detto messer Corso , opponendogli come dovea 



;vGooi^Ic 



l8o GIOTJLHHI TILL&Hl 

e rotea tradire il popolo , e sommettere lo stato 
della cittade, faccendo veuire Uguccione da Fag- 
giuola co' ghibelliai e dìiuìcì del comune. £ la 
rìchesta gli fu fatta , e poi il bando^ e poi la con- 
dannagioiie : iu meno d'una ora, sanza dargli più 
termine al processo , messer Corso fu condannato 
come rubello e traditore del suo comune , e in- 
contanente mosso da casa i priori il gonfalone del- 
la giustizia con podestà , capitano , ed esecutore, 
con loro famiglie e co'gou&loni delle compagnie, 
col p<^lo armato e le masnade a cavallo a grido 
di popolo per venire alle case dove abitava mes- 
ser Corso da san Piero Maggiore , per fare l' ese- 
cuzione. Messer Corso sentendo la persecuzione 
die gli era mossa , (e dii disse per esser forte a 
fornire il suo proponimento , attendendo Uguc- 
cione della Faggiuola con grande gente , che già 
u' era giunta a Remole) sì s' era asserragliato nel 
boi^o di san Piero Maggiore appiè delfó torri 
del Cicino, e in Torcicoda , e alla bocca che va 
verso le Stinche , e alla via di acn Brocolo con 
folli sbarre, e con genti assai suoi consorti e amici 
armati, e con balestra, i quali erano rinchiusi nel 
serraglio al suo servigio. Il popolo cominciò a 
combattere i detti serragli da più parti , e messer 
Corso e' suoi a difendere francamente : e durò U 
battaglia gran parte del dì , e iìi a tanto, che con 
tutto ^il podere del popolo , se '1 rinfresoamento 
della gente d'Uguccìone, e gli altri amici di con- 
tado invitati per messer Corso gli fossono giunti 
a tempo, U popolo dì Firenze avea quello giorno 
assai a fiire ; che, percliè fossono assai , erano ma- . 
le in online e non molto in accordo , perocché a 



:vGoo<^Ic 



J 



: LIBBO OTTAVO lS| 

parte dì loro non piacea. Ha sentendo la gente 
d' Uguccione come messer G>rso era assalito dal 
popolo f sì tornò addietro , e i cittadini eh' erano 
nel serraglio si cominciarono a partire , onde ri- 
mase molto sottile di genti, e certi del popolo 
rappono il muro del giardino di contro alle Stin- 
che, e entrarono dentro con grande gente d'arme. 
Veggendo ciò messer Gjrso e'suoi, e chel soccorso 
d' Uguccione e d^li altri suoi amici gli era tar-. 
dato e fallito, sì abbandonò le case, e fuggissi fuori 
della terra , le quali case dal popolo furono in- 
contanente rubate e disfatte, e messer Corso e'suoi 
perseguitati per alquanti cittadini a cavallo e Ca- 
talani , mandati in pruova che '1 pigliassono. E 
per Boccaccio Cavicciulì fu giunto Gherardo Bor- 
doni in suir Afirico , e morto , e tagliatagli la 
mano e recata nel corso d^li Adimari, e confitta 
all'uscio di messer Tedici degli Adimari suo con- 
^rto , per nimistade avuta tra loro. Messer Cor- 
so tutto solo andandosene , fu giunto e preso so- 
pra a Bovezzano da certi Catalani a cavallo , e 
menandolne preso a Firenze , come fu dì costa a 
san Salvi, pregando quegli che 1 menavano ^ e 
promettendo loro molta moneta se lo scampasso- 
no , i detti volendolo pure menare a Firenze , 
■iccom' era loro imposto da' signori, mes^r Coi^ 
so per paura di venire alle mani de' suoi ne- 
mici e d' essere giustiziato dal popolo, essendo 
compreso forte di gotte nelle mani e ne' piedi, si, 
lasciò cadere da cavallo . I detti Catalani veggen- 
dolo in terra , l' uno di loro gli diede d'una lancia 
per la gola d' uno colpo mortale, e lasciaronlo per 
morto : i monaci del detto monistero il ne portaro 



:vGooi^lc 



l8a CIOVAHHI TILLÀNI 

nella badia , e chi disse che innanzi che morisse 
si rimise nelle mani di loro in laogo di peniten- 
zia f e chi disse che il trovar morto » e l' altra 
mattina fu seppellito in san Salvi con piccolo 
onore e poca gente, per tema del cornane. Questo 
messer Corso Donati fu de' più savi , e valente 
cavaliere, e ilpiiì bello parlatore, e il meglio pra- 
tica, e di maggiore nominanza, e di grande ardire 
e imprese eh' al suo tempo fosse in Italia , e bello 
cavaliere dì sua persona e grazioso , ma molto 
& mondano , e di suo tempo fatte in Firenze 
molte congiurazioni e scandali per avere stato e 
signorìa: e però avemo fatto della sua fine sì luQgo 
trattato, perocché fu grande novità alla nostra 
cittade , e segaime molte cose appresso per la sua 
morte, come per gl'intendenti si potrà comfven- 
dere , acciocché sìa assempro a quegli che sono a 
venire . 

GAP. XCVII. 

Come arse la chiesa di Lacerano di Roma. 

Nel detto anno i3o8 del mese di Giugno, s'ap- 
prese il fuoco ne' palagi papali dì santo Giovanni 
Laterano di Roma, e arsono tutte le case de'calona- 
ci,e tutta la chiesa e circuito,e non vi rimase ad ar- 
dere se non la piccola cappelletta in volte di San- 
ctasanctorum^ove si dice ch'è la testa di santo Pie- 
ro e quella di santo Paolo, e Molte reliquie dì san- 
ti: e ciò fu con grandissimo dammaggio di tesoro 
e d' arnesi , sanza lo 'nfinito danno della chiesa %, 
palazzi e case . Poi sappiendolo papa Clemente, 
r anno appresso vi mandò suoi uficiali con grande 



:.vGooi^Ic 



LIB^O OTT&TO l83 

quantità di moneta , e la detta chiesa fece ristora- 
re , e rifare più bella e più ricca che non era pri- 
ma ^ e simile i palazzi papali e le case de' azionaci, 
e penarsi a fare parecchi anni , e costarono molto 
tesoro alla Chiesa . 

GAP. XCVIII. 

Come i grandi di Samminiato disfeciono il 
lorop<^lo. 

Nel detto anno 1 3o8 del mese d'Agosto, i grandi 
dì Samminiato del Tedesco , come sono Malpigli 
e Mangiadori , per soperchi ricevuti dal popolo di 
Samnviniato, ovvero perchè '1 popolo gli tenea 
corti per modo che non poteano signoreggiare la 
terra a loro senno, 8Ì accordaro insieme e feciono 
Tenire loto amistà di fuori , e con armata mano 
combatterò col popolo e scoofisaongU, e molti 
n' uccisone e presono , e a certi caporali feciono 
tagliare la testa , e tutti i loro ordini arsono , e U. 
campana del popolo feciono sotterrare , e tennero 
poi il popolo in grande so-vaggio , infino che le 
dettp due case ncm ebbono discordia tra loro • 

OAP. XCIX. 

Come i Tarlati Jiirono cacciati d'Arezzo, e ri- 
messivi i guelfi . 

Nel detto anno 1 3o8 del mese dì Gennaio , il 
pi^lo d'Arezao eco aiuto e favore d'Uguccione 
da Faggiuola che badava d' esserne signore, cac- 



;vGooi^Ic 



l84 CIOT&RKI VIllAttl 

ciarono della cittade i signori di Pietramala detti 
Tarlati, per8(^>erchi e oltraggi che laceanoa'cìt' 
tadini; e poco appresso vi rìmìsono la parte guf Ifà , 
che quegli di Pietramala n' areaao tenuti fuori 
per veotun' anni; e quegli che signoreggiavano la 
cittade, eh' erano mischiati guelfi e ghibellini , si 
iàceano chiamare la parte verde ; e mandarono 
loro ambasciadori a Firenze, e feciono pace co'Fio- 
rentini , come i Fiorentini la seppono divisare ; 
ma poco tempo durò questo stato in Arezzo, eh* 
vi tornarono i Tarlati . 

GAP. C. 

Con^ gU Ubaldini tornarono a ubbidienza del 
comune di fìrenze. 

in questo medesimo tempo i signori iTbaldini 
s' accordarono co'Fiorentint , e vennero ia Firenze 
a fare reverenza e le comandamenta del comu- 
ne , e (59) sodaro la cittadinanza di tenere il pas- 
sarlo dell'Alpi sicuro, per idonei mallevadori. 
E '1 cornane di Firenze dimise e perdonò loro (^ni 
misfatto , e accettogli per cittadini e distrittualì, 
loro , e' loro fedeli e terre , e che in c^ni atto e 
fiizione dovessono fare al comune come distrìttnali 
e cittadini • 

GAP. CI. 

Per che modo fu eletto in^radore di Roma 
Arrigo conte di Lusimborgo . 

Nel dettoanno 1 3o8,essendo morto lo re Alberto 
d'AIamagna, come dicemmo addietro , per la cui 



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lltRO OTTAVO , l35 

morte vacava lo 'mperio , e i lettori d'A-lamagna 
erano in grande discordia tra loro di ùtte la lezio- 
ne ; lo re di Francia sentendo la detta vacazione^ 
si 8Ì pensò che gli verrebbe fornito il suo inten- 
dimento con poca fatica , per la sesta promessa 
cbe gli avea fatta papa Clemente segretamente, 
quando gli promise di farlo fare papa , come ad- 
dietro facemmo menzione j e raunò suo segreto 
consiglio con messer Carlo di Yalos suo fratello , 
e quivi scoperse il suo intendimento , e il lungo 
desiderio th' egli avea avuto di fare eleggere alla 
Chiesa di Roma a re de'Romanì messer Carlo di 
Valos, e eziandio vivendo Alberto re d'Àlamagna, 
colla sua forza e podere e dispendio , e col podere 
del papa e delta Chiesa : eh' altre volte per antico 
avea rimossa la lezione de' Greci ne'Franceschi 
e de'Franeeschi negl'Italiani, e degl'Italiani negli 
Alamanni, ora maggiormente ci deevenire fatto, 
dappoiché vaca lo 'mperio , e massimamente per 
la detta promessa e saramento che gli avea fatta 
papa Clemente , quando il fece fare papa . E sco- 
perse tutto il segreto contratto con lui , e £itto ciò, 
domandò il loro consiglio e fece giurare credenza: 
a questa impresa fu lo re confortato per tutti gli 
suoi consiglieri, e cbe in ciò s' aoperasse tutto il 
podere della corona e dì suo reame, sicché venisse 
fatto , sì per l'onore di messer Carlo di Yalos che 
n' era degno , e perchè l' onore e dignità dello 'm- 
perìp tornasse a'Franceschi , decome fu per an- 
tico lungo tempo per gli loro anticessori, Carlo Ma- 
gno e gli suoi successori. Inteso per lo re e per mes- 
ser Carlo il conforto e buon volere del siio consi- 
glio , sì furono molto allegri , e ordinaro che sao- 



;vGooi^Ic 



l86 GIOTillHl TILIAHl 

la indugio lo re e messer Carlo con grande forza 
di baroni e cavalieri d'arme andassono a Viguone 
al papa, innanzi che gli Alamanni facessouo altrs 
lezione, mostrando e dando boce che la sua andata 
fosse per la richesta fatta contra la memoria di 
papa Bonifazio ; e che quando il re fosse a corte , 
richiedesse al papa la sesta segreta promessa , cioè 
d'eleggere e confermare imperadore di Roma mes: 
ser Carlo di Yalos , e trorassesi si forte di sua 
gente , che nullo cardinale né altri , né eziandio 
il papa, non 1' ardisse a (60) rifusare. £ ciò ordi- 
nato , SI comandò a' baroni e cavalieri che s' ap- 
pareccbiassono d' arme e diiCavallì a fare compa- 
gnia al re per andare alla corte a Vignone , e 
quegli del siniscalcato di Proenza fossono appa- 
recchiati , e doveauo essere in numero di più di 
seimila cavalieri d'arme . Ma come piacque a 
Dio, p^r non vigere che la Chiesa di Roma 
fo^e al tutto sottoposta alla casa dì Francia , que- 
ato apparecchiamento del re e suo intendimento 
fu fatto segretamente (61) assentire al papa per 
uno del segreto consiglio del re di Francia . Il pa- 
pa temendo della venuta del re con tanta forza ^ q 
ricordandosi della sua promessa latta, riconoscen-: 
do eh' era molto contraria alla libertà della Chie- 
sa , ù ebbe segreto consìglio solamente con messer 
d' Ostia cardinale da Prato , che già areano preso 
sdegno col re di Francia per le disordinale riche- 
ste , e percbè se la Chiesa avesse condannata la 
memoria di papa Bonifazio , ciò eh' avea £itto 
era casso e annullato , e '1 cardinale da Prato fu 
per Bonifazio ùtto cardinale con certi altri , co- 
me detto avemo in altra parte . Il détto cardi- 



:.vGooi^Ic 



LIBBO OTTATO I87 

liale udendo quello che séntia il papa dell' inten- 
aione e della venuta del re dì Francia , si diaae : 
Padre santo , qui rton ha che uno remedio , cioèf 
che innanzi ti /accia la richesta il re , per te 
s'ordini co' prencipi deUa Magna segretamente 
e con istudio, eh' eglino facciano lezione d' impO' 
rio . Al papa piacque il consiglio , ma disse : Cui 
volemoper imperadoreì Allora il cardinale molto 
antiveduto , non tanto sobmente per la libertà 
della Chiesa , quanto a sua proprietà e di sua par^ 
te ghibellina^pervolerla rilevare in Italia, disse: 
Io sento che 'l conte di LusimÒorgo è oggi il mi- 
gliore uomo della Magna y e il più leale e il più 
franco e più cattolico , e non mi dubito, se viene 
per te a questa dignità , eh' egli non sia fedele 
e obbediente a te e a santa Chiesa , e nomo di 
venire a grandissime cose . Al papa piacque per 
la buona fama che sentia di hii , e disse : Questa 
lezione come si può fornire per noi segretamentef 
mandando lettere con nostra bolla, che noi senta 
il collegio de' nostri frati cardinali 7 Rispuose il 
cardinale : F'a' a lui e a' lettori tue lettere col 
piccolo e segreto suggello , e io scriverò loro per 
mie lettere più a pieno il tuo intendimento , e 
manderolle per mio famigliare : e così fu fatto. 
E come piacque a Dio, giunti ì messaggi nella Ma-' 
gna e presentate le lettere , in otto dì ì prencipi 
della Magna furono congr^tl a Midelborgo , e ivi 
sànza ninno discordante elessero a re de' Romani 
Arrigo conte di Lusimborgo ; e ciò fìi per la io-- 
dustria e studio del detto cardinale , che scrìsse 
a' prencipi infra l' altre parole : Paté d' essere in 
accordo del tale, e sanza indugio , se non, io 



;vGooi^Ic 



IBS GIOTAimi TILLARI 

sento che la lezione e la si gnoria dello 'mperi» 
tornerà a' Franceschi . Fatto ciò , la lezbne fìi 
pubblicata in Francia e in corte di papa iocon- 
taoente ; non sappiendo il modo il re di Francia^ 
cbe facea l' apparecchiamento per andare a cor- 
te , si tenne ingannato , e mai non fu poi amico 
del detto papa . 

GAP. GII. 

Come Arrìgo imperadore fii ^infermato dal 
papa. 

Nel detto annO; essendo fatta la lezione d* Arri- 
go di Lusimborgo a re de' Romani , sì mandò a 
VignfHie a corte a papa Clemente per la sua c<m.~ 
fermazione il conte di Savoia suo cognato , e mes- 
ser Guido di Naraurró fratello del conte di Fian- 
dra suo cugino , i quali dal papa e da' cardinali 
onorevolemente furono ricevuti , e del mese ^d'A- 
prile 1 3o8, per lo papa il detto Arrigo fu confer- 
mato a imperadore , e ordinato cbe '1 cardinale 
dal Fiesco e '1 cardinale da Prato fossono legati 
in Italia , e in sua compagnia quando venisse di 
qua da' monti y comandando da parte della Chiesa 
che da tutti fosse ubbidito . Incontanente ch'e'suo 
ambasciadori furono tornati colla confermazione 
del papa, se n'andò ad Asia la Cappella in Ala- 
magna , con tutta la baronia e prelati d' Alama- 
gna , e furri il duca di Brabante , e '1 conte di 
Fiandra , e '1 conte d' Analdo , e più baroni di 
Francia , e ad Asia per l' arciTescovo di Collana 
onorevolemente e sanza nullo contasto fu della 



;vG00l^lC 



LIBRO OTTAVO I89 

prima corona coronato , U dì della Epi&nia i3o8, 
a re de' Ronuinì . 



Come i Fìniziam presono la città di Ferrara e 
poi la perderò . 

Nel detto anno . 1 3o8 a dì i o di Gennaio, i Yi- 
nizianì presono per forza di loro navìlio la città 
di Ferrara , la quale era della Chiesa di Roma , e 
cacciarne messer Francesco da Esti ; per la qual 
cosa dal sopraddetto papa furono scomunicatile 
contra loro &ttogran processo, e a chi desse aiu- 
to alla Chiesa fu fatta grande indulgenza per due 
legati del papa che vennero in Iiombardia , i 
quali am l' aiuto de* Bolognesi e della lega di 
Lombardia della parte della Chiesa, racquistarono 
Ferrara , salvo il castello Tedaldo eh' era i n capo 
della terra , molto forte e grande , che rimase 
a' Viniziani , e in quello mese i Vinizianl fhrono 
sconfitti a Francolino , eh' erano venuti per asse- 
diare Ferrara, pr la gente della Chiesa. 

CAP. CIV. 

C«me il maesti^ delUy spedale prese V isola 
di Jìàdi. 

Neil' anno 1 3o3 del mese di Febbraio , i frieri 
dello spedale ebhono grandi privil^l dal detto 
papa Clemente , di grandi perdonanze a chi &- 
cesse loro aiuto al conquisto d' oltremare , e per 



:.vGooi^Ic 



igO GIOVANNI TiLLAHI 

Italia andarono predicando , e raunarono moneta 
assai , e poi la state vanente il loro maestro da 
Napoli fece suo passaggio, e presono l'isola dì Ro- 
di in Turcbìa , con grande danno de' saraciui e 
de' Greci. 

^ GAP. CV. 

Come il re d' Araona s'apparecchio di vemre 
in Sardigna. 

Nel-detto anno e mese, apparecchiandosi il 
re d' Araona di venire a prendere Sardigna , e 
avea rìclieati i Fiorentini e' Lucchesi e la taglia 
di Toscana di fare compagnia con loro a guerreg- 
giare i Pisani , i detti Pisani gli mandarono loro 
ambasciadori in tre galee con molta monista , on- 
de il detto re si rimase della detta impresa. 

GAP. evi. 

Come i guelfi Jurono cacciati di Prato^ 
e poi lo. racquistarono. 

Neir anno 1 309 a dì 6 d' Aprile, i bianchi e'ghi- 
bellini di Prato ne Qapciarono fuori i guelfi e'neri; 
il seguente di fu per loro ricoverato coli' aiuto dei 
Fiorentini e de' Pistoiesi y e per gli Fìoreutioi vi 
fu messa la signoria. 



d::.GOOl^lC 



LIBRO OTTAVO 



GAP. CVII. 



Come i Tarlati tornarono in brezzo 
e cacciarne i guelfi. 

Nel detto anno a di a4 ^^^ mese d' Aprile, i 
Tarlati d'Arezzocoa loro parte ghibellina tornaro- 
no in Arezzo , e cacciarne fuori i guelfi e' verdi , e 
uccisonne assai , e ruppono la pace eh' aveauo 
coTiorentini. 

GAP. CVIII. 

Quando morì il re Carlo secondo. 

Nel detto anno il dì di Fentecosta a di 3 di Mag- 
gio, morì il reCarlo secondo, il quale fu uno de'lar- 
ght e graziosi signori che al suo tempo vivesr 
se , e nel suo regno fu chiamato il secondo Ales- 
sandro per la cortesia ; ma per altre virtìt fu di 
poco valore , e magagnato in sua vecchiezza di- 
sordinatamente in vizio carnale , e d' usare pul- 
celle , iscusandosi per certa malattia eh' avea di 
venire (63) misello: e lui morto, a Napoli fu sop- 
pellitoa grande onore. 

GAP. ax. 

Ve' segm eh' apparirono in aria. 

Nel detto anno 1809 a di ip di Maggio, di not- 
te , quasi al primo sonno , apparve in aria uno 
.grandissiiuo fuocOf grande in qnanliilà d'una granr< 



Diqi1i.cd^:.vG00<^Ic 



191 GIOVAHHI TILLANI 

de galea , correndo dalla parte d' «({uìlone verso 
il meriggio eoa grande chiarore, sicché quasi per 
tutta Italia fu veduto, e fu tenuto a grande maravi- 
glia ; e per gli più si disse che fu segno della ve- 
nuta dello 'mperadore. 

GAP. ex. 

Come i .Fiorentini ricominciarono guerra 

ad Arezzo. 

Nel detto anno a di 33 di Maggio, cavalcarono 
i Fiorentini duecento(63) cavallate e certi pedoni, 
e la masnada de' Catalani col maliscalco del du- 
ca al monte Sansavino , che si tenea per gli Fio- 
rentini , e di là andaro in sul contado d' Arezzo 
ardendo e guastando , e furono infino alle porte 
d'Afezzo, e feciono dannaggìo assai. Poi a dì 8 di 
Giugno si tornarono in Firenze sani e salvi. 

GAP. CXI. 

Come i Lucchesi vollono disfare Pistoia > 
e' Fiorentini Jitrono contradianti. 

Mei detto annoio calen di Giugno,! Lucchesi 
vennero a Serravalle popolo e cavalieri inanimati 
di disfare Pistoia al tutto , o almeno la loro me- 
tade : la qual cosa a' Fiorentini non piacque j pa- 
rendo loro spietata e crudel cosa. Diedono parola 
a' Pistoiesi che ù difeadessoDO , e. a dtà di Firen- 
se gli volesse aiutare , sicché coli' aiuto di mes- 
ser Lippo Yergellesì , che teaea. il castello della 



;vGooi^lc 



LltSO OTTÀTO ' 193 

Sambuca y essendo ì Lucchesi già a Pontelungo , 
gli ripararono con danno e Terg(^aa di loro. Per 
la qual cosa i Fiorentini acconsentirò a' Pistoiesi 
che riferraasaono la terra; ì quali in due di rjmoo- 
darono i fossi e rifeciono gli steccati con berte- 
sche intorno alla città , e a ciò furono uomini e 
donne e fanciulli, preti e religiosi, che fu'teniito 
gran cosa. La qual benignità e pietà de'Fiis'reDti- 
ni tornò loro poi per più volte inolto:contradià, 
con grandi pericoli e spendii de' Fiorentini, sicco- 
me innanzi per. gli tempi si farà menzione^e piÀ 
Tolte poi fu pili commendata la furia de'Luoclifl'- 
si , che la piata e assistenza de' Fiorentini . 

GAP. cxn. 

Come il re Ruberto fu coronato del regno 
di Cicilia e di Puglia . 

L' anno i3o9 del mese di Giugno, :Ì1' dna Ru-. 
berto, allora pr^c^enito del re Carlo , andò per 
mare da Napoli in Proenza alta cort^con grande. 
navìlio di galee e grande compagnia > e f u coro- 
nato a re di Cicilia e di Puglia da papaGlemente^, 
il di di santa Maria di Settembre del deUo anno, 
e acquetato di tutto il preisto che la Chiesa avea^ 
fatto al padre e all'avolo per la guerra diCicilìa, 
il quale -si dice eh' erano più di trecento niigliaim 
d' once d' oro . ^el detto anno e mése i guèlfi fu-, 
rono cacciati d'Amelia per la fòrza de' CoLónoe^i-; 



T. Ili, 



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ig^ CIOTl.Iini TILLAHI 

CAP. CXIU. 

Come gli Anaamtarù jurowt soo^ttì 
dal conte Fedrigo. 

Nel detto anno e mese di Giugno^l conte Fedri- 
go da Montefeltro con <[aeUi da Iesi e d'OsimOjed 
altri Marchigiani ghibellini sconfisaono gli An- 
conitani di'erano a oste sopra il contado di Iesi ; 
fbronne tra presi e morti, tra di carallo e di piò , 
più di cincpieinila . 

CAP. CXIV. 

Come messer Ubizzino Sfànolijii cacciato di 
Genova e sconfitto . 

Nel detto anno 1 3og di 1 1 dì Giugno, essendo 
messer Ubizzino Spinoli signore di Genova, e cac- 
ciatine più tempo dinanu ì guelfi , e poi gli Ori! 
e \<xo seguì^ , e gli Spinoli suoi consorti da ba3> 
#0 , e la terra tenea quasi a guiaa di tiranno , i 
detti Qsciti,'Cofii i guelfi come i ghibellini, tatta Le- 
ga e compagnia vennero con loro isfoTBO di gente 
a cavallo e popolo di Genova a pie assai , infino 
in Ponzevera per rientrare in Genova . Il detto 
messer Ubizzino con suo sforzo di gente a oavallo 
e popolo di Genova a pie si fece allo incontro , 
^usciti vigorosamente assalendo il popola di 
Genova , il quale era partito, e male seguirò mes- 
ser Ubizzino, ma si misono in fuga, onde fu scon^ 
fitto con piccola raortaliUt di gente , e si fuggì in 



:.vGooi^lc 



£IBRO OTTlrO t^S- 

Serraralle co' suoi seguaci . Gli Orii, e' Grimaldi, 
e gli altri usciti si rieutraro ia Genova sanza fare 
altra Dovità, se non che feciono disfare il castello 

di Luccoli eh' era in Genova , del detto messer 

Ubizzino . 

GAP. CXV. 

Come i Viniziani Jìirono sconfitti a Ferrara. 

Nel detto anno all' uscita di Luglio, i Fioren- 
tini mandarono cavalieri e pedoni in serv%io del< 
la Chiesa al cardinale Pelagrìi, nipote e legato del 
papa, il quale era al soccorso di Ferrara, che v'e- 
rano i Viniziani per comune ad oike per terra e 
per acqua , onde il detto l^to ebbe a granda 
grado da' Fiorentini , eh' erana iat«^etti ^dalU 
Chiesa , e però non lasciaro il servigio. Poi il Set- 
tembre vegnente la gente del l^to co"^ Fiorenti- 
ni e Bolognesi combatterò co' Viniziani e scoiiiisr 
«mglì a dì 37 d' Agodo prossimo, onde rimasono 
tra morti e presi e annegati in Po de' Viniziani 
più di seimila uomini , e perderò aLtùU» Ferrara 
e '1 castello Tedaldo. Poi 1' anno appresso .tornan- 
do il detto legato in Toscana venne in Firenze , e 
per li Fiorentini gli fu fatto grande onore, e pre- - 
sentai^U duemila fiorini d'oco, e '1 cn-roccìo gli 
andò incontro con grande processione; perla qual 
cosa e servigio &tto il «lètto l^ato assolvette i 
Fiorentini dalla 'nterdiaione e scomùnica , e ri~ 
conciliogli colla Chiesa della discordia dove.gli 
aveva messi messer Napoleone , come addietro 
si fece menzione, e rendè l' oficio a' Fiorenti- 
ai a dì 36 di Settembre anno detto . 



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■ 9<S CIOTANHI VILLANI 

GAP. CXVI. 

Della guerra de' f^olterrani e 
que' di Sangimignano. 

Nel detto anno iSog del mese d' Agosto^ sì co- 
minciò grande guerra tra' Volterrani e que' di 
Sangimignano per quistione di loro confini ; e 
ciascuno fece sao isforzo di più di settecento ca- 
Talieri per parte , e durò la guerra più mesi con 
grande spendio e dammaggio dell' una parte e 
dell' altra , d' arsioni e di guasto e di più avri- 
samentì. I Fiorentini e'Sanesi assai si travagliaro 
d' acconciargli insieme : quando volea l'uno non 
Tolea l' altro , che si tenea soverchiato . Alla fine 
i Fiorentini vi cavalcarono con grande isfòrzo i 
dicendo d' essere contra la parte che non volesse 
l' accordo. Qu^li dibattuti di spese e della guer- 
ra , si rìmisono ne' Fiorentini , e per gli Fioren- 
tini fu giudicata e terminata la quistione , e mes- 
si i termini a' confini , e ciascuno a' suoi termini 
fece uila fortei^ia , e fu fatta la pace. £ nel detto 
mese d' Agosto scuro tutta la luna ; e poi l' ulti- 
mo di di Gennaio scurò gran parte del sole ; e '1 
Febbraio acuente ancora scurÒ la luna. Nel deità 
anno fu grande dovizia di pane e di vino ; yals« 
lo staio del gmno in Firenze soldi otto, e '1 cogno 
4*1 mosto in certe parti nieno di soldi quaranta , 



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LIBKO OTTjLTO 191^ 

CAP. cx.vn. 

Come gli Orsini di Romajiirono sconfitti 
da' Colonnesi . 

Nel detto anno del mese d' Ottobre, sì riscon- 
traro certi degli Orsini e de'Golonoesi e di loro 
seguaci, in quantità di quattrocento a cavallo, fuo- 
ri di Roma , e combatterono insieme , e' Colonne- 
si furono Tincitori, e fuTvi morto il conte dell'An- 
guillara , e presi sei degli Orsini , e messer Ric- 
cardo della Rota degli Annibaldescbì eh' era in 
loro compagnia . 

GAP. CXVIII. 

Come gente d' Arezzo furono sconfitti dal 
maliscalco de' Fiorentini . 

: Nel detto anno , di Febbraio , il re Bnberto 
mandò in Firenze sua bandiera al suo maliscalco 
ch'era in Firenze con trecento cavalieri catalani^ 
che in prima che fosse coronato a re , il suo det- 
to maliscalco portava pure pennone della soprao- 
s^na del duca . Il detto maliscalco per provare 
la bandiera , e per andare in servigio di que' del- 
la città di Castello, i quali aveano rìcbesti ì Fio- 
rentini d' aiuto contra gli Aretini , con sua. gente 
a cavallo e a pie , con tre de' maggiori di Firenze 
per sesto , e con certi pedoni eletti si partirò dì 
Firenze martedì adì iodi Febbraio, e furono 
intorno trecencinqiunta cavalieri e MÌcento pe- 



;vGooi^lc 



198 GIOVAHHI TlLLAlfl 

doni . Feciono la via di Valdaruo e poi per Vat 
lelunga all'olmo d'Arezzo , guastando per lo con- 
tado d'Arezzo. Gli Aretini popolo e cavaUeri e 
usciti di Firenze con Uguccioiie da Faggiuola loro 
capitano sotto Cortona si pararono loro dinanzi 
credendogli avere sorpresi , e gli assalirò per loro 
ièditorì , i quali dal detto maliscalco e Fiorentini 
iìirono rotti , e Uguccione col popolo si fuggì ad 
Arezzo in isconfitta, e riraasonvì morti Vanni 
de'Tarlati, e Gione de'Gherardiui,e unude'Paz- 
u di Valdamo con più altri j e tre di loro bandiere 
De vennero co' pregionì a Firenze . Con tutta la 
vittoria , fu tenuta folle andata , perchè sì misono 
in forte passo e nella forza de' nimici . 

GAP. GXIX. 

Com6 i Morentini Jéciono oste ad brezzo. 

Nell'anno i3io, di 8 di Giugno, i Fiorentini 
con loro amistà in quantità di duemila cavalieri 
t popolo a pie grandissinH) , si partirono di Firen- 
ze per andare ad oste ad Arezzo . Prima sì partis- 
sono vennono lettere e messi da Arrigo impera- 
dore, comandando a' Fiorentini die l'oste non 
andasse sopra a Arezzo , con ciò aa cosa ch'ell'era 
sua terra,e ch'egli intendea di pacificargli insieme 
alla sua venuta in Italia . Per la qual cosa in Fi- 
renze n' ebbe quistione , clie chi volea e chi non 
V(dea che l'oste v'andasse . Alla fine il popolo par 
vìnse ch'eli' andasse, e andò ìnfino al vescovado 
vecchio d'Arezzo, e quivi ai fermò il campo 
guastando intorno la terra , e piìì battaglie sì die- 



:.vGooi^lc 



dono a& terra f e gran parte degli steccati dft 
quella parte per gli Fìoreatini s'abbatterò, e dis- 
tesi per molti che la terra s'arebbe avuta per forza^ 
perocché gli Aretini erano in fiebole etato , se 
non che cèrti grandi di Firenze per nudrire la 
guerra e moneta che n'ebbono (se '1 veto fu) non 
l'assentirono . Alla fine si parti 1' oste , e lasciare 
noe battifolte molto forte presso ad Arezzo a due 
miglia al poggio eh' è sopra all' olmo , fornito di 
genti con gli usciti d' Arezzo , il qttale fece loro 
molta guerra ; e'Fioreotini tornarono in Firenze 
sani e salvi; a di aS di Luglio anno detto . 

CAP. CXX. 

Come gli amèasciadori d' Arrigo re de'Somani 

vennero in Firenze. 

Nel detto anno dì 3 di Luglio, vennero in Fi* 
renale messer Luis di Savoia eletto aanatore di 
Roma con due prelati cherici d'Alamagna, e mes- 
Mr Simone Filippi da Pistoia , amhascìadori del- 
lo 'mperadore , richeggendo il comune di Fireiw 
ze che s' apparecchiassono di fargli onore alla stur 
coronazione , e che gli mandassero loro ambascia- 
dori a Losanna: e ricbiesono e comandaro che 
r oste eh' era ad Arezzo si dovesse partire . Fu 
per gli Fiorentini fatto un grande e bello consi- 
glio f ove saviamente spuosero loro ambasciata . 
Risponditore fu iatto per lo comune messer Setto 
Bruuelleschi , il quale prinu rispuoiw con parola 
superbe e disoneste, onde da'aavii fu poi biasi- 
mato ) poi per messer Ugolino Tornaquinci savia- 



:.vGooi^lc 



SOO OlOTAUSl TtLLAKI 

mente risposto , e ' cortesemeote, contenti si par- 
tirono B dì la di Luglio, e andarono' neir oste 
de' Fiorentini ad Arezzo , e feciono il somigliante 
comandamento si partisse 1' oste ; la quale non 
si parti per ciò . Bimaserai in Arezzo i detti am- 
InKiadorì assai indegnati contro a'Fiorentini . 

GAP. CXXI. 

Di miraoaìosa gente che s'andarono battendo 
in Italia . 

Nel detto anno appari grande maraTlglìa, cbe 
si cominciò in Piemonte, e venne per Lombardia 
e per la riviera di Genova , e poi per Toscana , e 
poi quasi per tutta Italia, che molta gente zninota, 
uomini e femmine- e uncinili sanza numero , 
lasciavano i loro mestieri e bisogne, e colle croci 
innanzi s'andavano battendo di luogo in luc^o, 
gridando misericordia , e fàccendo fare V uno al- 
l'altro molte paci, tornando più genti a peniten- 
zia- 1 Fiorentini e piùaltre città non gli lasciarono 
entrare in loro terre, ma gli scacciavano dicendo, 
eh' era male segnale nella terra ove entrassero . 
E nel detto tempo , a di 12 di Maggio , il re di 
Francia fece a Parigi ardere il maestro del tempio- 
coD cinquantaquattro suoi frierì de' maggiori del- 
la magione , opponendo loro resia : ma i più dis- 
Bono che fu loro fatto torto , e per occnpare le 
loro possessioni, e alla loro morte ricoDoscendoai e 
confessandosi buoni cristiani . 



■,Gooi^lc 



NOTE 



LIBRO OTTAVa 



GAP. L 

(ly verdine d'taiitratoi ordine» o raagiitnto di tr- 
bltrì, doi( d'nomìai riveititt di potestà legisUiln. Nel 
Vocabolario si trova questa voce ìd questo significato, ma 
Mnu esempio. Nell'edis. delMuratori, e in altre ancora, 
si trova invece ordine di arbilrioìtbi veramente un ai" 
bìtrìo degli Editori il cambiar la vera e diritta voce per un 
altra; che non si trova in alcuno dei buoni testi a penna 
da noi riKontnii. 

CAP. n- 

(a) affteboltre: indebolire. L'origine di questo verbo i 
dal franoese qffnòlir. È da notarsi che gli antichi dissero 
indistintamente affiebolin, affiebolare, infiebolire , e ia- 
Jtebolare , e talora posto il v invece del b , come appunto 
oggidì noi adoperiamo- In alcune delle passate ediùoni si 
trova quasi sempre levata via questa voce antica, e sosti- 
tuitale la corrispondente indebolire, ma ella si trova in 
tutti i buoni testi antichi. 

(3) accosliUoi vicino, confinante. Anche questa voce è 
suu tolu nelle stampe, sebbene si trovi in tntti i mi- 
glioiì testi a penna . 

CAP. IV. 

(4) peri: nome di una dignttli del regno di liVancia : oggi 
ai dice coBunemente peri} ma la yen e buona antica sciìt- 



:.vGooi^Ic 



903 M O T S 

tura i peri, clw ImtU la pronuncia della iroce frauccM! 
pair da coi derìva ' In alcnni teiti a penna dei meno an" 
tìcbi, e in alcune edizioni , si legge padri. I DeputaU alla 
correEiooe del Decameroae si nno a ragione doluti di qne- 
Ito arbitrio presoli da qualche copista, e seguito dai tra- 
•cnrati editori. Ma se si avessero ogni toIu a ripetere i 
nostri giusti lameutì coatro a i\ fatte lìcerne , non vi sa- 
rebbe mai da finirla. 

(5) conceputa : equivale a dire : iulla guale aveva conce' 
voto dei disegni. Cos\,senu nessuno aggiunto , il n. As- 
tore adoperò il verbo concepere, o concepire in questo stesso 
significato nel lib. YU- cap. iio: era.conceputo per t arci- 
vescovo di Pisa e suoi seguaci, di cacciare di Pisa U 
giudice Nino. 

CAP. xni. 

(6) partita: lo stesso che assisa, 

(7) assisa: divisa, livrea, montura da soldaU;ein questo 
•coso i da usarsi tuttora sull' esempio dell' Ariosto e del 
Tasso, per ucer d'altri moderai che T adoperarono. Vuol 
anche significare imposta, e tributo, come nel cap* 3a di 
onesto medesimo libro, e allora viene da ttais, cioè, p^ 
conia qaae in vectigal penditur. Il Da-Freme ha trattato 
assai lungamente questo articolo ■ 



^ faàone : gravena , imposta j e in questo senso n trof 
va osata assai volte- 



CAP. XVUI- 



(Ò) essma: v. a. stata: più i^Équen te mente pet6 n trov* 
luto e suta senza la e agginnU in principio. 



CAP. XXVI. 



(10) jM«sso:allrove«l^ge smusso, come pur nel Voe^ 
ore noa è ammessa la voce musso; la quale però 



a noi 



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K O T B 303 

non dà l'aninio di togliere, avendo trovata in ptùantìdu 
codici, e dei migliori. In questo luogo matto, o tmu$ao, 
come pili ai voglia , equivale a storto, non patto per di' 
ritto, e pia lungo che largo. 

GAP. £XIX. 

(il) asieguittt: ewgniue- Nel ioni- I. al n. ao abbiain 
notato altra volta queito verbo, e abbiam parhto dell'uM 
che avesQo gli antimi di cambìaro la e in a sol priitci^ 
delle parole - 

GAP. XXXV- 

(^iTÌ) palloltiera: è quel ritegno nella corda degli archi ove 
n accomoda la freccia. Il Vocab. e tutti gli stampati hanno 
pallottoliera, fuorché l'editioue milanese, cbt ba pallotto- 
liere. E però cosa «ingolaiissima che in nessuna edizione 
« trovi pallottiera, mentre leggon così tutti i codici più 
antichi e più reputati che si abbiano del Villani , de' quali 
ci contenteremo di nominare, olire 1 nostri soliti Davaur 
sati. Salvini, eMoreni,!) i, a, e 3 laurenziaoi . Dal cba 
ci sia permesso il dedurne , che pallottiera , e nongiàpoA 
latloiiera, sia la vera e genuina lezione. 

(|3) incamutata- Tanto i mss- qnanto gUsUmpati, di- 
scordano assai nella lezione di. questo passo. Lasciando da 
parte tutte le altre, quattro diverse lezioni soltanto riferi- 
remo, rilasciando poi al savio lettore il pensiero di deci- 
dere qnal sia tra queste la migliore , Il testo Davauz. leg- 
ge: e tono con totlUi briglie sanza freno, e povera tella 
d'una bardella e piccole scagli* incamurrate : il testo Ho- 
teni : e povera sella d' una barAell» e piccole seaglie ino» 
mutata: l'ediz- del Muratori, elamUaneaaitJ'uns^mfe/- 
la con piccole scaglie incamutaiej con una nota a pii di 
pagina , ove con arbitraria interpretazione ai dice : incamu- 
taie , cioè , congiunte come quelle dello corazze . La leùo- 
ne da noi adottata è quella dei Giunti citata, come qnklla 
che ci è sendirata la più sodislkoent* in vista della ^iega- 
sione data nel Vocalxdario alla voce incamutato, e delia 



:,Gooi^lc 



3o4 " O T ■ 

deiinàont della mederiDn . IncaimUato , di« il Tocab- t>na< 
(iì>v IraptttUo, e ifudlo che noi diciamo imbottito . Derìv» 
pn>babiloMDt« dalla voce incamalatut , che fu io uso pretto 
gli tcrittori del medio ero, come ti pai Tcdere nel Da- 
Fteioe , il qaale riporta tra gli altri , aa passo del Sanuto , 
che dice: indigel praeUrea dictut exercitus quod ex istia 
navigiis antedctis ediqua sint incamatata, icu barbatala 
lati modo , quod hominet praediclaram rum timeant lapi- 
de* mackinarwn. Dal qual pa»o ti scorge , che l' ìnterpre» 
lanone del Tocabolarìo non è lontana dal vero, e qaiadì 
DOQ dispregevole h lezione de* Giunti. La lezione del te- 
tto Davanz. t'abbiamo in questo luogo abbandonala, tion 
roeao cbe altrove, ogni qual voltaci è sembrata non retta 
( avvertitone peto sempre il lettore ) perchè la venerazio- 
ne per no codice , non deve giammai eueie a tcapito dcLU 
ragione e del buon temo. 

CAP. xxxvni- 

(i4) COM inormai r. a. lo stesso che enorme: coti tro- 
vili ^aso iguede , igualmente , per eguaie , tgaat- 



(i5) mitlea: v, a. mitdiia. 

CAP. XLVL 

' (iSj ituolliiai V. a> aollevata, scommotta. In alcnni 
ttampatì ti legge ioUevata: noi abMam ritenuto Tolentierì 
la voce insoluta del. testo Davanz. eh' è pur ricevuta nel 
Vocab. e trovàìì anche in altri antichi mu. 

GAP- XLIX 

(17) offtxzetta: nel Vocab. è aguzzetlo . Tal voce in 
qnetto luogo potrebbe per avventura corrispondere' a quel 
cbe oggi si di« legreiaiio intìmoi ma ord in aria m ente ù 



:.vGoo<^lc 



n T E io'5 

prettde in 1n»la parte, cioè per S$tigdt9n am^ fare, Cor- 
•e dal vttboaizzare, ÌnòtaTe,.e inqueato aenio l'ha ad»- 
prato pure il Dostro Autore nel cap. 34- del libro XII. 

(t8) pedottù; v a. icorta, guida- Altrove Quella voce 
« adoprata dal d- A. per piloto . 

CAP. L. 

('9) ?"<"*• gtteniata: v. a. còri i migliori tetti , « fre- 
queo temente. In alcuni stampati, ove mal a proposito si è pre-' 
teio d^ingeatilire l'e^ressioo! di questo nostra classico, legg^ 
guerra guerreggiala , che pur vuol dire la stessa cosa , cioè,, 
guerra dì trattenimento, seaza mai venire a batiagtia, co- 
me appunto dice in questo il a. A- aver latto D, Federi- 
go cou M. Carlo. 

CAP. L!. 

(ao) compagna: per compagnia, tolto l'i, secondo l'uso 
di que' tempi ■ Noi troviamo frequentem ente ne' buoni te- 
sti a penna degli antidù, e nelte accurate edÌEÌoui,sa/aro, 
malera, piarda, Calavra, Aletsandra , invece di salario, 
materia, guardia, Calavria, Messandria ec. Essi amava- 
no oldemodo di sfuggir l'iocriotro di pin vocali insieme, 
iiOD solo nell'accozzamento di una parola con l' altra ( per- 
chè ne nacquero tanti troncamenti di sillabe: ved. la no- 
ta 36 del tom. I. ) ma pur nel corpo delle parole medo- 
■ime . Ben ragiona sopra di ciò il Salviati ucl lib- IIL de- 
gli Àvvert. panie. XXI- sebbene può dirsi , che ciò fosse 
per avventura in virtù del grande amore ch'eglino aveva- 
no alla brevità nella pronunzia , per la qaal cosa tante pa- 
role accorciate s'incontrano ne'loro scritti. Qualunque r** 
gione però si volesse addurre di queuo lare degli autichi ; 
Bon sarebbe mai lodisfacenie quanto quella che si trova 
nell'uso, il quale spesse voice non ammette ragione ale»; 
Dt, tiatesd* egli l'arbitro e il legislatore. 

(aij i/«4tftinwntói ifienaiamenie , a loro piacfte, e ca< 
priccio- 

(aa) meglioUanli: nel Vocrf». è U voce beaettanU a si- 



;vGooi^Ic 



300 irOTB 

goifictn dU ha fvofcAe Hcehezta; ri manca il mperìatì» 
vo meglioitmiUe , il qoale potrebbe Kmyi luogo, meutre 
■ecoodo la leziose d'alcani loti non sono dne voci sep^ 
nu,àoi,me^ia,t ittmte,m»s\ oaa mU voce. Nondi- 
meno peri sì possono «crìvere oell' nn modo e neli' altro , 

GAP. LIV. 

(i3) w(/i»i«ri(i: cava £ solfo. In akmie ediriopì sì leg- 
fé Molfonaria , in altre totfanmria, come por nel Vocabo- 
lario ; ma il lesto Dayanz, con gli altri migliori, legge tol- 
Jmaria . 

CAP. LVI. 

(34 ) tosfano : v. a. pronto . L' nso ha rigettato questa voce , 
ed ha conservato tosto , e tostamente . 

(x5) aringati, oppure cui la r raddoppiata arringati t sfi- 
latit messi in (vdiaef dalla voce fraocese arrangé . 

(^S) broccia a fodire: tfiote,ÙKM*g^\ a ferire: voce an- 
tica tolta dalla francese in>cA«r,cbe vuoi dir propriamente 
pu^nera, i^roitarB; ma in questo luogo i usata metaforì- 
cameide. 

. (^i-j) rivenire e ergere addietro: ritornare indietro, e 
TKiarsi in pie. Rtwerfire, dal latina revertit manca nel Vocab. 
(38} moren; stagni, paludi: altrove ba detto fiii volte 
moroH' io questo significalo , 

CAP. LVII. 

{39) OHfuMe : plurale di cnsfunui, cbe vuol dire rito, 
iMonzn . Questa voce è usala pur dall' ArioMo Gant. 87. 
St. if^ La ria aoUum* di sua terra espose, 
(io) Si gabbò delle parole : si fece beffe , si rise , itiBÀ 
pernulla. Usò questo verbo nello stessa dgnif. il Polirìano 
St. IX. del Lib. I. SoUa^atbarsi degli affittii amairtt . IH 
■fui più- deriva il plg^'ors a foMo. come in quel veri di 
Dante : Che non 4 impresa da pigliare a gabbo . 



:.vGooi^Ic 



(3i).ieani>ii^ s bodtductAi) r. a. fctramaecc, e picco- 
li cambMtimeiiti . 



(3a)co//fi: V. a. corda pernio del tonnenUre; dì qui è 
il verbo coUoFe.cioi, dar la corda, tormcnUr colla corda . 

CAP. LXL 

(iSytrnnodieone-Gkcehi tMito freqnenMinente s'in- 
contrailo io qnesta Cronica rammentali i cos\ detti uomini di 
corta , non sar^ del toUo inalile, almeno per alcnni, il 
dirne qni qualche cota , giacché , eisendo andate in disuso 
molte cose , e molte costnmaate de' tempi antichi , le voci e 
i modi destinati a significarle , son pur bìk , com' è natura- 
le, ÌBvecdiiaie, e quasi inintelligibili , o per lo meno oscnre, 
« dubbie appariscono. All'etk del Villani, corte, oltre i si- 
gnificati orinarli che tuttora ha presso dì noi , si adopera- 
va a significar quelle feste che per cagion di noEse, di na- 
scile , e di rimili allegrezze , o anche per pura magnificenza 
facevano ì grandi signori, radunando intorno a se gente no- 
bile, s^ nazionali come forestieri, i quali venivano tratte- 
nuti con lauti conviti, e con doni, e con ogni maniera di 
cortesie, d'oude, dicono i Deputati, per avventura sì gua- 
dagnò qn esto nome la eorletia, e quel che pure a' di nostri 
dicericortetanrfùa. Oltre di ciò, a render pii lieti, e ag- 
gradevoli tali trattenimenti , venivano d' ogni parte chiamati 
nomini di buon umore, che con lieti canti, e con pia- 
cevoli modi e puok , e grazio» giuochi , ricreavano i convi- 
tati, e si chiamavano nàneilrieri, giullari, o giocolari, o 
fa^&iw', e generalmente uomirti A' corte, persone repuutii- 
airae, tenute in buon conto , e pregiati assai, a differenza 
de' buffóni moderni. Di quena gente i principi n aervivano 
per portare imbasciate, e trattare a&ri anche di gran rilievot 
come da più luoghi ancoia di questa Cronica ai pnò rilevare. 



;vGooi^lc 



ao8 HOTK 

CAP. UOL 

(ìi'ìmaggieimatte ^inmùmb:U. verbo ùtan i m a re, cbe 
lì dice anche inoTÙniire , preso attivameate TnoL dire ùlco- 
raggire, far animai neot.pass. incoraggini , farti animo ; 
ma in qneito luof^o è preso dal notlro Autore in un altw n- 
goificata non regùtrato nel Vocab. , ed i inditponi tf atU- 
mo contro a qualcuno . Un altro ligaiScato ha par dato il n. 
A. a questo verbo nel significato nent. pau. cioè, poni uà 
animo , mettersi in cuore di fare una cosa: lt\ è, a parer 
nostro, il significalo della parola inanimati che trovasi «1 
Cap, CXI. di questo libro , ove dice : i Lucchesi vennero a 
SerravaUe, popolo e cavalieri, inanimati di disfare Pittata 
al tutto te. 

(35) omicidio I qaetto esempio oaottra , che anche , omi~ 
cidio è tra que' Unti nomi qfae hon doppia nacita nel nu- 
mero del più, cioè ,omic(<U, e omtculùi. Alenai testi leg- 
gono inveco omicida ', ma allora quuta voce si dee riguar- 
dar come mancante dell' ì nell' ultima sillaba , come «tws- 
pagua per compagnia, Alessandra per AlessandHa, • 
altre siniU, onde s'è Eatto parola addietro A n. 30. 

(3S) si partì.,., male del rf di Francia: ul ^ la Ten 
lefione, e non gi^ come leggono gli sumpati, doè, in di- 
sgrazia del rciU Francia. Sébheuc il senso sia lo flesso > 
totUvia è tEO[^ diverso il modo che lo esprime , e qucst'ol- 
tìmo non ha nulla che lare in belleua col primo. 

CAP. LXXI. 

(3?)/» sì impilo : lo atctso che is^iiow ; éetpito tem 
agget, non è nel Vocab. 

CAP. LXXIL 

(38) la Città rotta: coA chianotsi antiounenie quella por- 
none della nostra citth di Fitenae, che i da S. Ambn^ fi- . 
non S. Croce. Anche iwllib, XII. cip- 8. il VilUai ftm- 



;vGooi^Ic 



MOTE SOJ 

mentala £J'f(&n)»a, allorché parla di sei brigate, o compa- 
gnie, le qnali si formaroDo in Firenze per celebrare le feste 
Utitnite ad onorare il daca d' Atene, ((oando si fu (atto ai- 
solutosignore della città; e dice, che la maggior di queste 
iMÌgate _/ù Rr//a Città rossa. Esiste lutlora nella facciata 
della chiesa dì S. Ambrogio un piccolo cartello dì marmo, 
ov'è scritto C/;{A rossa. Questa denominazione facilmente 
derivò dall'essere la maggior parte di quelle cnse fabbri- 
cate di mattoni, che non essen'lo arricciate, né imbiancate 
come furon di poi, comparivano tutte rosse come il mat- 
tone. — Giucche abbìam nominate quelle brigale, o coni- 
pagnìe, che si dissero in appresso potenze, e d'ebbero 
in numero a più di trenta , se alcuno bramasse averne con- 
leiza, giacché molto interessano i fatti della nostra città di 
Firenze, legga il Mauni nei Sigilli, e l'eruditissima nota del 
Biscioni alla St. U. Cant. 111. del Malmanlile, ove autù cu- 
riose notizie si trovano a questo riguardo • 

(39) ammaliati^ sorpresi dal timore, e rimasti conte 
■totditl; invece di ammtdiato noi diciamo nello stesso signi- 
ficato incantato >- ma l'unae l'altra voce in senso meta- 
forico. 

GAP. LXXTL 

(fo) gùalùiv. a. aguato, o agguato. 

(_\\^ stiparono: A\vcn\ uma \ significati del verbo M^/rars ! 
in questo luogo lignifica circondarono di itipa, cioè di legm 
minate da (àr fuoco. 

(4>) itromenti : nel testo dice stormenti 1 come preta per 
pietra , grolla per gloria, le quali metatesi frequentemente 
s'inontrano in tutti gli antichi ,e noi moltissime ne abbiam 
, di mano in mano notate. 

(iS) faccenda schemie de' Fiamminghi: di sprezzando . 
bl!fi^ggÌando i Fiamminghi. 

(44)'^""'*'^= *'• a. tomoieggiare , fare strepito; come fre- 
mire per fVemere , 



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CAP. LXXVin. 

(4^) pong* V- a- lo stesso die pugna ■ 

(4^ tutto torciarono : tutto legarono insieme : da lorciarct 
che vuol dire attorcere , stringere, legare insieme, e fotte 
vuol dir anche com^nmerf; e la voce (orzo usala da Dante 
nel C IV. del Paradiso, che pure ha questo significato, è 
persona terza singolare del presente dell'indicativo del verbo 
torciare — Se mille volte violenza il tona --. ove tona 
alarebbe invece di tonila, posta la z invece del ci, il quale 
scambiamento è frequeniigsimo presso gli antichi . Questa os- 
servazione non è fatta da alcun commentatore di Dante, ma 
pure noi la crediamo non priva di fondamento , 

E da osservarsi che il test. Davans. legge tornarono inve- 
ce di tardarono. Ma sarebb' egli questo uo erroT del copista 7 
Noi lo abbiamo creduto tale, si perchè non vediamo come 
convenga in questo luogo il verbo tornare, e s\ ancora per- 
chè tutti gli altri codici da noi riscontrati leggono torciaro- 
no : quindi abbiam creduto ben fatto di seguir la lezione che 
ci è sembrata migliore. Basti l'averlo accennato . 

(^■j^ carrìno : V. a, trlacea formata di carri: forse dalla 
voce francese tjuarre, quadrato ; può riguardarsi questa voce 
usata anche per cariaggio , come in questo stesso cap- ove 
dice : /asciarono tutto il loro carriao. 

(4^^) afusont: v. a- usata a modo di avverbio, e vuol di- 
re : in grande abbondanza . La osò pure il Boccaccio , e si 
trova riferita nel primo verso del PataiGo . 

(49) gfttozsenno: un'armatura fatta di maglia da indos- 
sarsi a guisa di corazza. 

(So^Jazioae : foggia , forma , «trattura di corpo . 

(5i')noninlamati: v. a. intatti, non toccati. Tutti i codici 
da noi riscontratìsiaccordauoaleggerertORin^aiMad'ye il so- 
lo Cod.Dav.col suo seguace chefudelSalvioi, da noi tante al- 
tre volte nominato, ha non intomina/i. Se trascurando d'inve- 
stigar l'etimologia delle parole, ci contentassimo di assegnar 
loro un significato quale richiede semplicemente il contesto, 
noi potremmo' adottare indistintamente le voci intamati e 
«Uoflunati'.cdiie, chcl'iuutel'kltn «goificai voglia »• 



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NOTE 311 

poifri, come pare «Ujiaa fatto gli Accademia della Crusca. 
Ha se al contrario il migHor modo, e pi4 tinuro, di assegna- 
re il senso alle voci è qaello di rigoardaK al contesto , e Ìq- 
neme alla loro etimologia , bisogna convenire dorertì lascia- 
re addietro la lezione del test- Dav. e ritenere l'altra come 
la sola buona e ra^jionevole . Im perocché, donde deriva la vo- 
ce intaminati del Coil, Dav. , e quale secondo la sua deriva- 
zione n' è il significato 7 Ella non può sicnrameatF discendere 
che AaW' inlanUnatus dei Latini , che vuol dire puro , ineor- 
roffo, ('ncoruamina/o. Dunque corpi intaminati vorrebbe 
dire: corpi interi, incorrotti, non contaminali. Ma poiché 
il lesto dice: cit£ii corpi moni e ancora no» inlaminati, 
viene a riuscire un discorso sciita andamento e ripugnante al 
buoa senso, poictiè quei non lo guasta per modo, che 
dice tutto il contrario, 

L' altra lezione dice : vidi lutti i corpi morti, e ancora non 
ùtfamofi. Derivando la voce imantato dalla francese enta- 
mé, tosto ne raggiungiamo il significato, e la lesione sembra 
chiara e sicura. Entaméh participio del verbo entamer, che 
vuoi dire scalfire, intaccare, manomettere , leggermente la- 
cerare , levare una piccola parte da una cosa intera. Dun- 
que co/y>i ancora non inlamali, rigorosamente parlando, 
vorrebbe dire; corpi incorrotti , non guasti, corpi interi ft 
Doi per maggior coerenza del testo, ma senta dilungarci dal 
vero significato della parola, amiamo dire piuttosto; corpi 
intatti , non toccali , lasciali stare, perchè cos'i s'intende 
eseguito 1' ardine del re di non seppellire i corpi dei Fiam- 
minghi, e non incorresi nell'assurdo, che alcuni giorni do- 
po la battaglia quei cadaveri fosseroancorainterìe incorrotti. 

CAP. LXXIX. 

(5i) di buone bianche ec. Tatti i codici e gli stampati 
convengono in questa ledane , se non che in alcuni v'i la 
difiérenia dal num. sing, al plur. cioè, alenni leggono di 
buone bianche, altri di hiona bianca, difièrenia da non 
valutarù- Ma.e che mai sono queste buone bianche? noi cre- 
diamo che bianca sost. equivalga a quello che of^ sì dice in 
Toscana &i<utcAet(a , cioè, panno di lana bianco per oso di 



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ai» FOTE 

foderare «bili da inverao. E ab toma uai bene col legto, 
poicfai chi DtHi ebbe panno Udo per far padifjUaai e trabac- 
che, le fece di questo paooo di lana. He bianca, né bian- 
thetta è nel Vocabolario . 

C&P. LXXX. 

(53) tranello: traou. inganno furbeicameate ordito. 

CAP. LXXXI- 

(54) ^ digiune: le quattro tempora . 

CAP. LXXXII, 

(5^) mttfwen* : il mugaTCro era in antico una «pecìe dì 
dardo, onde ne Tenne il nome di mugaveri a' soldati che 
n'erano aimati. 

CAP. LXXXVIII. 

(56) madornale: in questo luogo vuol dire /e^iUimo, na- 
to di legìttimo matrimonio. Alcuni stampati hanno tolto 
anche qneita toc* madornale, e vi han posto la corrì^Km- 
deate/e^tfltffttf. 

CAP. xcn. 

(5-f) morto a ghiado: v. a. mono di coltello, Gfùado for- 
ae deriva dal lat. gladias : e ù noù che non si trova usato se 
non con la preposizione a, come; morta a ghiado; tagliata 
a ghiado ec. 

^SSjfrieri: uomini d'ordine, o religione militare, quali 
appunto erano i tempieri o templari di cui si paila : e dice 
frieri ({aaà fratelli' 

CAP. C 

(5g) sodaro: promisero ccm sicurtà, assicurarono, Ved. il 
verbo sodare. 



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CAP. a. 

(60) rìfusare: r. i. tolu dal frane, njìuer: rìfiuUK, 
ricusare . 

(61) atsetUire: in questo luogo vile Io steuo che atiopt- 
re . Abbiamo altrove aotato che il verbo sapere riceve volen- 
tieri iocremento <1Ì una sillaba in sul princìpio, e «i dice aita- 
pere, solamente peràdopoil verbo ^oir, e non mai altrimen- 
ti; cvs\ il verbo sentire ha in questo luogo la stessa proprietà 
del verbo sapere colla stessa legge , ed ha aoche lo stesso si- 
gnificato: manca nel Vocab. 

CAP. cvin. 

(69) miselloi lebbroso, v. a, che manca al Vocab. Negli 
flcritiori latini del medio evo trovasi frequentemente la voce 
mùellus, e Ditie/Zu, invece àiUprosus, e leprosa. il Villani 
probabilmente la tolse da loro, ovvero dai Proveniali, che 
diceano mei^, Ved. Du-Freme . 

CAP. ex. 

(63) duecento cavallate : coA hanno Ì migliori testi , e pi& 
antichi, mentre altri con alcuni stampati leggono duecento 
cavalieri fiorentini di cavatlaie. Intorno all'uso di qaesu 
voce vedasi ciò che ne ablnamo detto nel Tom. II- n, 71. 



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TAVOLA 

DEI CAPITOLI 

LIBRO OTTAVO. 

Cjp. I. x^onta come nella città di Firenze fu fatto 
il secondo popolo , e più grandi mutazioni che 
per cagione di quelli furono pni in Firenze, se- 
guendo dell' altre novitadi universali che furono 
in que' tempi ---------- pag. 5 

Cjp. il Come il popolo di Firenze feciono pace 

co' Pisani, e molte altre notabili cose . . - . 8 

Cyp. Ili- D' uno grande fuoco che fu in Firenze. nel' 

iu contrada di Torcicoda- -•-•--. io 

Cjp, IV, Come si comiucib la guerra intra 'l re di 

Francia e quello d' inglùlterra - - - •, - - io 

CàT. V. Come fu eletto e fatto papa Celestino quin- 
to, e come rifiutò il papato •---•-.![ 

CdP, VI. Come fu eletto e fatto papa Bonifazio Ottavo i4 

Cjr- VII. Quando si cominciò a fondare la nuova 

chieaa di santa Croce di Firenze ----- i6 

Cap. Vili. Come fa cacciato di Firenze il grande 

popolare Giano della Bella ---.... ij 

C*p. IX. Quando si cominciò a fondare la chiesa 

maggiore di santa Reparata- ------ 20 

Cjp. X Come messer Gianni di Celona venne in To- 
scana vicario d'imperio ----..-.21 

Cip. XI. Come fu canonizzato santo Luis re che fa 
di Frnncia -.•-.-.-.-••aa 

Cjp. XII. Come i grandi di Firenze misono la città 

a romore per rompere il popolo - - - - • aS 



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Cjt, Xlll. Come lo ne Cario fice pact col re Giamo 

d* Araona .----.--- -----aS 

C^. XIV, Conte la parte gu tifa furono per forza 

cacciati di Genova ••-----••- aj 

Cjf XV. De' fata de' Tartari di Persia - - - - a» 

CjF- XVI. Come Maghinardo da Stisinana tconfisse 

i Bolognesi, e prese la cìllà d'Imola - - - aS 

Cjf. XVU- Come il popolo di Firenze fece fare la 
terra di castello Sangiovanni e Castelfranco in 
Valdarno ------.---.--ag 

Cjt. XVIII. Come lo re Giamo d' Jraona venne a 
Roma, e papa Bonifazio gli privilegiò risola 
di Sardigna ----..--..-.3o 

Cjf, XIX. Come il conte di Fiandra e tptello di Ba- 
ri li ruhellarotto al re ili Francia - - - - 3i 

CjF, XX. Come il conte d' Artese iconjisse i Fiam- 
minghi a Fornts , e . come il re d'Inghilterra 
passò in Fiandra ----3a 

Cjt, XXI. Come papa Bonifazio privò del cardina- 
lato mesier Jacopo e meiser Piero della Colonna 35 

Cjt' XXII. Come Alberto d' Oilerich sconfìsse e no- 
dse Attaidfo re d' Alamagna, e aom' egli fu 
eletto re de' Romani ..---..--M 

Cjf. XXIIL Come i Colonnesi vennero alla miseri- 
eordia del papa, e poi ti ruteliarono un'altra 
volta -..--.-..-..-. .37 

Cjf, XXIV. Come i Gaioveti tconfistono i Fìniaiani 

ut mare- --.---.--.... -38 

Cjf. XXV. De' grandi tremiuai che fwotto in aerte 

«ina d' Italia- --..-...-..3g 

Cip. XXVI, Quando si cominciò il palazzo del po- 
polo df Firenze ove abitano i priori - - - - 3q 

Cjr. XXVII. Come fu fatta pace tra'l comune di 

Cfnova e qtiello di P^inrgia ----.--4« 

Cjf. XXVIII. Come fn falla pace tra'l comune di 
Bologna e 'l marchese da Etti e Maghinardo 
dn Susiiiaua per gli Fiorentini --.-.. ^i 

Cjp. XXIX Come il re Giamo d' Araona con Rag- 
grri di Loria e colf armala del re Carlo tcon- 
fUtfmo i Geiliani a Capo Orlando - - - - 4' 



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ai7 

Cdt. XXX. Cpimfufaltapacetn^Gmevaii^Ptsani 4» 

Cjff. XXXI. Quaado di muM» ti cominciarono le niuh 
ne mitra della città di Firen%e <■ - • - • - ^3 

Cjp. XXXII. Come il re di Francia ebbe a qutto 
tutta Fiandra, e in pregiane il conte e'^gliiioli 4' 

Cjf. XXXlll. Come il re di Francia l' imparaUò 

col re Alberto d' Alamagna -------45 

Cjf. XXXIV. Come il preme di Taranto Ju sconjit- 

to in Cicilia- ----------- 4* 

Cjf. XXXV- Come Catsnno signore de' Tartari tcon- 
fisse il saldano de' saracini , e prese la terra 
santa in Soria -•------.-- 4? 

C^. XXXVl. Come papa Bonifazio ottavo die per- 
dono a tinti i cristiani eh' andassano a Roma, 
l'anno del giubbileo i3oo ------- 5i 

O. XXXVII. Come il conte Guidi di Fiandra am 
due suoi figlinoli s'arrende» al re di Francia, 
e come furono ingannati e messi in pregiane • 53 

Cjf. XXXVIII- Gmie ti cominciò parte nera e biaif 

«a prima nella città di Pistoia- - - - - . 54 

C^. XXXIX. Come la città di Firenze si partì e ti 

sconciò per te dette parti bianca e nera - • &6 

Cje- XL- Càm>^ il cardinale d? AcipAntparia venne per 
legalo del papa per racconciare Firenze, e non lo 
poleofare --..---'.-.--.- Gei 

Cjf> XLI. Oe'mali e de* pericoli che luguirono alla 

nostra città appresso ,--..- -.-..6i 

Cjf. XLll. Di quello medetimo 63 

Cjf- XLIII, Come papa Bonìjazio mandò in Francia 

per metter Carlo di f^alot --.-.--.64 

Cjf. XLI V. Come i guelfi furono cacciati d" ^gobbio - 
e poi come ricoverato la terra, e cacciarne i gì» 
bellini 65 

Cjf. XLV, Come la parte nera furono cacciati di Pi- 

ttoia .-.-_. ..66 

Cjf. XLVI. Come gl'lntermindlt e loro seguaci fu- 
rono cacciali di Lucca ---....-.66 

Cjf. XLVII. Come i guelfi usciti di Genova per pace 
furato rimeui in Genova ..-.-•-- 6-j 



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79 



3f8 

C-tf' XLVni. CbffM apparve in cielo una itelta cornala. 67 

Ctf . XLIX. Come metser Cario di f^alos di Francia 
venne a papa Bonifazio, e poi venne in Firenze e 
eaccionne la parte bianca - .--...- 68 

Cjr. L. Come messer Carlo di Vaio» passò in Cicilia 

per fare guerra perla re Carlo, e fece ontosa pace jff 

Ctf. LI. G>me si cominciò la compagna di Bomanta 76 

Cjp. LII. Come i Fiorentini e' Lucchesi Jeciono oste so- 
pra la città di Pistoia, e come ebbono per assedio 
il castello di Serravalle --•■--'- 77 

Cjp, Llll. Come i Fiorentini ebbono il castello di Pian- 
trevigne e piti altre castella eh' aveano rubellale i 
bianchi -..---..-.-.-- 

Cat. LIV. Come l'isola d'Ischia gittò maraviglioso 

Cjp. LV. Come il popolo minuto di Bntggia si mbellb 
dal re di Francia, e nccisono i Franceschi. • - 

Cm. LVI. Della grande e disawenlurosa sconfina 
eh' ebbono i Franceschi a Coltrai da' Fiamminghi. 

Cjp.' L\n. Di qual lignaggio Jttrono i presentì conti 
è signori di Fiandra -....-•..- 

Cjp. LVIII. Come lo re di Francia rifece tua oste , e 
con tutto suo podere venne sopra i Fiamminghi, e 
tornassi in Franna con poco onore - • - - - - 

Cjp, LIX. Come Folcieri da Calvoli podestà di Firenze 
fece tagliare la testa a certi cittadini di parte 
bianca ..-.------ ..-. 

CjP! LX Chme la parie bianca e' gldbellini useili di 
Firenze vennero a Pulidano e partirsene in iscon- 
fifta - 

Cjp. LXt. Incidenza, contando come messer Maffeo 
Visconti fu cacciato di Milano ------ 

Cjp. LXU. Come si cominciò la fjaistione e nimistà 
tra papa Bonifazio e'I re Filippo di Francia - 

Cjp. LXUI Come il re di Francia fecr. prendere papa 
Bonifazio in Anagna a Sciarra della Colonna, 
onde mor^ il detto papa pochi dì appresa - - 

Cjp, liXlV. Ancora direrho de' miracoli eh' ebbe in se 
papa Bonifazio ----------- 



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Cjp. LXV. Come ì Fiorentini eibono il castello del 
Montale , e come fidano oste a Pistoia co' Lue- 
ehesi insieme - -----------ii3 

C^, UCVL Come Jit eletto papa Benedetto undecima ii4 

Cjf, LXVII. Come il re AdoarAo d' Inghilterra riebbe 

Guascogna , e sconfisse gli Scotti - ----- ii5 

Cjp. LxVUI. Come in Firenze ebbe grande novità e 
batta^ia cittadina, per valere rivedere le ragio- 
ni del comune ..---.-.-.-ii5 

Cjp. UilSi. Come il papa mandò in Firenze per /e- 
gato il cardinale da Prato per fare pace , e come 
se ne partì con onta e con vergogna ■ ■ - - - ii8 

Cjp. LXX. Come cadde il ponte alla Carraia e mo- 

rivvi molta genie - --.----•-- la» 

Cjf. LXXl. Come fu messo fuoco in Firenze , e arsene , 

una buona parte della citlade ------ ia3 

Cjp- LXXIl. Come i bianchi e ghibellini vennero alte 

porte di Firenze e andarne in isconfitta - - - laS 

Cjtp. LXXm. Come gli Aretini riprasono il castello di 

Laterino che 'l teneano i Fiorentini - - - - -i3i 

C^p. LXXIV. Ancora di novitadi che furono in Firen- 

ze ne' detti tempi -••-----.-- i3a 

Cjp. LXXV. Come i Fiorentini feciono oste e presono 
il castello delle Silnche e Moniecalvi che l tenea- 
no i bianchi ..-..-..---- i33 

Cap. LXKVI. Incidenza, tornando alquanto addietro, 

a raccontare delle storie de' Fiamminghi - - • i34 

Cjp, LXXVn. Come fu sconfitto e preso in mare mes- 
ser Guido di Fiandra colla Sita armata, dall'ani- 
miraglio del re di Francia ..----,j38 

Cjp. LXXVUL Come lo re di Francia sconfiae i 

Fiamminghi a Monsimpeveri ■ - - - - - . j^i 

Cjp. LXXIX Come poco appresso la sconfitta di Mon- 
simpeveri , i Fiamminghi tornarono per combat- 
tere col re di Francia, e ebbono buona pace - - i45 

Cjp. L X JL X , Come mori papa Benedetto, e della mio- 

va elezione di papa Clemente quinto . ■ - - i48 

Cjf, LXXXL Della coronazione di papa Clemente 

quinto , e de' cardinali che fece ----- • 1 54 



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Cjr LXXIUI. Come i FtorentiiU t' Lucchesi atstdia- 

rùtw e vintono la città di Pistoin - - • . -156 

Cjf. tXXXIIl. Come la città di Modena e di Reggio 
ti mbeltarono td marchese da Esti , e come furo- 
no cacciati i bianchi e' ghibellini di Bologna - i^y 

Cjp- LXXXIV. Come si levò in Lombardia nn fra 
Dolano eoa grande compagnia d'eretici, e furo- 
no arti --------.---.. i6tf 

C^. LXXXV Come papa Clemente fece legato in 
Italia messe r Napoleone degli Orsini cardinale, e 
come fu mnle ricevuto ......... \6% 

Cjr- LXXXVI- Come i Fiorentini assediare ed ebbono 
il forte castello di Monte Accianico e disfecionlo, 
e feciono fare la Scarperia .--..... |63 

Cjp. LXXXVII Come i Fiorentini rafforiificaro il po- 
polo, e feciono il primo esecutore degli ordini 
della giustizia ........... 164 

C^. LXXXVIII- Di grande guerra che si cominciò al 

snarckese da Ferrara , e come mono - - . - i65 

C^- LXXXIX. Come messer Napoleone Orsini legalo 
venne ad Arezzo; e dell'oste eh' e' fiorentini 
feciono a Cnrgosa .......... 166 

Cjr- XC Come moria il buono re Adoardo d'Inghil- 
terra -------------- 169 

Cjp, XCI Come il re di Fraitcia andò a Pittieri a 
papa Clemente, per fare condannare la memoria 
di pf^ Bonifazio ----------169 

Cje. XCII- Come e per che modo fu dìstrruta l'ordine 
e magione del tempio di Gerusatem , per pro- 
caccio del re di Francia --.-■.--- 1J2 

Cjf- xeni. Di novUadi e sconfitte che furono in Ro- 
magna e in Lombardia - ---•--•- 176 

Cmf- XCIV. Come fu morto il re Alberto d' Ala- 
magna --------- ..--- 15J 

Cjp- XCV Come una podestà di Firenze ti fuggì col 

suggello dell' Ercole del comune - ----- 157 

Cjp- XCVI. Come fu morto il nobile e grande cittadi- 
no di Firenze messer Corso Donati ----- 178 

Cjp XGVll- Come arsela chiesa dì Lalerano di Roma iSa 



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333 

C^F. CXIX. Come i Fiorentini feciono otte ad Arezzo 198 

C^r. CAJL Come gli anibasciadori ^Arrigo re de' Ro- 

ntant vennero in Firenze --"----■199 
Cjr. C!S\y Di miracolosa gente che s' andarono bai' 

tendo in Jlnlia ---_------- 300 

Nate ---------. -----aoi 



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In alcune copie del T. II. $on coni guestì errori. 

ERRORI CORBEZIOm 

p. 6{ T. 11 impera- , impera- 

dorè , il podestà, dorè, morì il podestlu 



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